Chi vuole l'escalation
di Antonio Catalano - 02/04/2024
Fonte: Antonio Catalano
Escalation, secondo la Treccani, sta per aumento progressivo e graduale nell’impiego delle armi e nell’estensione delle misure militari.
In seguito alle dichiarazioni di Putin dopo il vile e terrorista attentato al Crocus di Mosca, in ambienti pacifisti circola la voce: fermare l’escalation! Strano, si accorgono dell’escalation ora che la Russia sembra non più disposta a tollerare l'insistente alzare il livello dello scontro da parte della Nato. Come se in questi anni non ci fosse stata una continua e pervicace azione americana tesa, come ha recentemente dichiarato lo stesso Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, a determinare l’inevitabile intervento russo per neutralizzare l’Ucraina. «Abbiamo provocato l’ostilità di Putin affinché invadesse l’Ucraina» [«We antagonised Putin so he would invade Ucraine»].
Intervento esercitato tramite l’Operazione Speciale (altra cosa da guerra dichiarata) a un livello di bassa intensità proprio per dar adito ai manovratori di Zelensky di decidersi ad addivenire a più miti consigli, naturalmente considerando lo stato di cose dopo oltre due anni di conflitto.
Costoro, i “pacifisti” nostrani, rifiutano di riconoscere che è la Nato (che ha usato come carne da cannone il popolo ucraino) ad aver aumentato progressivamente l’impiego delle armi al punto che non è più tabu parlare di uso del nucleare. I leader politici europei gareggiano per dimostrare chi sia il più servile alla logica Nato, e in questa gara si distingue particolarmente la Polonia, che per bocca del suo premier Tusk qualche giorno fa affermava che i giovani devono ormai smettere di pensare al futuro in termini di pace, la guerra è una prospettiva concreta, bisogna cominciare a calarsi l’elmetto. A Pasqua quattro aerei da ricognizione della Nato volavano sul Mar Nero e, come sanno gli osservatori, l'esperienza insegna che tale attività di ricognizione precede solitamente di 24-48 ore un imminente attacco ucraino alla Crimea. Voglia Iddio che non sia così, stiamo a vedere.
La Nato schiaccia il pedale dell’escalation agitando il pretesto propagandistico di una Russia che minaccia di riconquistare i territori e le nazioni perse dall’impero russo, insieme ai paesi baltici, Moldova, Polonia eccetera. Argomento che ripeteva pari pari da brava scolaretta Giorgia Meloni nell’ultima puntata di “Fuori dal coro”. Putin ha invaso l’Ucraina per «riportare la Russia alla grandezza di un tempo, ripristinare i confini storici della Russia… Ucraina, Georgia, i Baltici, una parte della Finlandia e volendo anche la Polonia». Invasione iniziata – è sempre la Meloni che parla – due anni fa, dopo il ritiro dall’Afghanistan, avendo constatata la debolezza dell’Occidente e che quello quindi era il momento giusto per tentare di realizzare il proprio sogno espansivo.
La Meloni dopo la “conversione” atlantica. Tra virgolette perché questa conversione non c’è mai stata, le sue urla sovraniste erano l’ennesimo specchietto per le allodole con il quale si continuava la volgare tradizione italica di un trasformismo politico prima di lei magistralmente espresso dai grillini (che continuano con l’ineffabile Conte a praticarlo con un finto e incoerente pacifismo per incassare un po’ di consensi, come se lui i suoi non avessero votato tutti i pacchetti a favore di Zelensky e recentemente non si fossero astenuti sulla missione navale nel Golfo Persico).
Agli smemorati “pacifisti” preoccupati dell’escalation, senza andare troppo indietro, ricordo il colpo di stato a Kiev del 2014 organizzato dagli americani. Americano, ci sono le prove, come le telefonate dell’allora vice Segretario di Stato Usa Victoria Nuland con l’ambasciatore ucraino. «Potrebbe essere ottimo, credo, aiutare a sistemare questa situazione e avere l’aiuto delle Nazioni Unite… e fanculo l’Unione europea». Dopo il golpe iniziano le manovre per far entrare (ma già c’era di fatto) l’Ucraina nella Nato, la quale cambia la Costituzione laddove si parla di neutralità tra i due blocchi. Hai voglia Putin, sin dal 2007, a dichiarare che la Nato aveva messo le sue forze di prima linee ai confini con la Russia, un’espansione considerata una vera e propria provocazione!
La Russia sempre più accerchiata dalla Nato, con l’aggiunta ufficiale dell’Ucraina la situazione sarebbe diventata «inaccettabile». Come ebbe a dire Putin nel dicembre 2021, non erano i russi a mettere i propri missili ai confini degli Usa ma questi a volerli mettere «vicino a casa nostra». Ricordiamo ancora ai nostri ai nostri smemorati pacifisti i continui bombardamenti di Kiev contro i russofoni del Donbass… nonostante gli accordi di Minsk secondo i quali i bombardamenti avrebbero dovuti essere sospesi e il Donbass diventare una regione autonoma. Accordi mai rispettati, come riconosciuto dagli stessi Macron e Merkel. Insomma, per farla breve, la Russia ha avviato la sua Operazione Speciale perché gli americani l’hanno obbligata a farlo, come detto da Stoltenber.
Continuare ancora a dire che “comunque la Russia il 24 febbraio 2022 ha invaso l’Ucraina” significa schierarsi quindi con la vulgata atlantica, e chi di solito parte da questo presupposto non è uno sprovveduto, ha un minimo di nozioni politiche, in fin dei conti vede nella Nato, se va bene, un male necessario. Pensiamo poi quale disponibilità possa esserci in costoro a considerare positivamente il processo in corso di superamento dell’unipolarismo americano.
Ora, da un “pacifismo” che nasce da queste premesse cos’altro attendersi se non la paura di un’escalation che si avverte solo in relazione alle ultime dichiarazioni di Putin: state attenti, non continuate su questa strada, se usate i vostri F-16 li colpiremo anche nelle vostre basi? Chi vuole l’escalation, la Nato che dichiara e schiera i suoi caccia per abbattere i missili russi o la Russia che dice di volersi difendere se ciò accadesse?
Eccoci quindi arrivati alla debolezza di questo pacifismo che nasce dalla paura che si estenda la guerra ma che si guarda bene dal riconoscere le responsabilità occidentali nell’aver creato una situazione del genere. Un pacifismo di siffatta pasta, che innanzitutto rimprovera alla Russia di aver avviato le danze con l’invasione del febbraio 2024 eccetera, rappresenta la componente “buona” dello schieramento atlantico, quella che magicamente vorrebbe veder volare una candida colomba bianca sui cieli d’Europa.
Un pacifismo che nasce zoppo, perché dà per buone le ragioni che hanno spinto gli atlantisti sulla strada dell’escalation, timoroso che la situazione sfugga di mano e con questo timore spinge ad imbracciare uno sterile pacifismo che al più serve ad inoculare nel popolo il senso dell’impotenza di fronte al giganteggiare delle forze. Un pacifismo sospetto perché non individua le responsabilità, e senza questa premessa contro chi muoversi per evitare che si determini la resa ai grandi fautori della guerra che godono nel vedere i popoli scannarsi tra loro?
Un pacifismo efficace, ma meglio chiamarlo movimento contro la guerra, perché possa svilupparsi e soprattutto affermarsi, deve reggere su solide premesse, innanzitutto non strumentalizzabili, deve aver ben chiare le responsabilità degli attori in gioco, e sapere da che parte è la minaccia alla pace tra i popoli.