Il femminismo dell’Occidente porta alla guerra. Il vero diritto della donna è la diversità
di Hanieh Tarkian - 23/11/2025

Fonte: Come Don Chisciotte
In tempi di guerra e contrapposizione, di “Uomini contro“, per citare il celebre film di Francesco Rosi, ecco un appassionato dialogo fra due donne. Due donne, due mondi, che chi comanda i nostri governanti vuole l’uno contro l’altro: Marilina Veca, giornalista e autrice impegnata sul fronte umanitario e della pace, e l’italo-iraniana Hanieh Tarkian, studiosa e docente con un dottorato in Scienze Islamiche. Nonostante le provenienze diverse – Marilina impegnata nella battaglia di giustizia per le vittime da uranio impoverito, Hanieh esperta di geopolitica e religione – sono più vicine di quanto si possa immaginare. Il confronto si concentrerà su temi fondamentali come il dominio neocoloniale dell’Occidente, la ricerca del sacro e soprattutto il “femminismo”, oggi strumento di poteri transnazionali, che ha davvero poco a che fare con l’emancipazione della donna.
Marilina Veca (MV) – Negli ultimi tempi, grazie anche ad esperienze di vita, a percorsi di militanza e di scrittura, mi son trovata a riflettere sul cosiddetto femminismo, femminismo occidentale, neocoloniale, suprematista. Su questa concezione del femminile che si basa su cosiddetti “valori occidentali”, su modelli di “libertà” obbligati e obbliganti, su banali e ignoranti battaglie per “liberare” altre donne che hanno scelto altri modelli etici e di vita (vedi l’odioso discorso del velo…). Raccontami la tua esperienza…
Hanieh Tarkian (HT) – “La critica che hai sollevato riguarda la tendenza di un certo femminismo occidentale, a imporre modelli di libertà basati su presunti valori occidentali. Questa impostazione si manifesta in battaglie molto spesso volte a “liberare” donne che hanno scelto modelli etici e di vita diversi.
L’informazione occidentale pecca spesso di “islamofobia di genere” nel rappresentare le donne delle altre culture, soprattutto musulmane, e soprattutto se appartenenti a “Stati canaglia” come l’Iran. Gran parte delle affermazioni sono menzogne, molto spesso notizie singole vengono strumentalizzate per mettere in cattiva luce l’Islam o l’Iran, che sono visti come nemici delle “liberal-democrazie”.
Per esempio nel caso dell’Iran, è importante sapere che, sebbene in Iran esista un codice di abbigliamento che prevede la copertura del capo, questo non impedisce alle donne di partecipare attivamente alla vita sociale, pubblica e politica. Anzi, dopo la Rivoluzione Islamica del 1979, l’Iran ha registrato progressi significativi per le donne, solo per fare alcuni esempi:
La percentuale di ragazze tra gli studenti è passata da circa il 25% (ante-Rivoluzione) a più del 50%.
Il tasso di analfabetismo tra le donne è sceso dal 50-60% a meno del 10%.
Il numero di donne medico specialiste è aumentato di ben dodici volte.
Il codice di abbigliamento in Iran è conforme all’eredità culturale e religiosa del paese. Il velo appartiene alla tradizione culturale e religiosa iraniana da ben prima della Rivoluzione, l’Occidente ha il vizio di voler imporre i propri criteri al resto del mondo”.
MV – Mi sembra che ci sia un mondo da cambiare e un’umanità da re-inventare! e che il nemico vero sia ben altro e ben altrove da quello che « loro », le donne di quest’Occidente malato, definiscono patriarcato. Mi sembra che tutte le lamentazioni, le confessioni, gli intimismi siano una specie di distrazione prodotta ed incoraggiata dal potere per dividere le forze, per disperderci per i percorsi mielosi dei diritti civili, per accecarci e non farci vedere chi è davvero il nemico. Per te il nemico chi é?
HT – “Sono assolutamente d’accordo con te, dal mio punto di vista, il nemico sono l’egemonia globale e le forze imperialiste che cercano di destabilizzare i paesi sovrani, di creare guerre fra poveri, conflitti sociali tra gruppi etnici e religiosi e fra uomo e donna.
In particolare l’establishment americano e quelle che io definisco le élite mondialiste guerrafondaie. Questi gruppi cercano di preservare l’egemonia unilaterale, e soprattutto gli Stati Uniti sono un paese che vive e si nutre di crisi e destabilizzazioni, utilizza il divide et impera per creare conflitti interni ai paesi e alle società.
Questi gruppi vedono l’Iran come un nemico, la questione del velo e dei diritti delle donne è solo un pretesto per demonizzare l’Iran, il “peccato” dell’Iran è quello di essere un paese che non ha voluto allinearsi agli interessi degli Stati Uniti e cerca di essere indipendente e sovrano, preservando le proprie tradizioni culturali e religiose, e aiuta anche altri popoli, in Medioriente e non solo, a farlo. A uno stadio più ampio lo scontro a livello globale è tra l’unilateralismo atlantista e gli Stati che stanno cercando di favorire una transizione verso un mondo multipolare (come Iran, Russia e Cina)”.
MV – Nel mio percorso ho incontrato il pensiero di Houria Bouteldja che é stato molto importante per me (ho scritto la post-fazione a “I bianchi, gli ebrei e noi”) Le pagine che Houria dedica alle «donne indigene» e al ruolo che hanno nella lotta antirazzista e anticolonialista hanno cambiato la mia visione e mi hanno allontanato dal “femminismo” occidentale, banale, coloniale, separato da un progetto di umanità che coinvolga uomini e donne. Ci sono donne, uomini, pensatori, studiosi, che hanno influenzato il tuo percorso?
HT – “Assolutamente sì, sicuramente figure religiose, donne importanti della storia islamica che con il loro esempio possono aiutare la donna a ritrovare il suo ruolo dignitoso e reale. Figure chiave includono Fatimah Zahra, figlia del Profeta Muhammad, considerata “la signora delle donne del Paradiso”. Non è solo un modello per le donne, ma per tutti gli esseri umani. Raggiunse i più alti livelli di perfezione attraverso la sua servitù a Dio, la castità, la pudicizia e l’impegno per la famiglia e la difesa della verità. Maryam, la vergine madre di Gesù Cristo, l’unica donna citata per nome nel Corano. È un modello per tutti gli esseri umani, elogiata per la sua veridicità e la sua purificazione, dal Corano si può comprendere che ella era infallibile, un punto di riferimento e un modello di santità da seguire e imitare.
Tra le figure politico-religiose posso citare l’Imam Khomeini, che, con il suo carisma e la sua profonda conoscenza della spiritualità e della geopolitica, ha guidato un intero popolo verso un cambiamento epocale che ha influenzato il destino non solo dell’Iran ma anche di molti altri popoli. E il suo successore, l’Imam Khamenei, attuale Guida Suprema dell’Iran, purtroppo spesso censurato o presentato come dittatore dalla propaganda occidentale, in realtà è una figura con un grande carisma spirituale e profonde conoscenze strategiche. Entrambe queste guide spirituali hanno sempre sottolineato l’importanza del ruolo della donna, enfatizzando la necessità che essa svolga il suo ruolo vocativo nella società, a patto che sia presente come donna e non costruendosi un’identità falsa”.
MV – Houria scrive che occorre distinguere, accettare e preservare la parte di quella violenza maschile che resiste al potere occidentale — «poiché la disumanizzazione dell’uomo è un problema maggiore della realtà della dominazione maschile». Sei d’accordo? Si tratta di una provocazione o invece di un percorso indicato per uscire da buchi, trappole, recinti col filo spinato costruiti dall’egemonia bianca e scavati per la schiavitù e la colonizzazione?
HT – “La società ultracapitalista occidentale vede la donna (e l’uomo) solo come un “oggetto” o uno “strumento” da sfruttare, violando la loro dignità.
Vi è quello che io definisco un tentativo di “usurpazione della signoria ontologica di Dio” che chiede alla donna di non essere più donna e all’uomo di non essere più uomo. Vengono bocciate come negative caratteristiche tipicamente maschili (virilità) e femminili (emotività), generando confusione. Molti movimenti che dicono di difendere i diritti della donna, in realtà combattono affinché la donna “diventi uomo”, il che è una snaturazione e degenerazione dell’identità femminile.
In questa prospettiva, se la lotta per l’emancipazione porta alla perdita dell’identità naturale di entrambi i generi e serve un sistema ultra-capitalista, allora la “disumanizzazione” (o alienazione) di uomini e donne dai loro ruoli intrinseci e spirituali è un problema fondamentale che deve essere affrontato in una visione globale del cambiamento”.
MV – Ciò che può unirci é una comunità di esperienze del dominio capitalista e coloniale, quali che siano le forme che esso assume a seconda della nostra appartenenza di genere o di classe. E per me, é importante riconoscere un percorso spirituale e la presenza di Dio nella nostra storia. Per te?
HT – “Sono sicuramente d’accordo sull’importanza di entrambi questi elementi per l’unità e la lotta: la consapevolezza del dominio e la guida spirituale.
Dobbiamo rifiutare l’autorità di coloro che si pongono al posto di Dio (i moderni “Faraoni”) e pretendono di gestire le vite degli altri in nome dei loro interessi, senza legittimità. Il nemico è l’oppressione e la pretesa di gestire le nostre vite in nome degli interessi di entità senza legittimità.
Io credo che la guida divina sia l’unica fonte di conoscenza sicura e il mezzo per raggiungere la beatitudine. Solo Dio, in quanto Creatore, conosce perfettamente la Sua creatura e può guidarlo verso un benessere terreno e la felicità ultraterrena. L’essere umano che cerca la verità deve rivolgersi alla guida divina per sviluppare le proprie potenzialità. Il vero significato di empowerment seguire gli insegnamenti religiosi e i modelli offerti dalla religione. Il modello religioso è fondamentale per salvare la società moderna dal degrado. Esso dà importanza alla castità, alla pudicizia, alla moralità, alla spiritualità e al ruolo della famiglia, che è il nucleo della società”.
MV – Bouteldja indica un cammino molto lontano dalle chimere femministe, dai mantra ripetuti e ossessivi come “il mio corpo mi appartiene”. «Il mio corpo non mi appartiene- dice Bouteldja- Nessuna autorità morale mi farà assumere la parola d’ordine delle femministe bianche». «Per me, il femminismo fa effettivamente parte dei fenomeni europei esportati e coloniali» sostiene ancora Bouteldja. Questo modo di vedere le cose é entrato nel mio lessico quando ho cominciato a comprendere l’importanza della decolonizzazione dell’esistente, a pensare che la critica si sviluppa a partire dai movimenti decoloniali e di lotta che criticano il femminismo occidentale per la focalizzazione sulla sessualità e la vittimizzazione delle donne, per la tendenza a cercare la soddisfazione di rivendicazioni legate ai diritti civili invece di una trasformazione radicale. Io ricerco una visione globale del cambiamento e della rivoluzione. E vorrei sviluppare riflessioni che suggeriscano un’altra etica del femminile, in relazione all’umano e allo spirituale. Cosa ne pensi?
HT – “Condivido la critica al femminismo occidentale: è un fenomeno coloniale, che si focalizza prevalentemente sulla dimensione materiale della vita, portando la donna a una nuova forma di emarginazione. La ricerca dei diritti civili è in realtà una distrazione che impedisce una trasformazione radicale. Il desiderio di uguaglianza con l’uomo è un obiettivo paradossale e la “più grande offesa per una donna”, in quanto la realizzazione è spesso misurata solo in base alla carriera o alla presenza “dove c’è l’uomo”. Slogan come “il mio corpo mi appartiene” (o il “diritto all’aborto”) sono parte di una propaganda ultralaicista che porta all’alienazione della donna dalla sua natura e sostiene la “cultura della morte”.
L’alternativa è un modello morale e spirituale, che tenga conto sia della dimensione materiale che spirituale dell’essere umano. Questa visione si basa sul fatto che uomo e donna sono effettivamente diversi e si completano a vicenda, esprimendo la bellezza della creazione divina. La donna deve ambire a realizzare la propria natura peculiare come donna, che include l’inclinazione ad accogliere la vita, anche se questo non significa necessariamente diventare madre, e il ruolo cruciale nella famiglia, senza doversi snaturare imitando l’uomo”.
MV – Il femminismo occidentale inizia a connotarsi con una prospettiva eurocentrica e occidente-centrica, nega la dimensione coloniale e capitalista dell’oppressione, che plasma le relazioni di genere e razza in modo conforme a interessi di profitto. E non sopporto più che qualcuno parli di valori occidentali, di supposta oppressione dell’Islam sulle donne, di pretesa suprematista di imporre un modo di essere, di vestire, di agire. E tu? registri ancora banalità e ottusità sull’Islam vivendo a Roma?
HT – “Sono d’accordo, soprattutto considerata la diffusa disinformazione e l’uso di “doppi standard” da parte dei media mainstream occidentali.
L’Occidente usa il pretesto dei diritti umani, e in particolare quelli delle donne, per giustificare guerre e invasioni, spesso basandosi su notizie false o strumentalizzate. I media mainstream sono inaffidabili e parziali, soprattutto quando si parla di “paesi canaglia”, infatti il 90% delle notizie sull’Iran, specialmente sulle donne, sono menzogne.
Ogni popolo ha il diritto di preservare la propria identità e la propria cultura.
La persistenza di queste narrazioni è funzionale alla costruzione del “nemico necessario” per giustificare le politiche di destabilizzazione. Il problema dell’Iran, come detto, non è il velo; se non ci fosse quella scusa, ne troverebbero un’altra per destabilizzare un paese indipendente e sovrano. Purtroppo l’islamofobia e l’iranofobia sono strumenti di propaganda utilizzati per imporre determinati interessi e modi di vivere e pensare, tuttavia grazie a Dio, molti individui se ne stanno rendendo conto”.
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Intervista di Marilina Veca per ComeDonChisciotte.org

