Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Difendere la Terra? Cosa buona e giusta, ma tragicamente pericolosa

Difendere la Terra? Cosa buona e giusta, ma tragicamente pericolosa

di Gianni Sartori - 06/08/2019

Difendere la Terra? Cosa buona e giusta, ma tragicamente pericolosa

Fonte: Gianni Sartori

Si battevano contro progetti minerari, contro la deforestazione, contro il moloch agro-industriale...e sono stati assassinati.
Sono almeno 164 i morti ammazzati (quelli accertati, beninteso), mentre lottavano contro la devastazione di Madre Terra, nel corso del 2018.
I dati sono quelli forniti da Global Witness. Secondo questa ONG il paese più mortifero per gli ambientalisti attivi sarebbero le Filippine con un record, l'anno scorso, di 30 persone uccise (tra ecologisti e indigeni che difendevano le loro terre ancestrali). Tra le vicende più gravi, l'uccisione di donne e bambini da parte di milizie armate – sul libro paga dei proprietari delle coltivazioni di canna da zucchero – nell'isola di Negros. Successivamente anche l'avvocato delle famiglie delle vittime è stato ucciso a sua volta.
Seguono nella graduatoria, quasi a pari merito, la Colombia (dove il fantomatico “processo di pace” in realtà ha riaperto ampi territori forestali - prima controllati dalle FARC - alla speculazione e al saccheggio) con 24 e l'India (nonostante l'eroica resistenza di adivasi e naxaliti) con 23. Il piccolo Guatemala, già teatro nel secolo scorso di un autentico genocidio nei confronti degli indios, si conferma come il paese con la più alta percentuale di vittime (16) rispetto al numero di abitanti.
Tra gli episodi più gravi, quello avvenuto in Tamil Nadu (sud dell'India) il 23 maggio 2018 dove 13 persone sono state assassinate dalla polizia dopo una manifestazione contro la fonderia Sterlite (gruppo Vedantaui) responsabile dell'inquinamento di aria e acqua nella città di Thoothukudi.
I manifestanti chiedevano la chiusura dell'impianto per la lavorazione del rame. Tra le vittime anche una giovane di 17 anni.
Il movimento autodenominatosi “anti Sterlite” ha riunito migliaia di persone e negli scontri dopo la sparatoria mortale venivano dati alle fiamme numerosi mezzi dell'azienda e auto della polizia. I feriti sono stati oltre una sessantina.
Solo nello stato del Para (Brasile) sono almeno otto i morti accertati tra la popolazione in conflitto con i grandi proprietari dell'industria della soia.