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Il “nuovo, violento sionismo” di Israele è foriero di una geopolitica imperiale di sottomissione e obbedienza

di Alastair Crooke - 03/09/2025

Il “nuovo, violento sionismo” di Israele è foriero di una geopolitica imperiale di sottomissione e obbedienza

Fonte: Come Don Chisciotte

La strategia di Israele degli ultimi decenni continua a basarsi sulla speranza di ottenere una letterale e chimerica “de-radicalizzazione” dei palestinesi e della regione in generale, una de-radicalizzazione che renderebbe “Israele sicuro”. Questo è stato l’obiettivo del “Santo Graal” per i sionisti fin dalla fondazione di Israele. La parola d’ordine per questa chimera oggi è “accordi di Abramo”.

Ron Dermer, ministro degli Affari strategici di Netanyahu, ex ambasciatore israeliano a Washington ed importante “eminenza grigia” di Trump – scrive Anna Barsky su Ma’ariv (in ebraico) del 24 agosto – “vede la realtà con freddi occhi politici. È convinto che un vero accordo [su Gaza] non sarà mai concluso con Hamas, ma [solo] con gli Stati Uniti”. Ciò che serve, dice Dermer, è l’adozione da parte degli americani dei principi di Israele, gli stessi cinque punti approvati dal Gabinetto: disarmo di Hamas, restituzione di tutti gli ostaggi, completa smilitarizzazione di Gaza, controllo della sicurezza israeliana nella Striscia – e un governo civile alternativo che non sia Hamas e non sia l’Autorità Palestinese“.

Dal punto di vista di Dermer, un accordo per il rilascio parziale degli ostaggi – che Hamas ha accettato – sarebbe un disastro politico. Al contrario, se Washington approvasse il risultato di Dermer – come un “piano americano” – secondo laBarsky: “avremmo una situazione in cui tutti ne trarrebbero vantaggio“. Inoltre, nella logica di Dermer, “la semplice apertura di un accordo parziale darebbe ad Hamas una finestra di due o tre mesi, durante la quale potrà rafforzarsi e persino cercare di ottenere uno ‘scenario finale’ diverso da quello degli americani – uno che si adatti meglio [ad Hamas]“. “Questo, secondo Dermer, è lo scenario veramente pericoloso“, scrive la Barsky.

Dermer ha insistito per anni sul fatto che Israele non può avere la pace senza una preventiva “de-radicalizzazione trasformativa” di tutti i palestinesi. “Se lo faremo bene“, dice Ron Dermer, “renderà Israele più forte – e anche gli Stati Uniti!”.

Qualche anno prima, quando a Dermer era stato chiesto quale fosse, a suo avviso, la soluzione al conflitto palestinese, aveva risposto che sia la Cisgiordania che Gaza dovevano essere completamente disarmate. Tuttavia, più importante del disarmo, era l’assoluta necessità di “de-radicalizzare” tutti i palestinesi.

Quando gli era stato chiesto di approfondire l’argomento, Dermer aveva sottolineato con approvazione l’esito della Seconda Guerra Mondiale: i tedeschi erano stati sconfitti, ma soprattutto i giapponesi erano stati completamente “de-radicalizzati” e resi docili alla fine della guerra:

Il Giappone ha avuto le forze statunitensi per 75 anni. La Germania – forze statunitensi per 75 anni. E, se qualcuno pensa che all’inizio fosse un accordo, si prende in giro da solo. Era stato imposto, poi avevano capito che la situazione era un bene per loro. E, col tempo, c’è stato un interesse reciproco a mantenerla“.

Trump è consapevole della tesi di Dermer, ma sembra che sia Netanyahu a vacillare istintivamente, così scrive la Barsky:

“Un accordo parziale [con Hamas] porterebbe quasi certamente alle dimissioni di Smotrich e Ben Gvir [dal governo]… Il governo cadrebbe a pezzi… Un accordo parziale significherebbe la fine del governo dell’ultra-destra… Netanyahu lo sa bene, per questo la sua esitazione è così difficile. Eppure, c’è un limite a quanto si può tenere il piede in due scarpe”.

Trump sembra accettare la “tesi Dermer”: “Penso che vogliano morire, ed è molto, molto brutto“, ha detto Trump di Hamas prima di partire per il suo recente viaggio di fine settimana in Scozia. “È arrivato a un punto in cui voi [cioè Israele] dovrete finire il lavoro“.

Ma l’idea di Dermer che gli avversari siano consci della sconfitta non riguarda solo Hamas. Si estende a tutti i palestinesi e alla regione nel suo complesso e, naturalmente, anche all’Iran.

Gideon Levy scrive che dobbiamo ringraziare l’ex capo dell’Intelligence militare, Aharon Haliva, per aver ammesso su Canale 12 che:

“Abbiamo bisogno di un genocidio ogni pochi anni; l’omicidio del popolo palestinese è un atto legittimo, persino essenziale”. Ecco come parla un generale ‘moderato’ dell’IDF… uccidere 50.000 persone è “necessario”.

Questa “necessità” non è più “razionale”. Si è trasformata in sete di sangue. Benny Barbash, un drammaturgo israeliano, scrive dei molti israeliani che incontra, anche alle manifestazioni a favore di un accordo sui prigionieri-ostaggi, che ammettono francamente:

“Senti, mi dispiace molto dirtelo, ma i bambini che muoiono a Gaza non mi preoccupano affatto. Né la fame che c’è o non c’è. Non mi interessa affatto. Ve lo dico chiaramente: Per quanto mi riguarda, lì possono morire tutti”.

Genocidio come eredità dell’IDF, per il bene delle generazioni future; per ogni [israeliano] il 7 ottobre, 50 palestinesi devono morire. Non importa, anche i bambini. Non parlo per vendetta, ma per dare un messaggio alle generazioni future. Non c’è niente da fare, hanno bisogno di una Nakba ogni tanto per sentirne il prezzo“, dice sobriamente Gideon Levy citando le parole del generale Haliva (grassetto aggiunto).

Questo deve essere inteso come un profondo cambiamento all’interno del nucleo del pensiero sionista (da Ben Gurion a Kahane). Yossi Klein scrive (in Haaretz Hebrew) che:

“Siamo effettivamente nella fase della barbarie, ma questa non è la fine del sionismo… [Questa barbarie] non ha ucciso il sionismo. Al contrario, lo ha reso rilevante. Il sionismo ha avuto diverse versioni, ma nessuna assomigliava al nuovo sionismo, aggiornato e violento: il sionismo di Smotrich e Ben-Gvir…

Il vecchio sionismo non è più attuale. Ha fondato uno Stato e ha fatto rivivere la sua lingua. Non ha più obiettivi… Se oggi chiedete a un sionista che cos’è il suo sionismo, non saprebbe rispondere. Sionismo è diventato una parola vuota… Finché non è arrivato Meir Kahane. È arrivato con un sionismo aggiornato i cui obiettivi sono chiari: espellere gli arabi e insediare gli ebrei. È un sionismo che non si nasconde dietro belle parole. ‘Evacuazione volontaria’ fa ridere. ‘Trasferimento’ lo incanta. È orgoglioso dell’’apartheid’… Essere sionista oggi significa essere Ben-Gvir. Essere non sionisti significa essere antisemiti. Un antisemita [oggi] è qualcuno che legge Haaretz…”.

Smotrich ha dichiarato questa settimana che il popolo ebraico sta “vivendo fisicamente, il processo di redenzione e il ritorno della presenza divina a Sion – mentre si impegna nella ‘conquista della terra’”.

È questo filone di pensiero apocalittico che si sta riversando nell’amministrazione Trump nelle sue varie forme: Sta metamorfosando la postura etica dell’Amministrazione verso una posizione dove “la guerra è guerra e deve essere assoluta”. Tutto ciò che è meno deve essere visto come una mera postura morale. Questa è la concezione talmudica derivante dalla storia dell’eliminazione di Amalek (si veda Jonathan Muskat in Times of Israel).

Così possiamo capire la nuova tendenza di Washington a decapitare le leadership intransigenti (Yemen, Siria e Iran); il sostegno alla neutralizzazione politica di Hizbullah e degli sciiti in Libano; la normalizzazione dell’assassinio dei capi di Stato recalcitranti (come è stato proposto per l’Imam Kamenei); e il rovesciamento delle strutture statali (come previsto per l’Iran il 13 giugno).

La trasformazione di Israele in questo sionismo revisionista – e la sua influenza su settori chiave del pensiero statunitense – è proprio il motivo per cui la guerra tra Iran e Israele viene percepita come inevitabile.

All’inizio di questa settimana, la Guida Suprema dell’Iran ha articolato in modo esplicito la sua comprensione di queste implicazioni in un discorso pubblico:

“Questa ostilità [americana] persiste da 45 anni, attraverso diverse amministrazioni, partiti e presidenti statunitensi. Sempre la stessa ostilità, sanzioni e minacce contro la Repubblica islamica e il popolo iraniano. La domanda è: perché?

In passato, avevano nascosto il vero motivo dietro etichette come terrorismo, diritti umani, diritti delle donne o democrazia. Se lo dichiaravano, lo inquadravano in modo più educato, dicendo: ‘Vogliamo che il comportamento dell’Iran cambi’.

Ma l’uomo in carica oggi in America l’ha tradito. Ha rivelato il vero obiettivo: ‘Il nostro conflitto con l’Iran, con il popolo iraniano, è perché l’Iran deve obbedire all’America’. Questo è ciò che noi, la nazione iraniana, dobbiamo capire chiaramente. In altre parole: una potenza mondiale si aspetta che l’Iran – con tutta la sua storia, la sua dignità e la sua eredità di grande nazione – sia semplicemente sottomesso. Questa è la vera ragione di tutta l’inimicizia.

Anche coloro che sostengono: ‘Perché non negoziare direttamente con l’America per risolvere i vostri problemi?’ guardano solo alla superficie. Non è questo il vero problema. Il vero problema è che gli Stati Uniti vogliono che l’Iran obbedisca ai loro ordini. Il popolo iraniano è profondamente offeso da questo grande insulto e si opporrà con tutte le sue forze a chiunque nutra nei suoi confronti queste false aspettative… il vero obiettivo degli Stati Uniti è la sottomissione dell’Iran. Gli iraniani non accetteranno mai questo ‘grande insulto'”.

La “de-radicalizzazione”, nell’accezione della tesi di Dermer, significa installare un “dispotismo simile a un Leviatano che riduca la regione a una totale impotenza – compresa quella spirituale, intellettuale e morale. Il Leviatano totale è un potere unico, assoluto e illimitato, spirituale e temporale, sugli altri esseri umani“, come ha osservato il dottor Henri Hude, ex capo del Dipartimento di Etica e Diritto della prestigiosa Accademia militare francese di Saint-Cyr.

Anche l’ex difensore civico dell’IDF, il Generale Maggiore (Res) Itzhak Brik, ha avvertito che la leadership politica israeliana sta “giocando con l’esistenza stessa di Israele“:

“Vogliono ottenere tutto attraverso la pressione militare, ma, alla fine, non otterranno nulla. Hanno messo Israele di fronte a due situazioni impossibili: lo scoppio di una vera e propria guerra in Medio Oriente e il proseguimento della guerra di logoramento. In entrambe le situazioni, Israele non potrà sopravvivere a lungo”.

Così, mentre il sionismo si trasforma in quello che Yossi Klein ha definito la “barbarie all’ultimo stadio”, sorge la domanda: la “guerra senza limiti” potrebbe funzionare, nonostante il profondo scetticismo di Hude e Brik? Potrebbe questo “terrore” israeliano imporre ai Paesi del Medio Oriente una resa incondizionata “che li cambierebbe profondamente, militarmente, politicamente e culturalmente e li trasformerebbe in satelliti israeliani all’interno di una Pax Americana globale?“.

La risposta chiara che il dottor Hude dà nel suo libro Philosophie de la Guerre è che la guerra senza limiti non può essere la soluzione, perché non può fornire una “deterrenza” o una de-radicalizzazione di lunga durata:

“Al contrario, è la causa più certa della guerra. Smettendo di essere razionale, disprezzando gli avversari che sono più razionali di lui, suscitando gli avversari che sono ancora meno razionali di lui, il Leviatano cadrà e, anche prima della sua caduta, nessuna sicurezza è assicurata”.

Hude pensa anche che questa estrema e illimitata “volontà di potenza” debba necessariamente contenente al suo interno la psiche dell’autodistruzione.

Per funzionare, un Leviatano deve rimanere razionale e potente. Se cessa di essere razionale, disprezzando gli avversari più razionali e facendo arrabbiare quelli meno razionali di lui, il Leviatano deve cadere – e cadrà.

È proprio per questo che l’Iran, già ora, sa di doversi preparare alla Grande Guerra quando il Leviatano “sorgerà”. E lo stesso deve fare la Russia, perché si tratta di un’unica guerra condotta contro i recalcitranti al nuovo ordine americano.

 

Fonte: strategic-culture.su
Link: https://strategic-culture.su/news/2025/09/01/israels-new-violent-zionism-as-a-harbinger-of-imperial-geo-politics-of-submission-and-obedience/
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org