Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Ecco dove portano i leader irresponsabili

Ecco dove portano i leader irresponsabili

di Enrico Tomaselli - 15/04/2024

Ecco dove portano i leader irresponsabili

Fonte: Giubbe rosse

Netanyahu è quel che si dice un politico 'navigato', si muove nei vertici del potere israeliano da 30 anni. Da un uomo di così lunga esperienza, ci si attenderebbe una adeguata capacità di gestire le situazioni più complesse; ma oggi Bibi è prigioniero della situazione, non la governa.
Nonostante lo shock del 7 ottobre, e nonostante il paese sia in guerra da sei mesi, una forte opposizione non smette di manifestarsi nelle piazze.
La guerra a Gaza, che non ha sinora prodotto seri risultati militari, si sta rivelando un pantano in cui Israele rischia di finire risucchiata, e che sta costando miliardi su miliardi.
Nonostante l'appoggio della potentissima lobby ebraica statunitense, i rapporti con l'alleato d'oltre oceano sono sempre più tesi, i rapporti con la Russia - storicamente amichevoli - sono stati deteriorati gravemente, e la posizione internazionale (escluso l'occidente collettivo) è di isolamento pressoché completo.
Così oggi Netanyahu si trova tra l'incudine di un alleato imprescindibile ma sempre più irritato, ed il martello di una maggioranza che lo sostiene composta da fanatici estremisti.
Oggi, parlando ai ministri del suo partito, ha detto: "Risponderemo all'Iran, ma dobbiamo farlo con saggezza e non agire d'istinto. Devono essere sotto pressione come ci hanno messo sotto pressione loro", riconoscendo esplicitamente di essere stati messi sotto pressione.
La tattica politica di rilanciare continuamente sul piano bellico, cercando di rinviare la resa dei conti (politica e giudiziaria) che lo attende, lo ha cacciato in vicolo cieco. Ma, per certi versi ancora più importante, ha messo il suo stesso paese in una situazione estremamente complessa. L'estremismo messianico e colonialista a cui ha dato spazio ha finito col risucchiare Israele in un vortice dal quale è ora assai difficile trarsi fuori. L'operazione Al Aqsa Flood del 7 ottobre, e quella True Promise del 14 aprile, sono state un uno-due micidiale, che ha mandato in frantumi la mascella israeliana: il suo potere deterrente, su cui ha vissuto per 75 anni, semplicemente non esiste più. Oggi l'Iran, che guida politicamente, militarmente e spiritualmente l'Asse della Resistenza, è una potenza regionale conclamata, assai bene inserita nel contesto internazionale e con ottime relazioni con Russia e Cina. E può permettersi di sbeffeggiare Tel Aviv, sfidandola apertamente.
A questo punto, l'unico modo in cui Israele potrebbe ripristinare la sua deterrenza sarebbe usare armi nucleari. Ma se lo facesse, anche a prescindere dal rischio di essere tempestata da migliaia di missili, si ritroverebbe relegata al ruolo di paria mondiale per i prossimi 50 anni.
L'ultima mossa di Bibi, quindi, dovrà essere un super-esercizio di equilibrismo: dare una contro-risposta all'Iran (evitando di innescare una contro-contro-risposta devastante), senza far incavolare gli alleati americani, e vendendola all'opinione pubblica interna (sempre più spaventata e smarrita) come un ripristino della capacità israeliana.
Il vecchio leone è ormai più preoccupato del suo domani che acutamente attento a ciò che gli accade intorno, ed il suo ruggito suonerà probabilmente come il suo de profundis.