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I pericoli dell'antropocentrismo e del materialismo

di Guido Dalla Casa - 17/12/2019

I pericoli dell'antropocentrismo e del materialismo

Fonte: Guido Dalla Casa

  Il COP25 di Madrid è terminato con un totale fallimento, come prevedibile: infatti si è realizzato il vero, grande pericolo, quello di ragionare ancora soprattutto con un linguaggio politico-economico-sociale, e ben poco con un ben più solido linguaggio scientifico-filosofico. Tutti i discorsi sono restati nello stesso paradigma che ha provocato i gravissimi guai ai quali si vorrebbe rimediare. L’economia innanzi tutto! E portiamo avanti la crescita, solo con qualche energia rinnovabile in più. Ovviamente mantenendo intatto il dominio dell’uomo sulla Natura, come se fossero due cose distinte.
  Sappiamo da due secoli che l’uomo è un animale a tutti gli effetti, e fa parte senza condizioni di tutti i cicli della Vita, ma anche la Scienza fa finta di non saperlo. Tuttavia, solo se riconosciamo una profonda spiritualità a tutta la Natura, saremo in grado di rispettare la Vita (cioè il Complesso dei Viventi), e quindi anche la nostra, dato che ne facciamo parte integralmente, come ben sapevano, anche se forse in modo meno razionale, quasi tutti i popoli cosiddetti nativi. Solo riconoscendone la spiritualità, o il “valore in sé” potremo rispettare tutto il mondo naturale, e quindi anche noi stessi. Non abbattiamo una foresta, se siamo consapevoli dello “spirito dell’albero”.
  Dopo questa premessa, farò qualche considerazione più specifica sull’articolo “I pericoli dell’Ecologia Profonda”:
-    Il termine “teologizzazione dell’ecologia” è fuorviante e usato in modo spregiativo. L’Ecologia Profonda semplicemente riconosce una spiritualità nella Natura, cioè è sostanzialmente non-materialista, in accordo con i recenti studi sull’emergenza di fenomeni mentali nei sistemi complessi e sulla mancanza totale di discontinuità fra la nostra specie e gli altri animali. La differenza fra noi e uno scimpanzé bonobo è dell’ordine dell’uno per cento;
-    Il pensiero di Murray Bookchin può non essere condivisibile e la sua esaltazione presente nell’articolo è veramente eccessiva: dopo tutto continuava ad usare il solito linguaggio sociale (se volete, politico ed economico) non avendo una visione complessiva del campo scientifico-filosofico;
-    Nominare Arne Naess solo come “alpinista” (anche se è stato il primo salitore del Tirich Mir, la più alta montagna dell’Hindu Kush), quando è universalmente riconosciuto come il più grande filosofo norvegese (ebbe la cattedra di filosofia all’Università di Oslo all’età di 27 anni) è fortemente limitante della sua figura e della sua opera. Inoltre nell’articolo si cerca di denigrare e condannare il biocentrismo, ma si ignora completamente l’esistenza di un più profondo ecocentrismo proprio del pensiero di Naess e di chi ne segue la filosofia di fondo;
-    Tutto l’articolo è permeato da un sottofondo di pensiero giudaico-cristiano (o occidentale) considerato come ovvio e come “progresso”, dimenticando che sono esistite sulla Terra 5000 culture umane con sottofondo molto diverso;
-    La Natura è fortemente creativa come Complesso  (Ilya Prigogine: La Nuova Alleanza), non in quanto si esprime in una sola sua specie e in particolare in una cultura umana (l’Occidente). La creatività della Natura si manifesta in tutte le sue componenti;
-    Dal testo: Il rispetto per la Madre Terra, con questi e altri autori, è stato “caricato di miti biocentrici” provenienti da una credenza buddista e taoista in tale unità cosmica “che gli esseri umani, con tutte le loro peculiarità, vengono dissolti in una forma di uguaglianza biocentrica onnicomprensiva”. Questa affermazione mi sembra fortemente fuorviante ed espressa in termini quasi offensivi nei riguardi di due forme di pensiero (il Buddhismo e il Taoismo) fra le più profonde e spirituali mai comparse sulla Terra. Parlare di “credenza” e di “miti” come se si trattasse di superstizioni superate, quando, su un piano anche razionale, la visione giudaica-cristiana-islamica non regge un confronto obiettivo con queste visioni molto più “cosmiche”, generalizzanti e soprattutto permeate da un grande equilibrio;
-    Pensare solo alla “decarbonizzazione” è una limitazione eccessiva: non si tratta di cambiare le fonti energetiche, ma di cambiare il modo di pensare, cioè vedersi integrati in un Sistema molto più grande (la Natura) come spesso si consideravano i popoli nativi e molte culture di derivazione orientale;
-    La “singolarità dell’io” e la natura autocosciente solo della nostra specie oggi sembrano piuttosto un attaccamento alle idee di Cartesio piuttosto che frutto di conoscenza, dopo tutti gli studi e le prove di Konrad Lorenz, Jane Goodall, Frans de Waal, Gregory Bateson, Fritjof Capra, Rupert Sheldrake, per nominare solo i primi che mi vengono in mente. Infatti queste caratteristiche sono attribuibili anche a moltissimi altri esseri senzienti e agli esseri collettivi;
-    Quanto a “ridurre la popolazione umana, lasciando via libera alla malaria e alle carestie in modo da compensare la sovrappopolazione”, più che una citazione, mi sembra piuttosto una provocazione: l’unico modo per ridurre la popolazione umana in modo accettabile è la consapevolezza, o l’istruzione, se diffuse ovunque. Infatti è presumibile che una coppia consapevole e lontana da condizionamenti di istituzioni non desideri più di due figli: poiché una frazione non trascurabile dell’umanità è composta di individui che non formano coppia, o non desiderano figli, o non possono averne, l’umanità comincerebbe a calare di numero, seguendo un’esponenziale negativa, fino a pervenire, dopo alcuni secoli, a valori numerici accettabili.
  La civiltà industriale ha creato i problemi, che quindi non possono essere risolti nell’ambito di questa stessa civiltà e del suo sviluppo economico. La civiltà industriale procede con processi incompatibili con il sistema biologico terrestre, come è stato dimostrato (sulla base della dinamica dei Sistemi) anche nel libro Assalto al Pianeta di Pignatti e Trezza, che sono due Professori della Sapienza e non due ambientalisti fanatici. Il libro, pubblicato nel 2000, è passato completamente sotto silenzio.
   Ma i signori del COP25, nelle conclusioni finali, si sono limitati a qualche vaga promessa a lunga scadenza sulle emissioni e soprattutto non hanno nemmeno sfiorato i temi essenziali:
- Partire immediatamente con un efficace controllo delle nascite (l’istruzione e la consapevolezza sono essenziali);
- Abolire il primato dell’economia e non pensare più neanche lontanamente alla crescita;
- Abolire ogni estrazione e impiego di combustibili fossili e indirizzarsi sull’unica fonte energetica accettabile per la Terra: quella solare diretta (con consumi molto inferiori a quelli attuali).
  In ogni caso i discorsi si sono svolti con il solito linguaggio economico-sociale-politico, anche perché di solito chi va a questi Convegni non è neanche in grado di usare e comprendere un più solido linguaggio scientifico-filosofico.
   Il COP25 è stata la solita presa in giro per il mondo intero.