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Economia circolare?

di Guido Dalla Casa - 06/03/2021

Economia circolare?

Fonte: Arianna editrice

  I processi propri del nostro modello culturale (la civiltà industriale) non sono cicli, sono processi che consumano qualcosa di fisso (le risorse, che si esauriscono) e abbandonano qualcosa di fisso (i rifiuti, che si accumulano). In mezzo sta il processo di produrre-vendere-consumare, che il nostro modello vuole in continua crescita.   Tutti questi processi costituiscono un sottosistema del Sistema Naturale terrestre, molto più grande, ma sono alla lunga incompatibili con il mondo naturale, che si muove per cicli: quindi distruggono la Natura cui appartengono. Come si è evidenziato in tempi recenti, i processi della civiltà industriale disarticolano i cicli naturali e provocano estinzioni degli altri esseri senzienti (altri animali, piante, esseri collettivi, ecosistemi), direttamente o indirettamente.

  Economia circolare, cioè che funziona per cicli, è una delle locuzioni inventate recentemente per continuare tutto come prima, analogamente a espressioni come sviluppo sostenibile, crescita verde, green economy, e così via. Si tratta di locuzioni contraddittorie. Sostenibile è solo un processo che non altera il funzionamento del sistema più grande di cui fa parte. Sostenibile è incompatibile con sviluppo, una crescita non potrà mai essere verde, green è incompatibile con economy.

  Per ottenere veramente qualcosa nel campo della protezione della Natura, e quindi della Vita, è necessario uscire dai princìpi della civiltà industriale e dimenticare l’economia. Di solito, quando si parla di economia, si intende automaticamente economia in crescita, gara a chi vende con il prezzo più basso, aumento della produzione, e roba del genere. Con la cosiddetta economia circolare non si otterranno mai prodotti “economicamente competitivi”, senza contare che uno sguardo ai numeri, cioè alle quantità, rende evidente l’impossibilità di ottenere qualche risultato conservando il sistema attuale, il cosiddetto “libero mercato”, quello che Serge Latouche, uno dei paladini della decrescita, ha chiamato “una libera volpe in un libero pollaio”. Inoltre, il numero enorme degli umani sulla Terra rende impossibile qualunque rimedio “all’interno del sistema”, cioè senza cambiarne radicalmente anche le premesse.

  Pertanto, bisogna uscire dall’economia, abbandonare in toto la civiltà industriale, che si è innescata facilmente sulla cultura occidentale qualche secolo fa, dato il mostruoso antropocentrismo che già la caratterizzava. Non basta “correggere la rotta”, bisogna invertirla completamente, non basta “cambiare modello di sviluppo”, occorre abolire e dimenticare lo sviluppo (materiale). Bisogna intaccare a fondo e ribaltare i fondamenti filosofici, non basta ritoccare i processi.

  Il sistema economico ha una sola variabile (il denaro) ed è assolutamente incompatibile con il Sistema Terrestre, che è un Sistema più grande ad altissimo grado di complessità con un numero enorme di variabili. Può persistere come sottosistema al suo interno solo per tempi molto brevi.

  Usciti dalla trappola della crescita, il passo successivo sarà l’abolizione del denaro, in qualunque forma: né reale, né virtuale. Cinquemila culture umane, ormai distrutte dall’Occidente, sono vissute senza il denaro per tempi lunghissimi: quindi è possibile, anche se questo non significa  che dovremo vivere come una di quelle culture.

  Ecco le ultime parole del libro Assalto al pianeta di Pignatti e Trezza (professori dell’Università La Sapienza di Roma): Di fronte a una società dominata dall’ambizione di fare tutto ciò che appare fattibile, e che per questo sta andando verso la catastrofe, rimane soltanto il coraggio dell’utopia.