Attualmente si è diffusa una tendenza culturale e di storia delle idee che è pericolosa.
Di fronte al Collasso Climatico, ormai da più settori si è giunti alla conclusione che la sua origine è il dualismo mente –materia.
Ovviamente le radici vanno molto più indietro: alla tradizione giudaico- cristiana che vede Dio come un ente superiore separato che crea il mondo. E’ il Dualismo dio –mondo a cui seguono gli altri dualismi: Io –mondo; anima- corpo , uomini-animali, mente-materia. Rileggiamo il testo cardine della tradizione giudaico-cristiana: la Genesi (1,28): “Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra».
L’idea di soggiogare la terra e di dominarla, insieme agli altri esseri senzienti, nasce da qui.
Questa idea era invece totalmente sconosciuta ed anzi sacrilega per il pensiero indiano, cinese, per il Taoismo, per l’induismo, per il buddismo, per la maggioranze delle tradizioni indigene che vivevano in stretta simbiosi con la natura. Per loro, qualsiasi violenza fatta agli altri, è una violenza che prima o poi si riverserà su di me perché Tutto è uno; tutto è sempre interconnesso e impermanente, e semplicemente non esistono sostanze separate ( come oggi ci dice tutta la fisica quantistica, e in Italia i famosi Carlo Rovelli o Federico Faggin)!
Per chiarire meglio, prendo in esame un saggio di grande risonanza internazionale. Si tratta di J. Hickel – Meno è meglio, come la Decrescita salverà il mondo, W.Heiemann, 2020 (tradotto malamente come Siamo ancora in tempo, come una nuova economia può salvare il pianeta, Torino, il Saggiatore, 2021) perché adotta un’ interpretazione errata che si sta diffondendo e sempre più nel clima culturale attuale.
Brillante antropologo, Hickel è autore del rilevante testo The Divide: A brief guide to global inequality and its solution (W.Heiemann, 2017, Il Saggiatore 2018) dove fornisce una serie di dati inconfutabili sulla responsabilità del processo di colonizzazione nella creazione del mondo attuale con i suoi drammatici esiti sia a livello ecologico che sociale. Nell’opera Meno è Meglio, egli mette a fuoco il vero responsabile che ci ha portato attraverso gli ultimi tre secoli al collasso climatico, alla sesta estinzione di massa, alla plastificazione degli oceani, alla desertificazione dei suoli. Si tratta dell’imperativo della crescita che è la legge intrinseca dell’economia moderna e del capitalismo, come indicato dalle importanti opere di Serge Latouche. Secondo l’antropologo, l’idea di decrescita oggi è essenziale perché ci scuote dallo stordimento in cui siamo finiti, perché il culto della crescita economica è arrivato a rimpiazzare ogni forma di pensiero, non ci fa più cercare risposte alle domande su qual è il fine della vita o su dove stiamo andando. Per Hickel “La decrescita è un idea di cui oggi non si può fare a meno” (p.261).
L’autore arriva giustamente a chiarire un altro punto estremamente importante: il capitalismo e la sua legge sono in realtà solo l’effetto di un atteggiamento ancora più profondo che riguarda l’universo mentale. Come A.Porciello nel suo recente Filosofia dell’Ambiente ( 2022), anche Hickel sostiene:”Il vero problema si trova ad un livello molto più profondo, nel regno dell’ontologia: nella nostra teoria dell’essere” – scrive Hickel ( p. 41). “ Non è soltanto la nostra economia a dover cambiare. Dobbiamo cambiare la nostra visione del mondo e il nostro posto del mondo” ( p.43). L’atteggiamento di fondo che dobbiamo abbandonare per invertire la rotta, riguarda il rapporto tra uomo e natura o, in altre parole, la separazione con cui l’uomo moderno ha percepito se stesso distaccato dalla natura: il dualismo (p.73 sgg).
Hickel giustamente fa risalire questa caratteristica a Cartesio e Francis Bacon ( con cui si inaugura la filosofia dualistica per cui la natura è un oggetto inerte e meccanico ) e a Thomas Hobbes e a John Locke che trasportarono questa visione in campo politico e sociologico. A differenza di tante società indigene conosciute dagli antropologi, la natura smise di essere una madre amorevole e nutrice, per diventare mera materia da dominare e modificare. “La filosofia dualistica è responsabile della nostra crisi ecologica”– afferma Hickel (p.41).
Questo è un punto importantissimo a cui perviene anche il noto buddista americano E.Loy ( Ecodharma. Insegnamenti buddisti per affrontare la crisi ecologica 2018, Ubi libri 2022). Anzi, la sua cultura buddista lo avvia facilmente a questa conclusione. Loy afferma che “ la crisi climatica è la sfida più grande che l’umanità abbia mai affrontato”(p.35) e che “se deturpiamo la terra in questo modo è perché la visione oggi predominante ci permettere di razionalizzare questo abuso” ( p.19) . Infatti la nostra errata comprensione condivisa di che cosa è il mondo, è ciò che alimenta l’ossessione per la crescita economica che di fatto è incompatibile con gli ecosistemi finiti della terra di cui noi siamo una piccola parte( p.46) . Provenendo dalla millenaria cultura buddista, basata sull’interconnessione e sulla non dualità ( la non separazione tra mente e materia, tra ego e mondo) Loy punta il dito sulla nascita del mondo moderno tra Settecento e Ottocento caratterizzato dalla nascita degli Stati –Nazione, dal capitalismo e dalla scienza meccanicistica e scrive pagine importanti sulle responsabilità di Lutero, Calvino e di Darwin nella costruzione di questa mentalità sbagliata. (pp.53 sgg.)
Ugualmente Hickel individua nel cosiddetto dualismo cartesiano – la separazione tra Ego e mondo, tra psiche e materia – l’ origine della nostra deviazione, ma lo fa come se si trattasse di un caso anomalo e sporadico ed infatti intitola un capitolo “Cartesio rItwittato”, come se la rivoluzione cartesiana fosse stata una svista innocente e non avesse avuto un seguito determinante in tutto il pensiero scientifico e filosofico occidentale!
Tutto il contrario di quanto aveva sostenuto egregiamente Fritjof Capra nel 1982 con il suo Il punto di Svolta in cui aveva dimostrato – in grande dettaglio – che tutte le scienze moderne, dalla chimica, alla biologia, alla medicina, all’economia, alla psicologia, nascono – e non potevano non nascere – dal dualismo cartesiano-newtoniano.
La posizione di Hickel è dunque assai contestabile, ma vorrei segnalare altri due errori interpretativi con conseguenze assai più pericolose Vediamo dunque di cosa si tratta. Dopo aver individuato chiaramente le radici del processo di deragliamento della modernità, tanto Hickel che Loy sorprendentemente le fanno risalire ad un unico colpevole: si tratterebbe delle Religioni del Periodo Assiale, cioè di quel periodo tra l’800 e il 200 a.C. in cui in tutto il mondo si formarono le religioni considerate “trascendenti “( Hickel,p. 66 sgg., Loy p.67) La posizione risale ad un’opera del filosofo e psichiatra Jaspers (1949) ed è molto fantasiosa, oltre che finalizzata ai suoi obiettivi teoretici. Essa riunisce in una sola cornice le religioni vediche, il buddismo, il taoismo, lo zoroastrismo in Persia insieme alla religione giudaica da cui nasce il cristianesimo. Queste religioni sarebbero responsabili del “Dualismo cosmologico”, cioè la credenza che oltre a questo mondo ce ne sia un altro. Con questo Dualismo cosmologico, verrebbe altresì attribuito un posto privilegiato all’uomo e nascerebbe il “principio di dominio”. Attraverso questa tesi erronea vengono superficialmente accomunate esperienze completamente diverse come l’induismo e il buddismo in India o il taoismo in Cina, con la tradizione giudaica con le sue caratteristiche prettamente antropocentriche e dominatrici così evidenti nel pensiero giudaico..
Il secondo errore è il seguente. Hickel fa risalire a Platone, l’errore del dualismo. Egli dimostra così una grave ignoranza filosofica che ignora del tutto la prospettiva cosmocentrica presente in Platone, studiata in decine di volumi, e non capisce affatto il mondo delle idee che è sostanzialmente un mondo fondato sulla dimensione etica e spirituale. Con molta probabilità, Hickel ha ripreso la moda di criticare Platone da Karl Popper che è, insieme al suo allievo finanziere Geoge Soros, il massimo sostenitore della globalizzazione e mercificazione planetaria. Meglio dunque stare alla larga da queste posizioni.
Questi sfondoni di HIckel (e Loy) hanno però una conseguenze molto importanti: esse lasciano sano e salvo il “superiore pensiero scientifico” (con il suo riconosciuto padre greco: Aristotele). I temi della scienza e della tecnologia – insieme alla loro sorella, l’industria – non sono nemmeno sfiorati benché quest’ultime siano nate proprio dalla visione “meccanicistica e dualistica” che entrambi gli studiosi condannano e definiscono sbagliata.
Il sistema tecnologico- industriale esportato come Progresso, esce indenne dalle loro argomentazioni , e dalle discussioni in atto negli ambiti più recenti della Decrescita. Al contrario la cosiddetta civiltà industriale-tecnologica non avrebbe potuto prodursi senza la rivoluzione scientifica che ha scandagliato il mondo materiale e i nessi di una causa- un effetto.
Ne sono prova le cinquemila civiltà che si sono avvicendate sulla terra, prima che si affermasse il paradigma cartesiano –newtoniano. Esse non hanno mai prodotto l’industria con lo sfruttamento di materie prime importate attraverso l’epopea colonialista e l’utilizzo dei combustibili fossili, cioè delle sostanze organiche seppellite sottoterra che si sono sviluppate in milioni di anni, nel corso delle ere geologiche.
Le conseguenze sono dunque le seguenti:
- Se non mettiamo in discussione il sistema scientifico-tecnolgico-industriale, con la sua punta di diamante – la crescita- è chiaro che i tentativi di arginare il collasso climatico e ‘imperativo della crescita economica e sono destinati all’insuccesso, così come dimostrano le 27 Cop che si sono succedute fino al 2023. Al contrario dovremmo ammettere con chiarezza che l’esperimento chiamato civiltà industriale che ha non più di 3 secoli, è fallito. Dovremmo abbandonare la millantata idea di Progresso e da qui potremmo pensare più agevolmente di costruire una nuova società.
- La grande cartina di tornasole del sistema scientifico –tecnologico-industriale è senz’altro il collasso climatico. I ghiacciai si stanno sciogliendo ad una velocità molto superiore alle pur negative previsione dei climatologi. Di fronte a questo smacco cosa facciamo?? Le istituzioni stanno adottando con grande pompa la “ transizione digitale e verde” come soluzione alla crisi climatica. Come se il digitale, non usando carta o oggetti materiali, non impattasse con l’Ecosfera. “ La transizione digitale e verde”, al pari dello “sviluppo sostenibile” , è solo una formula magica che lascia le cose come stanno. Continua ed avvalersi della velenosa idea di Progresso e ci spinge in avanti ( dove??) verso il mondo della robotica e del transumanesimo. Al contrario , oltre ad essere estremamente energivoro, questa soluzione industriale non fa che esaltare l’eccesso di pensiero razionalista e ipertecnologico che ci ha condotto fin qui ( a partire dal suo antico padre: Aristotele) e a compromettere a la nostra esistenza nell’Ecosfera. Come dice Ellul – uno dei padri della Decrescita – insieme all’idea di Progresso tecnologico e quella del cambiamento come valore assoluto, il mondo moderno ha la fallace convinzione che si possa accumulare indefinitamente tutti i vantaggi senza rinunciar a niente. Pecca nella stupida credulità di “poter aver tutto”. Al contrario bisogna fare chiarezza. Come ha denunciato Vandana Shiva, la logica che sta dietro alla rivoluzione digitale, alla logica del Big Tech, è la medesima logica iper- razionalista e meccanicistica di Cartesio. E’ lo stesso paradigma riduzionistico e meccanicistico che ha condotto al collasso climatico, alla perdita di biodiversità, all’inquinamento. Le Big Tech miliardarie stanno riducendo l’uomo stesso a nuova materia prima da rivedere per l’era digitale.
- Se non individuiamo le reali cause della situazione attuale, se non diagnostichiamo correttamente la malattia, come potremo riuscire a curarla? Oggi al contrario si è voluto trovare un facile colpevole nel cosiddetto “patriarcato”, il potere maschile, cattivo, che ci dirige verso le brutture della modernità. Ci dovremmo liberare da questo dominio cattivo attraverso il gender fluid e soprattutto attraverso la cancellazione della cultura che sarebbe rimasta sostanzialmente patriarcale (cancel culture). Pur essendo una donna, mi pare che questa soluzione sia un vero palliativo che non rende conto innanzitutto della storia dell’imperialismo coloniale moderno sulle altre culture, avvenuta e giustificata in virtù della Superiore Scienza e Tecnica occidentali- affiancata per secoli dalla Superiore Religione: il Cristianesimo e autorizzata dal Dio Superiore ( sic !). Oggi questa Scienza – che nelle sue origini e fondamenta è riduzionista, meccanicista, specialistica – viene sempre di più sconfessata dalla Fisica quantistica e dalla scienze dei sistemi complessi, ma continua ad essere sorretta e propagata dal sistema industriale e mediatico.
In articoli recenti (come quello sulla “Metamorfosi ontologica” e “ Aprire il concetto di Decrescita”) si sostiene che la visione del mondo meccanicista e riduzionista non riguarda affatto l’approccio della Scienza Moderna, ma si sarebbe direttamente tradotta nel Suprematismo bianco e nel Capitalismo. Questa visione ignora gran parte della storia delle idee. Le scienze sociali inaugurate da Locke e da Hobbes, la giurisprudenza moderna nata nel 1801, l’idea del tempo lineare storico e l’idea indiscussa del Progresso (Hegel e Marx), come pure la maggior parte delle scienze dure: Fisica newtoniana, chimica, biologia, condividono il dualismo di fondo del paradigma cartesiano –newtoniano. E’ impossibile dunque non mettere in discussione le idee di base dell’Illuminismo e della Modernità.
Voler fare i salti mortali per escluderle dalla discussione, ed invece incolpare il patriarcato, mi sembra pericoloso. Senza un’analisi attenta e rigorosa, presunte soluzioni rischiano di essere ancor più dannose per tutto il genere umano all’interno dell’ecosfera!