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Clima e destino

di Michele Vignodelli - 09/10/2020

Clima e destino

Fonte: Michele Vignodelli

Quando nel 2012 alcuni gruppi di nativi americani cercarono di bloccare la riapertura della caccia al lupo negli USA, in rete circolò questo commento: "Non mi meraviglia, del resto si somigliano. E' stata una benedizione per questo paese che i bianchi abbiano eliminato entrambi. Provate a immaginare cosa sarebbe l'America se fosse ancora piena di lupi e di indiani. Invece di essere il faro della civiltà sarebbe come l'Africa, o peggio".
Se si accetta la premessa che la civiltà è un bene, questo tizio ha sostanzialmente ragione. Lo sviluppo della civiltà è stata una crudele, devastante follia, eppure come negare che certi suoi esiti ci hanno dato una visione più ampia della Vita, della sua bellezza, della sua unità, della sua sacralità? Che poi resta sospesa in un limbo, mentre la civiltà completa la sua azione devastatrice, che comunque tra poco andrà ad esaurirsi. La civiltà è resa accettabile solo dalla certezza che tra pochissimo imploderà, esaurirà la sua furia dirompente, una certezza rivelata dalla civiltà stessa, con l'esattezza della sua sapienza scientifica.

La civiltà è essenzialmente un'esplosione, l'esplosione di una bomba innescata dodicimila anni fa dal detonatore dell'abbondanza post-glaciale di cereali. Non si può trasformare una bomba in un motore elettrico mentre sta scoppiando. Siamo talmente coinvolti nella dinamica esplosiva che anche questa estrema illusione continua in realtà ad alimentare il fuoco (la vostra nuova auto "ecologica", l'energia elettrica dal legno). La certezza della fine imminente della civiltà, nella sua natura esplosiva, ci riconcilia, in qualche modo, con la mostruosità del suo presente e del suo passato. Come gli esiti del nazismo possono essere accettabili per il solo fatto di essere durato 10 anni e di distarne più di 70, durante i quali abbiamo avuto la migliore Germania che si potesse immaginare, quelli della civiltà nel suo insieme lo sono solo in vista del suo imminente e completo collasso. In un'America di nuovo abitata da lupi e da un'umanità felicemente immersa nella Natura, l'osservazione del nostro amico sarà perfettamente storicizzata, inoffensiva. Bisognava devastare e sventrare per arrivare alla follia di un missile, di una base organizzata di dati capace di farci vedere la Terra nel suo insieme. Non a caso missili e computer sono nati durante la seconda guerra mondiale. La civiltà è stato il tremendo, traumatico parto di un'umanità nuova, che avrà molto di antico. O di un futuro post-umano, che avrà tutto di meravigliosamente antico.

L'evoluzione della vita sulla Terra si è svolta per l'85 per cento del tempo nella fase "calda" del clima terrestre, il quale ha due stati fondamentali di equilibrio: "caldo" e "freddo". Quando la Terra è "calda" non ci sono ghiacciai permanenti, nemmeno ai poli, dove invece crescono foreste temperate; in tutto il resto del pianeta il clima è tropicale e molto umido: dove ora si trovano deserti ci sono savane. Ora ci troviamo in fase fredda da circa 30 milioni di anni, che è diventata addirittura glaciale solo negli ultimi 3 milioni: la nostra specie si è evoluta durante una profonda anomalia termica, che si è spinta 20.000 anni fa a pochi gradi dalla spirale dell'albedo, che avrebbe condotto all'estinzione totale della vita pluricellulare. La civiltà, immettendo in atmosfera gas serra, sta riportando il pianeta al suo stato di equilibrio "caldo", passaggio che si è già verificato diverse volte in precedenza attraverso imponenti fenomeni vulcanici. Quindi la civiltà è una sorta di "mega-eruzione" prodotta dalla Vita stessa, che, evolvendo la specie umana e i cereali coltivabili, ha innescato tra loro una reazione esplosiva autoalimentante. Ha dovuto arrivare a questo per invertire una pericolosa deriva di lungo periodo: il dinamismo della Terra sta inesorabilmente rallentando, a causa del suo invecchiamento geologico. Quindi noi umani siamo la dimostrazione più straordinaria dell'esistenza e dell'intelligenza sistemica di Gaia.
La Vita si è affermata come il principale fattore di regolazione climatica della Terra, a beneficio della Vita stessa. Il precedente cambio di fase, da caldo a freddo, ha avuto come protagonista essenziale la felce acquatica Azolla, che ebbe l'opportunità di una crescita esplosiva in cui mise a frutto la sua straordinaria capacità di togliere carbonio dall'atmosfera. Così, 49 milioni di anni fa, invertì una pericolosa deriva verso il surriscaldamento. Poi è diventata marginale, come se si fosse evoluta solo per quello, ma è ancora qui, pronta a intervenire in caso di bisogno. Probabilmente ci è riservato lo stesso destino, restare qui ma in un angolo, come manopola del caldo per tenere la temperatura nella fascia ottimale. Comunque, la nostra crescita esponenziale collasserà, come quella della felce, a causa di un esplosivo successo che diventa autolimitante.

Per la civiltà gli effetti di questa rapida transizione climatica saranno devastanti. E questo in generale è un bene perché, al pari dell'attività di un vulcano, la civiltà è fondamentalmente incompatibile con la Vita, con l'umanità e con sé stessa: troppe reazioni a catena, troppi flussi, troppa entropia. E' un'esplosione, e le esplosioni per fortuna si auto-estinguono. Se questa è una certezza, cosa ci resta da fare? Molto, soprattutto per limitare un diluvio di sofferenza non solo umana ma anche di tutte le altre specie che ormai dipendono da noi, e sono molte di più di quello che potreste immaginare. Gran parte della vita "selvatica" dipende ormai dagli ambienti agricoli e urbani creati dall'uomo. Al pari della nostra, è una vita addomesticata, infestante, ma comunque è vita.
La dismissione della civiltà è auspicabile per mille ragioni, ma temibile: dobbiamo renderla meno cruenta possibile. Siamo, letteralmente, prigionieri di una galera, un grande, spietato carcere galleggiante in cui siamo incatenati al remo. Lasciarlo affondare non sarebbe una buona idea se prima non ci liberiamo dalle catene e prepariamo una zattera. La "green economy" è l'ultimo trucco della civiltà, che continua a investire sulla nave con nuova zavorra e nuove catene. Le zattere saranno semplici e leggere, seguiranno le onde e i flussi naturali.
Resterà uno spazio per l'uomo anche dopo la fine di questa civiltà, ma dovremo lasciarne moltissimo anche agli altri viventi. In un mondo tropicalizzato le "bolle" urbane hanno le gambe corte, collassano in fretta e non possono arrivare alla soglia industriale. La ragione, evidenziata da W. McNeill nel suo grande classico "Plagues and Peoples" (1976), è l'eccessivo "carico epidemico" nei tropici umidi; motivo plausibile per cui tutti i tropici a est come a ovest erano rimasti "sottosviluppati", con tante città perdute sepolte dalla giungla. Nel momento in cui la civiltà mondiale si globalizza e si "tropicalizza" accelera il suo collasso, comunque inevitabile, per ondate epidemiche in successione.

Così saremo re-integrati alla Natura, dal clima caldo, umido e instabile ma anche da una acquisita assennatezza per la bruciante esperienza del disastro globale. Alla lunga rappresenteremo sempre l'opportunità di sottrarre il pianeta alla morsa del raffreddamento, ma nel frattempo ci sarà ampio spazio per ritornare una specie rara, localizzata negli habitat a noi più idonei, lasciando spazio ad altri. E' la cosa migliore che ci potrà capitare: metterci da parte, proteggerci da noi stessi con una eclisse dignitosa e serena. Un dolce, lunghissimo tramonto ci proteggerà molto più di troppi progetti e illusioni, che ormai si accavallano in una cacofonia isterica e sterile, sollevando minacce inimmaginabili, di cui questa pandemia è solo una pallida prefigurazione. Alla fine si potrà dire che, con tutti i nostri difetti, abbiamo avuto un ruolo fondamentale per far prosperare a lungo la Vita, anche se dovessimo provocare una vera estinzione di massa. Le estinzioni di massa fanno parte di una strategia di moltiplicazione della biodiversità e di esplorazione delle possibilità biologiche che noi, con le nostre facce orientate al futuro, fatichiamo a capire. Ma ce la possiamo fare, se abbiamo creato Shiva il distruttore. Gaia è anche una Medea che genera figli nutrendosi dei suoi figli, tra i quali potremmo anche esserci noi. Pensateci bene, quello che è veramente insopportabile non è l'estinzione dei rinoceronti in sé, un fatto perfettamente logico in senso ecosistemico, ma il disprezzo indifferente o sadico di molte persone nei loro confronti. Questo disprezzo finirà soltanto con la fine della civiltà cerealicola-urbana, che noi stessi stiamo provocando. Visti collettivamente siamo molto più saggi di quello che sembriamo.
Voglio raccontarmi così, come un vulcano in eruzione, non come un sadico devastatore di vita umana e più che umana. Dà un profondo senso di calma, in mezzo a questa buriana apparentemente caotica, vedere una mano più grande della mia che ha approntato un destino con immane sapienza. Un destino che non porta da nessuna "parte", che fa solo suonare tante belle canzoni, le nostre e poi altre. Il mondo è la partita, il gioco, non il punteggio finale. Ora sappiamo di essere intimamente connessi a una storia grandiosa senza finale, immensamente più grande di noi e delle nostre convulsioni e paure. Una storia che resta. Se solo capissimo questo smetteremmo di crearci problemi e cominceremmo a risolverne. Ma siamo creature problematiche, quindi non è realmente un problema.