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Funzione paradigmatica della scienza

di Pierluigi Fagan - 24/04/2023

Funzione paradigmatica della scienza

Fonte: Pierluigi Fagan

Diciamo “scienza” la conoscenza certa del funzionamento di particolari oggetti e fenomeni, tanto da conoscere leggi o regole che possano aiutarci a manipolarli e predirne comportamenti futuri.
Consideriamo qui scienza le discipline altrimenti categorizzate come “scienze dure” ovvero fisica, chimica, biologia (scienze cognitive), geologia, astronomia. Consideriamo altresì scienze applicate l’ingegneria e la medicina. La matematica è una logica ed un linguaggio non una disciplina di conoscenza, è uno strumento per conoscere. Non consideriamo scienze la psicologia, la pedagogia, l’antropologia, la sociologia,  l’economia, gli studi politici, la geopolitica, il diritto. Non considerale scienze non comporta che tali discipline non possano usare parzialmente metodi, logiche e linguaggi scientifici.
Nell’analisi dell’immagine di mondo occidentale contemporanea, rispetto alla scienza, vanno notate due cose.
La prima è il valore prestigioso che questo tipo di conoscenze hanno rispetto alle altre. Queste forme di conoscenza hanno spesso il dono della certezza, al punto che con i loro risultati si possono prevedere fenomeni o riprodurli. Tuttavia, dipende molto dalla natura di oggetti e fenomeni il poterli conoscere scientificamente o meno, nel senso che non è una nostra preferenza poter usare l’approccio scientifico a tutti gli enti del mondo o meno.  
La seconda, che consegue la prima, è che nell’ambito delle scienze propriamente dette c’è una differenza sostanziale tra oggetti e fenomeni vivi o morti. Fisica, geologia ed astronomia hanno oggetti e fenomeni non vivi, biologia e scienze cognitive hanno oggetti e fenomeni vivi, la chimica è una scienza ponte tra i due mondi del vivo e del non vivo. La definizione di vita è disputata. Per lo più si ritengono vive le cose o i fenomeni che manifestano questi comportamenti: a) omeostasi-allostasi; 2) metabolismo; 3) riproduzione; 4) adattamento-evoluzione. Non uno o due dell’elenco ma tutte e quattro le caratteristiche al contempo. Tra oggetti e fenomeni non vivi e vivi c’è un confine di differenza. I primi abitano le regioni dei fenomeni ordinati, per questo sono conoscibili con certezze (a volte anche solo statistico-probabilistiche) che arrivano poi alla prevedibilità. I secondi abitano un’altra regione dell’essere che si trova tra ordine e disordine.
I natali della conoscenza scientifica moderna si fanno risalire al trapasso tra XVI e XVII secolo con Galileo Galilei. La scienza di quel periodo ed ancora per tutto il XVIII secolo è sostanzialmente fisica meccanica, nel micro o nel macro (astronomia). La fisica meccanica ha avuto un ruolo primario nello sviluppo della modernità tanto da diventare il sinonimo concettuale della scienza stessa. Ha esteso questo suo dominio simbolico fin dentro il complesso di conoscenze che diedero luogo alla Rivoluzione industriale. Ne furono influiti Descartes, Hobbes, Leibniz, Kant (non a caso Spinoza è "diverso"). Poiché noi siamo stati ancora fino a poco tempo fa nel continuum del periodo storico moderno, questa performance della conoscenza degli oggetti e dei fenomeni fisici, spiega perché a livello generale di immagine di mondo i più ritengano che scienza e fisica meccanica siano sinonimi. E spiega anche il perché nel XIX secolo, che è il secolo in cui tutte le discipline che oggi chiamiamo “scienze umane o storico-sociali” si danno un proprio statuto emancipandosi dalla filosofia al cui interno erano mescolate e solo accennate, queste abbiano pensato di potersi definire “scienze” quando non lo sono e non possono esserlo. È un caso di un irriflesso trasferimento paradigmatico: scienza = fisica meccanica, ergo anche le discipline storico-sociali che ambivano ad essere scienza, tesero a somigliare alla fisica meccanica.
Poteva andare diversamente?  Abbiamo detto che la chimica è pienamente una scienza, tuttavia i chimici la cui storia è parallela ma meno prestigiosa di quella della fisica meccanica che serviva a fare “cose”, ai primi del XIX secolo, si accorsero che il loro campo di studi variava e non poco a seconda si trattasse quella che chiamarono chimica inorganica, da quella che chiamarono chimica organica. I chimici capirono anzitempo che c’è un confine tra fenomeni precisamente ordinati e fenomeni che abitano la regione tra ordine e caos. Tuttavia, la loro disciplina li studiava entrambi nello strato dell’essere a livello atomico-molecolare. Per questo tale disciplina è considerata ponte tra i due domini. Una sua tarda filiazione, a metà del XX secolo, è stata l’ecologia, anch’essa disciplina mista di cose e fenomeni viventi e non viventi.
Diversamente, gli studiosi dell’ambito umano e storico sociale del XIX secolo, dove la storia e la società sono appunto fenomeni o cose fatte da esseri umani che sono un di cui del vivente, non capirono affatto l’esistenza di questo confine obiettivo tra dominio vivente e non vivente e pur occupandosi tutti di cose e fenomeni relativi al vivente, ambirono a rivendicare una genitorialità categoriale riferita alla fisica e per giunta la sua espressione se vogliamo meno sofisticata ovvero la meccanica. Ripeto, se vi ambientate al XIX secolo, l’emancipazione di queste discipline avvenne nel mentre scienza e filosofia si separavano rancorosamente. Poco inclini alla auto-riflessione epistemologica (del resto stavano emancipandosi dalla filosofia che è la disciplina propria delle riflessione), i principali studiosi del tempo non si posero il problema di darsi uno statuto proprio come i chimici ovvero di discipline ponte o intermedie tra oggetti e fenomeni viventi e non viventi, optarono per il prestigio scientifico, versione fisica meccanica (ad esempio positivismo, materialismo “scientifico”, successiva nascita dell’economics in luogo dell’economia politica tec.). Sbagliarono categoria, con esiti assai problematici che arrivano fino ad oggi.
Nelle immagini di mondo, sebbene noi lo supponga un universo razionale, la razionalità è assai indebolita in quanto raramente siamo pienamente autocoscienti di questo sistema fatto di pensati e facoltà pensante. Questo a livello individuale, peggio va nella versione sociale, quella per la quale condividiamo una forma che nessuno invero possiede e domina intenzionalmente. Così, l’enorme prestigio della fisica meccanica ha continuato a dominare, senza che nelle idm noi si registrasse l’evoluzione della fisica stessa.
Ad esempio, un pensiero economico astratto e meccanico porta all’economia mainstream (ma anche a parti dell’economia non mainstream). Se il pensiero economico non solo si atteggiasse a scienza ma ne condividesse la complessità, dovrebbe quantomeno considerare la fisica termodinamica, da cui proviene tutt’altra forma di pensiero economico (ad esempio la Bioeconomia di Georgescu-Roegen). Così, fuori dalla scienza, pare nessuno tenga conto del fatto che la fisica meccanica vale solo nello strato mediano dell’essere inorganico, la meccanica quantistica in quello micro, la relatività in quello macro che sono “fisiche” di tutt’altro tipo rispetto a quella newtoniana, con tutt’altri concetti e determinazioni. Questa complessificazione della fisica non è stata registrata nell'idm generale.
Per provare a spiegare tali confusioni, mancanze ed approssimazioni, è bene ricordare che l’immagine di mondo dominante un’epoca è l’immagine di mondo dei popoli dominanti che, nel caso occidentale e moderno, sono anglosassoni. Newton era inglese, la Gloriosa rivoluzione era inglese, gran parte della scienza europea è stata inglese e poi americana, la Rivoluzione industriale era inglese, il c.d. capitalismo è un sistema nato in Inghilterra e sviluppatosi poi anche negli Stati Uniti d’America. Questi ultimi due sono stati ed in parte ancora sono ancora, i due imperi di riferimento del sistema occidentale. Forse certe forme di idm dovrebbero prender atto che ci sono le classi nelle società, ma anche che le società sono nazioni con diverse tradizioni di pensiero e di azione. Modo di stare al mondo e relativa immagine sono solidali, sono un unico sistema. Ingenua la convinzione (meccanica) per cui quella che alcuni chiamano “sovrastruttura” sarebbe solo un riflesso ex-post del livello fondamentale strutturale, il livello strutturale è riuscito ad imporsi perché dominava una certa immagine di mondo, come altrimenti spiegare che emergano certe strutture, chi le fa? La Royal Society venne fondata trenta anni prima della Gloriosa rivoluzione, non dopo.
Nella storia culturale inglese c’è una stretta relazione tra un platonismo ereditato dal loro medioevo (Aristotele non venne mai recepito in Inghilterra, la fascinazione per la matematica sfiora il pitagorismo da cui discende il platonismo, nella Cambridge del Seicento imperavano forme neo-platoniche), una vis trasformativa della natura matrigna ed avara (Bacone) che è eredità barbara e pagana, una tradizione tribale in difficoltà col concetto di società (ed il criterio di verità) e lo scientismo paradigmatico.
Chiudiamo questa analisi succinta per motivi di spazio. Due cose andrebbero messe a fuoco per muovere al cambiamento dell’immagine di mondo. La prima è comprendere che le forme umane di conoscenza sono almeno cinque di cui tre razionali (scienze, discipline umano-sociali, pensiero storico-riflessivo). Ognuna mette a fuoco suoi oggetti, ha suoi metodi e suoi fini, non ha senso confondere questi domini tra loro. La seconda è che c’è un continuum tra le discipline storico-riflessive, quella umano sociali e la scienza. Ma in questo caso, la scienza di riferimento, la miniera delle metafore e l’arsenale delle analogie ammesse, i pattern e le logiche, i metodi e la costellazione dei pensati, è in biologia, nel vivente. Dalla scienza dei viventi (chimica organica, biologia, scienze cognitive), alla mente prerogativa dei viventi, alle società di viventi, all’economia dei viventi, alla storia fatta da viventi, fino alla autoriflessione tipica solo delle menti umane, comune è la condizione organica.
L’immagine di mondo è un modello mentale, dentro c’è un mondo che è tanto organico che inorganico, ci siamo noi che siamo organici ed il tutto è nella nostra mente che promana da un cervello incorporato, emerso nell’evoluzione per tenere nella migliore relazione il nostro dentro col nostro fuori, un tutto essenzialmente organico.
La scienza è una delle più grandi imprese umane di conoscenza, si limiti però al suo dominio dell’inorganico e dell’organico non pensante, da lì in poi è tutto un altro mondo. E questo altro mondo, il nostro, la smetta di sostenere immagini di mondo che imitano la fisica meccanica e semmai studino un po’ meglio e di più cosa e come si conosce in biologia. Bisognerebbe riportare l’asse principale delle immagini di mondo (paradigma) nel dominio dei viventi.  

[Infilare in un post questo discorso è un atto di indebita riduzione. Ci sono punti e parti che andrebbero esplorate meglio e la riduzione porta a schematismi dove in realtà ci sono dissolvenze. C’è quindi da discutere e precisare.]