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La destrutturazione della scuola italiana

di Paolo Desogus - 13/07/2025

La destrutturazione della scuola italiana

Fonte: Paolo Desogus

Sulla stampa e in particolare sulle pagine del Corriere della Sera è in atto una campagna ostile all'esame di maturità. Non si tratta, a dire il vero, di un fatto nuovo. Da tempo l'establishment italiano mira alla destrutturazione della scuola italiana attraverso una strategia lenta, volta cioè a non provocare grossi traumi e dunque ad attenuare le possibili reazioni pubbliche e popolari da cui potrebbero scaturire proteste organizzate, come accaduto negli anni Novanta, di fronte al tentativo del primo governo Berlusconi di privatizzare la scuola pubblica.
Per usare una formula gramsciana, diremmo che l'establishment è passato da una guerra di movimento, che pretende di ottenere subito la distruzione della scuola pubblica, a una guerra di posizione, fatta di piccole conquiste e di controllo dei centri di irradiazione egemonici, come appunto i quotidiani, che per mezzo di discorsi mascherati preparano il terreno per l'approvazione di misure distruttive.
Negli ultimi giorni il Corriere ci ha infatti deliziati di notizie relative a qualche studente in crisi adolescenziale, che si è rifiutato di sostenere l'orale alla maturità, riuscendo però a farsi promuovere con la somma dei voti degli scritti e di altri crediti acquisiti. Altre notizie di questo genere ci raccontano della frustrazione, dell'"ansia" (parola che al pari di "resilienza", "sovranismo" e altri termini fa parte del vocabolario neoliberale) dei maturandi di fronte a commissioni a loro dire ostili, supponenti...
Lo stesso giornale che ci annuncia che siamo prossimi alla guerra mondiale con la Russia e la Cina e che invita gli italiani a prepararsi a combattere e a tirare un po' la cinghia per fare il pieno di armamenti, si preoccupa di questi casi di esibizionismo gratuito. L'obiettivo? L'obiettivo è l'eliminazione a tappe dell'esame di maturità per giungere nel giro di alcuni anni all'abolizione legale del titolo di studio. Una volta ottenuto questo risultato, la scuola pubblica come luogo di formazione, di educazione e di compensazione delle differenze sociali, geografiche e di classe verrà finalmente distrutta.
Senza il valore legale del titolo di studio, le grandi imprese, come in parte stanno già sperimentando in alcune città del nord, in particolare a Bologna - che a dispetto della nomea è la città più neoliberale d'Italia insieme a Milano - avranno così le loro scuole personalizzate, il cui accesso sarà filtrato sulla base del censo.
Esagero? In realtà è già così in molte realtà accademiche dove il processo di distruzione è molto più avanzato con l'introduzione dei privati nei consigli di amministrazione degli atenei. Solo la fragilità del capitalismo italiano ha frenato il pieno tracollo delle università. Il privato infatti possiede un potere che per il momento non sa esercitare del tutto, ma che possiede e che con la sempre più pervasiva annessione alle imprese statunitensi verrà certamente impiegato. Anche se ancora sulla carta, la legislazione permette ai privati di esercitare sugli atenei una presa formidabile, che presto si estenderà anche sul resto della scuola pubblica, una volta eliminato l'istituto nazionale su cui convergono i percorsi scolastici delle singole realtà, cioè il valore legale del titolo di studio.