Destra e sinistra? La vera distinzione politica del nostro tempo è quella tra nichilismo vitalista e senso della finitezza umana
di Riccardo Paccosi - 15/09/2024
Fonte: Riccardo Paccosi
Nei giorni scorsi, ho partecipato ad alcune discussioni online con alcuni amici e contatti d'un certo spessore culturale che rivolgevano una critica alla diffusa volontà di superare la diade categoriale destra-sinistra.
Le argomentazioni erano diverse, ma quella ricorrente enunciava grosso modo che, fintanto che esisterà un punto di vista orientato all'universalità dei diritti sociali contrapposto a un punto di vista negante la necessità di protezione sociale, la distinzione fra destra e sinistra sarà destinata a persistere.
Come già ho avuto modo di argomentare in varie occasioni, la contrapposizione di cui sopra riguarda però la sinistra del XIX e XX secolo, ovvero quella che si rifaceva alla lotta di classe o perlomeno al retaggio di quest'ultima.
L'emancipazione operaia e proletaria, però, non è l'obiettivo intorno a cui la sinistra storicamente nasce. L'avvento della parola "sinistra", infatti, coincide con un processo rivoluzionario avente come principio costitutivo l'idea che "a tutti i cittadini vanno garantiti i diritti di libertà, proprietà, sicurezza e resistenza all'oppressione” (Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, Francia, 1789). In questo contesto, il concetto di eguaglianza sussiste, certo, ma riguarda la figura giuridica e la cittadinanza, non l'economia politica.
Inoltre, suddetto processo rivoluzionario sorge da una base filosofica illuministica alquanto ostile nei confronti del passato ed esprimente ciò tramite una volontà di tabula rasa, di palingenetica ripartenza da zero del tempo storico.
Passate le contingenze dell'alleanza tra borghesia progressista e classe proletaria, trascorsa la fase d'industrializzazione e di compromesso fordista fra le classi sociali - secondo diversi pensatori odierni tra cui Jean-Claude Michea - la sinistra in questo nuovo secolo non si è dunque "tramutata in destra" bensì è ritornata alle proprie orgini illuministiche.
A sostegno di tale tesi che condivido, porgo ai critici del concetto di superamento di destra-sinistra la seguente domanda:
due anni fa, il governo spagnolo ha fatto passare la filosofia da materia obbligatoria a facoltativa nelle scuole superiori affermando, altresì, di voler superare l'accademismo e dare maggiore spazio a ecofemminismo, diritti LGBT e così via; orbene, quest'atto si può considerare di destra o di sinistra?
Onestamente, io non riesco a vederci nulla che possa essere qualificabile specificamente come "destra". Mi pare ravvisabile, anzi, quel disprezzo per il passato e quella volontà di tabula rasa ch'erano proprie della sinistra alle origini, quelle stesse "magnifiche sorti e progressive" che Giacomo Leopardi già prendeva per il culo duecento anni fa.
Va anche considerato un altro aspetto: la visione progressiva del tempo storico è di per sé vitalistica. Essa è - per dirla stavolta da destra con Marinetti - una locomotiva lanciata a folle corsa verso lo schianto. Insomma, qualcosa che non ha alcuna necessità di protezione sociale.
Oggi, immersosi l'uomo nella digitalizzazione, il senso della caducità, della fragilità, della finitezza della vita umana, viene soffocato dal ronzio perpetuo e immortale delle macchine.
E la politica si adegua: che si tratti del neo-modernismo volto alla cancellazione del passato promosso dalla sinistra, oppure della prospettiva neo-barbarica della destra secondo cui libertà è che ciascuno abbia l'opportunità di comprare un fucile automatico all'emporio sotto casa e andare sparare dentro qualche scuola, tutto è impulso vitalistico cieco e forsennato, tutto è rimozione della fragilità.
E qui veniamo al tema citato all'inizio, quello dei diritti sociali e della protezione sociale.
Perché possano essere considerate legittime normative quali il sostegno reddituale a disoccupati e semi-occupati, le pensioni, l'assistenza sanitaria gratuita, deve essere diffusa una visione dell'esistenza volta all'imperativo di curare, proteggere e conservare.
(E a questo punto potrebbe essere congruente una seconda domanda: curare, proteggere e conservare sono principi di destra o di sinistra?)
Occorre, insomma, un'idea dell'uomo che torni a mettere al centro la sua realtà mortale, un'idea che sappia ricavare proprio da questo aspetto caduco e sventurato, come dice Simone Weil, il senso di fratellanza e comunanza.
Tutto questo, però, significa che i due paradigmi ottusamente vitalisti e fieramente nichilisti di destra e di sinistra devono essere combattuti in quanto nemici della vita e dell'amore fra gli esseri umani.