È scontro strategico con l’Occidente, siamo a una svolta molto pericolosa
di Marco Bertolini - 02/06/2025
Fonte: Il Sussidiario
Le forze ucraine hanno lanciato ieri il maggiore attacco contro la Russia dall’inizio della guerra. L’operazione Web – questo il nome dell’offensiva di Kiev – è consistita in un massiccio attacco di droni kamikaze contro obiettivi strategici russi, la base aerea di Olenya nel Murmansk e la base aerea di Belaya nella regione di Irkutsk. Entrambe le basi ospitano bombardieri strategici, utilizzabili cioè per missioni con armi nucleari, e già impiegati per il lancio di missili a lungo raggio contro l’Ucraina. Sarebbero state segnalate esplosioni anche nella base navale di Severomorsk, sempre nel Murmansk, sede della flotta russa del Nord. Gli ucraini hanno colpito inoltre due tratte ferroviarie, nelle regioni di Briansk e Kursk, con vittime civili.
Non è ancora possibile fare un bilancio completo, ma soprattutto è difficile prevedere quali potranno essere le ricadute dell’operazione Web sui colloqui tra la delegazione ucraina e quella russa previsti per oggi a Istanbul.
Un fatto però è certo, secondo Marco Bertolini, generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan. Gli attacchi ucraini ci dicono che la partita strategica, diversamente dal confronto tattico sul terreno ucraino, è ancora aperta e potrebbe evolversi verso scenari gravi e imprevedibili.
Che cosa possiamo dire di questa massiccia offensiva ucraina?
Occorre fare una prima distinzione. Gli attacchi contro le ferrovie a Bryansk, nel Kursk, sulla linea da Vulnavaka a Mariupol e forse anche a Melitopol sono operazioni contro soft target, ossia contro obiettivi sostanzialmente non militari e non difesi, con vittime civili, che possono essere stati condotti con tecniche di guerra non convenzionale da elementi ben addestrati, mediante sabotaggi a poca distanza dal territorio ucraino.
E gli attacchi con droni sulle basi aeree russe?
Si tratta in questo caso di attacchi estremamente remunerativi sul piano bellico che richiedono una lunga pianificazione e informazioni puntuali. Le fonti ucraine dicono che sarebbero stati colpiti 40 bombardieri russi, secondo Mosca si tratterebbe di una decina di aerei distrutti e altri danneggiati. La verità probabilmente sta nel mezzo, ma non toglie nulla alla rilevanza dell’attacco. In ogni caso, le due operazioni, quella contro i convogli ferroviari e quella contro i siti militari russi, sono certamente coordinate.
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Sono la risposta ai due recenti massicci attacchi aerei russi, il primo nella notte tra il 24 e il 25 maggio e il secondo in quella successiva?
Non credo, il punto vero è un altro. Gli stessi ucraini hanno dichiarato che i loro attacchi erano in preparazione da un anno e mezzo. Operazioni così non si improvvisano, questo è evidente, ma la decisione è politica, ed è arrivata nell’imminenza dell’incontro a Istanbul tra le due delegazioni. In altre parole, mentre si discuteva delle trattative e dei passi successivi da effettuare, Kiev stava preparando da tempo un attacco devastante proprio alla loro immediata vigilia; un modo abbastanza strano di presentarsi al “tavolo della pace”.
Con quali conseguenze?
A mio avviso, dall’incontro in Turchia non ci si poteva aspettare niente di decisivo neppure alla vigilia di questi attacchi. Era comunque un primo indispensabile passo per affrontare i nodi politici e militari dello scontro. Adesso invece l’Ucraina si presenta al tavolo delle trattative con un risultato strategico importante, perché ha dimostrato quale profondità può raggiungere in territorio russo. Va aggiunto che non sappiamo ancora quale sarà la risposta russa. Ma una risposta ci dovrà essere, visto che sono saltate tutte le linee rosse poste da Putin che a questo punto deve difendere la sua credibilità e quella di Mosca in generale.
L’operazione ha incidenze dirette sul conflitto in Ucraina?
No, ma il ridimensionamento della capacità di deterrenza russa indebolisce Mosca sotto il profilo strategico nel suo confronto con l’Occidente e credo che questo possa essere fonte di guai seri. Dobbiamo anche ricordare che già in precedenza la Russia aveva subito un importante colpo alla sua rete Early Warning ad Armavir e non aveva reagito a livello strategico, nonostante il suo deterrente nucleare ne fosse uscito indebolito, proprio per non innescare escalations non controllabili. Speriamo che mantenga ancora il sangue freddo.
È possibile per l’Ucraina porre in essere attacchi come quello alle basi russe senza il supporto occidentale?
Lo escluderei. L’Ucraina, già impegnata pesantemente sul suo territorio, non è in grado da sola di fare i danni che sappiamo – per quanto non confermati – essere notevoli e a così grande distanza dal Paese. In ogni caso, avrebbe bisogno di una intelligence basata su strumenti di cui non dispone e che invece sono nelle disponibilità occidentali. Questo attacco, quindi, sposta il baricentro dello scontro dal piano tattico a quello strategico.
Ci spieghi meglio.
Sul piano tattico, la Russia è decisamente in vantaggio nel confronto con l’Ucraina e sta guadagnando terreno negli oblast contesi. Sul piano strategico, invece, gli eventi delle ultime 24 ore dimostrano che i giochi non sono ancora finiti. Lo dimostrano le tensioni della settimana scorsa nel Baltico, che hanno riguardato una nave della flotta ombra russa sfuggita ai controlli estoni, come pure la precedente esercitazione militare russa. Dopo l’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia, la flotta russa di Kaliningrad è una enclave russa in un “lago” – il Baltico – ora interamente controllato dall’Alleanza atlantica, una condizione quindi di estrema vulnerabilità.
Dove ci porta questa considerazione?
Sappiamo che l’Ucraina è appoggiata dall’Occidente, utilizza informazioni e armi occidentali. Ma se questo supporto viene esteso dal teatro ucraino al territorio russo, il coinvolgimento occidentale slitta a sua volta sul piano strategico, configurando un’azione offensiva diretta dell’Occidente contro la Russia sul suo territorio. E Putin aveva già detto che eventuali attacchi contro le forze strategiche russe avrebbero potuto innescare una risposta di tipo strategico, coinvolgendo anche altri Paesi Nato.
A chi pensa?
Agli Stati che più supportano l’Ucraina, fornendo armi e supporto di intelligence adeguato ad attacchi come quelli di ieri. Parliamo prima di tutto di Gran Bretagna, Francia, Germania, ma è chiaro che a questo punto tutto diventerebbe possibile e nulla si potrebbe escludere.
Pare che il governo tedesco non intenda fornire a Kiev i missili da crociera a lungo raggio Taurus, punta di diamante della capacità offensiva tedesca e Nato.
I Taurus sono probabilmente già in Ucraina, manca solo l’autorizzazione.
Un portavoce della Casa Bianca ha detto alla NBC che gli Stati Uniti non sono stati avvisati degli attacchi di Kiev in territorio russo. Dunque è da escludere una partecipazione americana.
Io non tendo a escludere niente, perché non si può sapere. Ma credo che Trump – e parlo solo di lui, non degli Stati Uniti, per i quali il discorso è più articolato – non abbia interesse a complicare ulteriormente la situazione. È vero, Trump è spesso tranchant, come quando si chiede se Putin è “impazzito”, ma normalmente, alla fine, fa da pompiere.
E in Europa?
A livello europeo Francia, Gran Bretagna, Germania e Polonia continuano ad esprimersi in maniera coerente con le richieste di Zelensky: sostegno bellico contro la Russia, cessate il fuoco e poi la pace. Mentre Putin è attestato su una posizione completamente diversa: ridefinizione di un’architettura di sicurezza per la Russia e poi la pace, senza alcun “cessate il fuoco” che dia respiro alle forze ucraine rimandando la ripresa del conflitto a momenti migliori.
Quali elementi mancano per ipotizzare uno scenario?
È impossibile sbilanciarsi. Non sappiamo quale sarà la risposta russa, nel frattempo la delegazione russa sarebbe già volata a Istanbul mentre domani (oggi, nda) partirà quella ucraina. Mancano dettagli più precisi sul bilancio degli attacchi ucraini, ma anche sui loro effetti nell’opinione pubblica russa. Il Cremlino dovrà tenerne conto.
Quindi?
Riesce difficile immaginare di cosa dovrebbero discutere i delegati. Ieri Keith Kellogg (parlando a Fox News, nda) ha concordato sul fatto che la Nato sia in uno stato di guerra per procura con la Russia. Lo sapevamo, ma è una dichiarazione importante che, di fatto, coinvolge la Nato in generale e alcuni Paesi europei in particolare, i cosiddetti “volenterosi”. E non mi risulta che Putin abbia avuto risposte sulle garanzie circa lo stop all’allargamento della Nato verso Est.
I colloqui potrebbero ancora saltare?
Potrebbero saltare, oppure avere luogo ed essere un momento realmente chiarificatore. Ma c’è anche il rischio di un’escalation difficilmente controllabile, che in sostanza è quello che sta cercando Zelensky. Se l’incontro ci sarà, potrebbe essere un buon segnale; ma temo che a questo punto dovremo aspettare la risposta russa prima di capire la piega che prenderà il conflitto. Certamente, siamo a un punto di svolta, molto pericoloso.
(a cura di Federico Ferraù)