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Decadenza e perdita di identità: l’età del cosmopolitismo

di Roberto Siconolfi - 20/01/2018

Decadenza e perdita di identità: l’età del cosmopolitismo

Fonte: oltre la linea

Con il termine “cosmopolitismo” si indica una concezione del mondo sganciata dai naturali processi politici e nazionali di appartenenza. Nella storia del ‘900 il cosmopolitismo è stato combattuto sia dalle esperienze politiche derivanti dalla rivoluzione socialista russa, sia dalle rivolte nazional-popolari dell’Europa occidentale che vanno sotto il nome di fascismo. In ambo i casi la questione o la tradizione nazionale è stata messa in atto per far rientrare i processi macro-economici all’interno dello Stato o per valorizzare le proprie ascendenze in materia di valori e cultura.

Ad animare il cosmopolitismo ci sono due fattori:

• la tendenza ad interpretare le proprie caratteristiche etniche e nazionali come un costrutto culturale, un qualcosa che cambia in base ad un processo volontario “razionalistico”;

• il capitale borsistico-finanziario che per sua essenza è sganciato dallo Stato nazionale, a differenza del capitale produttivo, e che di conseguenza favorisce la formazione di soggettività in linea con l’annullamento delle caratteristiche nazionali.

In ambo i casi non si può parlare di “comunità organica”, poiché si elude il processo di evoluzione di “coscienza collettiva”, la quale si realizza nel proprio ambito geo-politico. Né tanto meno di internazionalismo, che significando “tra le nazioni” evidenzia l’esistenza delle nazioni con le loro differenze peculiari. Questi processi vanno in favore sia del mondialismo annullante e totalizzante che della politica imperialista di determinati Stati nazionali.

Continuando in quest’analisi sia di tipo “neo-tradizionale” che di tipo marxista, nella società attuale il cosmopolitismo si basa sempre sugli stessi presupposti. Ovvero lo svilimento del bagaglio “spirituale” di una data comunità e il dissanguamento economico a favore di oligarchie sempre più ristrette.

Tuttavia, esso si forgia di nuove armi sempre più potenti e anestetizzanti. Queste sono: internet e i social network; l’opera costante e pervasiva dei media; l’omologazione al pensiero unico e ad una certa “cultura”; la colonizzazione linguistica dell’Inglese; l’induzione a stili di vita “decadenti”. Tutte queste categorie sono interdipendenti formando “in blocco” la personalità del cosmopolita contemporaneo.

Partiamo da TV e social-network: essi agiscono a più livelli nella sfera personale, a partire da quello inconscio. La TV e il cinema importano i modelli delle star di Hollywood o del jet set, ad esempio. Questi sono un vero e proprio punto di riferimento per la categoria in esame.

Andando più nello specifico sui social-network, per Costanzo Preve si passa dalla teoria positiva del “Villaggio Globale” di McLuhan a quella della “solitudine connessa via internet”. Così la persona perde la capacità di “saper restare sola” a vantaggio di uno stato patologico e permanente di solitudine, legato ad un’apparente stare in mezzo agli altri. Inoltre, la sensazione di sentirsi “sviliti” all’interno di un sistema di dati stilistico-informatici, o meglio “algoritmi”, tra loro interscambiabili, è un qualcosa di più che fondato.

Altro aspetto fondamentale è il salto di qualità, in chiave regressiva, che l’industria della pornografia ha fatto col WEB. I dati dicono che i siti porno sono tra i più cliccati in assoluto, sicché da questa base si costruiscono modelli di sessualità che non sono una naturale espressione dell’essere, ma vengono “calati dall’alto”. Un capitolo a parte, poi, lo meriterebbe tutta la questione legata all’omosessismo militante, o peggio ancora al Gender. La manfrina sulla nuova liberazione sessuale, “totalitaria”, è lo stesso brodo di coltura nel quale sguazzano le convinzioni freudiane, anche malintese, del cosmopolita contemporaneo.

Riguardo l’Inglese, questo è il mezzo della “nuova” e “informe” comunità (community) mondializzata per attuare il melting pot, un concetto differente dalla Koinè dell’Impero Romano. Per Winston Churchill il metodo migliore di colonizzazione dei popoli è quello linguistico. Con l’Inglese, l’élite mondialista riesce a trasformare e a creare il suo esercito agendo sul potere che ha la lingua. E’ la parola che definisce la cosa e il meccanismo anche in questo caso è innanzitutto tecnico. L’Inglese in questione è, poi, un dialetto (slang) formato da una serie di vocaboli di carattere gergale validi in tutte le occasioni, un vero e proprio riduttivismo linguistico insomma.

Un’altra azione “modellante” è tenuta da musica e cinematografia americana, e il risultato finale è sempre quello: poche parole sempre utilizzabili e una riduzione delle aspettative emozionali e dello stile di vita a forme preimpostate. Questa “riduzione” abbinata con le chat e i social-network, adesso ha prodotto un ulteriore sistema di linguaggio: le Emoticon. Quindi, con la sintetizzazione della sfera emozionale ad una piccolissima immagine si arriva all’assurdo – linguaggio da robot!

Oltre a musica e cinematografia, è opportuno descrivere lo stato attuale dell’arte sotto le grinfie del cosmopolitismo, in tutti i suoi aspetti complessivi. L’arte per eccellenza del nuovo “radical” cosmopolita, è l’arte contemporanea. Egli “pontifica” da Parigi, Berlino o Londra sulla “bellezza” di questa miscela letale di deformità stereotipate e contenuti “nemici dell’Anima”, sia di chi osserva che stesso di chi li produce. Con l’arte contemporanea si è giunti, oramai, ad una ripetizione continua di modelli “fritti e rifritti”, con un mercato artistico che fagocita anche ciò che diverge seppur leggermente dai suoi canoni, svilendone inevitabilmente la qualità.

Da questo marasma culturale abbiamo un processo di regressione da “ignoranza” ad “idiozia”. Tuttavia, se all’ignorante è concesso il beneficio di documentarsi sui fatti ignorati, l’“idiota” è un qualcosa di più complesso, una sorta di prodotto “finito” e “cristallizzato”. L'”idiozia” è il vero braccio ideologico del cosmopolitismo contemporaneo – vedi tutta la categoria “millennial”.

Questi aspetti dello stile di vita, dei modelli aggregativi, dei gusti artistici e delle forme di rieducazione sessuale sono la vera novità sostanziale che connota l’ultima “maschera” del cosmopolitismo. Questa cosa riguarda in particolare la platea giovanile per motivi storici e va avanti grazie al lavaggio del cervello fatto proprio dalle agenzie mediatiche, artistiche e culturali.

Tratto caratteristico di questi nuovi “giovani” anagrafici, ma vecchi a livello terminale nelle idee e nello spirito è “viaggiare”. In questo caso viaggiare non deve essere inteso come il meritato “prendersi una vacanza”, l’avventuristico “vedere il mondo”, oppure come il “dover” formarsi “professionalmente”. Qui si tratta di un “vagare senza meta” per le diverse metropoli europee senza obbiettivi concreti. Una vera e propria fisima psichica che ad una certa età sembra “intossicare” lo sviluppo della persona. Un rimodellamento dell’essere reso organico in quel servizio civile-militare, che si presta al mondialismo, e che va sotto l’acronimo di Erasmus. Nello specifico “come scroccare esami facili e canne all’Europa, autoconvincendosi che si stia facendo formazione”.

A questa cosa si legano modelli di “divertimento” incentrati sulla perdita dell’Io in mega-raduni musicali, discoteche e rave party (letteralmente “andare in delirio”). Essi stessi sono sempre più degenerati da una certa originalità iniziale, e i loro partecipanti sembrano un supermarket vivente di abiti costosissimi. La musica è dozzinale, stereotipata, ripetitiva, col fortissimo dubbio che chi ascolta ne capisca anche qualcosa. L’obbiettivo finale è lo sballo sia dei sensi che dei naturali fluidi relazionali e aggregativi.

Quest’ultimo dato rimanda alle statistiche del consumo sempre più imponente di droghe e alcolici. Un tema che, nell’immaginario “culturale” cosmopolitico, viene fatto passare ancora come un’“esperienza creativa”, che le rivolte degli anni ‘60-‘70 o determinate figure “mistiche” ci hanno presentato.

In quest’ultimo punto viene fuori l’aspetto dell’illimitato godimento delle risorse economiche e biologiche, i propri neuroni, che da prerogativa delle oligarchie è divenuto di massa e “cosmopolitico”.