Immigrazione: l'asservimento del governo Meloni ai parassiti di Confindustria
di Riccardo Paccosi - 13/07/2025
Fonte: Riccardo Paccosi
Mi sono spesso chiesto perché mai, in certa narrazione di destra, venisse dato tanto risalto al tema dei "clandestini" piuttosto che a quello generale dei flussi migratori.
Mi rispondevo che il motivo potesse essere legato al fatto che la funzione della destra sia stata spesso quella di orientare il conflitto verso il basso anziché verso l'alto: dunque la retorica sui clandestini - ipotizzavo - serviva a volgere il disagio derivante dai costi sociali dell’immigrazione verso gli immigrati stessi anziché verso i teorici e fautori dell'immigrazione illimitata.
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Suddetta tesi, ebbene, oggi penso sia corretta ma anche ingenuamente parziale.
Il Governo Meloni, che si è attribuito con toni trionfali il risultato d’un dimezzamento dei flussi d'ingresso nel 2024, ha pochi giorni fa approvato il Decreto Flussi 2026-2028, che prevede l'accoglimento in Italia di 500.000 immigrati da lavoro nel prossimo triennio, ovvero 160.000 all'anno. Qualunque persona che abbia vissuto a stretto contatto col mondo dell’immigrazione sa bene che, a ogni semaforo verde annunciato dal governo italiano, corrisponde altresì un aumento dell’immigrazione irregolare.
Quindi, sarebbe lecito domandarsi: cos’ha spinto un governo avente una base elettorale certamente contraria all'immigrazione illimitata, a prendere una decisione tanto autolesionista?
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La risposta, ebbene, suggerisco di cercarla nell’ultimo rapporto annuale di Confindustria, datato ottobre 2024 e intitolato I Nodi Della Competitività (link nello spazio commenti).
In questo documento, ebbene, si enuncia che il crollo demografico del paese rischia di generare una carenza enorme di manodopera e, pertanto, questo problema può essere risolto esclusivamente con un aumento dei flussi d’ingresso pari a 120.000 immigrati all’anno.
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Trovo intellettualmente umiliante dover stare a spiegare perché quello sopra esposto sia nulla più che un gioco di prestidigitazione retorica e dal contenuto eticamente irricevibile, ma capisco anche di non potermi del tutto sottrarre.
In buona sostanza, il gioco retorico consta dell’assumere con fatalismo l’ineluttabilità e l’irreversibilità del declino sociale, produttivo e culturale dell’Italia.
Qualunque visione volta all’amor di patria, al benessere popolare o all'emancipazione delle classi povere, infatti, parlerebbe di agire sui fattori di crisi: quelli sociali e culturali inerenti alla diminuzione della natalità, quelli economici aventi generato una fuga dei giovani lavoratori italiani all’estero pari a 3 milioni di persone negli ultimi decenni e, infine, quelli politico-economici facenti sì che per milioni di giovani sotto-occupati sia tecnicamente impossibile accettare - tanto per fare un esempio esperito di persona - un lavoro di facchinaggio da 40 ore settimanali pagato 700 euro al mese.
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Il punto è che la visione di Confindustria non coincide affatto con una visione dell’Italia, bensì ha a che fare solo col profitto di brevissimo periodo per una manciata di capitalisti parassiti e straccioni, volti a cronicizzare e rendere irreversibile il declino del paese.
Parimenti, i dirigenti di Fratelli d’Italia e della Lega – che col succitato Decreto Flussi non si sono limitati ad accogliere l'indicazione di Confindustria ma hanno addirittura rilanciato da 120.000 a 160.000 ingressi l’anno - non sono mai stati né mai saranno all’altezza d’un pensiero riguardante l’Italia e il popolo italiano, ma solo del gestire l'esistente, per dirla alla Mario Draghi, col pilota automatico.
Questi buffoni possono usare il pugno duro, come a suo tempo Salvini, contro un singolo barcone di irregolari per poi, dopo aver distratto a dovere l’opinione pubblica sul tema dei clandestini, approvare un progetto sull'immigrazione da lavoro che invera le più radicali teorie cospirazioniste sulla sostituzione della forza-lavoro europea.
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A questa situazione generata dall'attuale governo di destra, però, certamente non può opporsi la sinistra.
Se la destra cavalca il malcontento sull’immigrazione per poi tradirlo, la sinistra ha invece una posizione negazionista riguardo alle istanze di suddetto malcontento.
Infatti, tanto la sinistra globalista del PD quanto quella movimentista e radicale, portano avanti da trent’anni una visione politica che può essere così facilmente riassunta: l’immigrazione dev’essere illimitata, i costi sociali di tale assenza di limite non esistono e chi ne denuncia l’esistenza è un razzista.
Eppure, l’8-9 giugno è stato possibile ravvisare un segnale di cambiamento proprio nella base della sinistra: quest’ultima ha infatti per il 40% votato NO al referendum sull’estensione del diritto di cittadinanza, confutando la totalità dei propri leader e portavoce.
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Il problema è che, riguardo all’immigrazione, non si tratta più solo di assumere con trent’anni di ritardo le categorie della critica dell'economia politica quali esercito industriale di riserva e dumping salariale: le crescenti turbolenze socaili in Germania, in Francia e pochi giorni fa persino in Spagna, denotano una crisi che non è solo leggibile in termini socio-economici ma che riguarda in profondità la dimensione antropologico-culturale, ovvero l’implosione d'un paradigma multiculturale che la classe padronale sovranazionale ha voluto imporre ai popoli a scopo di sottomissione e di sfruttamento.
Sulla base di quanto esposto, una prospettiva di cambiamento può discendere solo da una visione autonomamente popolare e che sappia schierarsi contro la destra e contro la sinistra.