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L’assiomatica dell’interesse: i dazi, le forniture d’armi e la “ricostruzione” Ucraina

di Francesco Marotta - 13/07/2025

L’assiomatica dell’interesse: i dazi, le forniture d’armi e la “ricostruzione” Ucraina

Fonte: GRECE Italia

Sono dazi e contro dazi
Il rapporto tra servo e padrone ha perso da lungo tempo le specifiche descritte da Hegel. Fatto sta che, così come si evince dalle ultime notizie, toccherà alla UE subire il 30% di dazi per le esportazioni in USA. Il problema principale: erigere la UE solo su basi economiche e di mercato, scegliendo volutamente un ruolo da subalterno della Politica. Dunque, sono dazi nostri. Il padrone comanda ed i servi ubbidienti eseguono? Il rapporto supino, dobbiamo dirlo, è principalmente quello dell’Italia. È forse uno dei Paesi membri dell’UE più ubbidiente ai diktat di Washington, cosa abbastanza arcinota anche agli altri membri di questo insieme burocratico, libero-scambista,  incapacitante e fortemente economicista della UE. Ma andiamo nel dettaglio, del rapporto che intercorre tra servo e padrone, dato che non basta provvedere a delle contromisure sui dazi USA per spostare di una virgola questo rapporto.

Le fornitura di armi
Dunque, il padrone impone che la UE debba provvedere autonomamente alla propria sicurezza, compreso l’ipotetico riarmo. Scritto così, parrebbe quasi auspicabile. Peccato però, altra cosa abbastanza chiara, che le armi per il riarmo debbano essere acquistate direttamente dal padrone, salvo rare eccezioni tedesche, vedasi l’azienda Rheinmetall o italiane, parecchio attive sul mercato internazionale, vedasi Leonardo, Fincantieri, Iveco Defence Vehicles, Oto Melara, etc. Il riarmo francese è in panne, uno dei motivi principali che frena la spesa militare è il debito. Macron, nel corso degli anni, ha smantellato il comparto militare dalla A alla Z e di certo non sarà il debito comune o “l’austerità da riarmo” a salvargli la cadrega.
La Spagna, con una delle poche mosse azzeccate del Governo spagnolo, ha già fatto sapere che non ha nessuna intenzione di spendere il 5% del PIL per il riarmo devoluto alla NATO. Perché di fatto, ciò che evitano di dire gli illustri araldi dell’eurocentrismo bruxelliano, trattasi sì di un riarmo ma  sarebbe principalmente ad appannaggio della NATO. E l’Italia? Il Governo italiano pare intenzionato ad aumentare la spesa militare al 2-3% del PIL, mettiamoci tutto ciò che comporta un aumento del genere, comprando ancor più armi dagli USA. Una mossa “azzeccata” se non fosse che quelle armi verranno riutilizzate contro dei nemici che sono poi quelli degli USA.
Altra cosa importante: il riarmo della UE poco include gli interessi europei e tanto quelli del padrone, il quale non ha nessuna intenzione di difendere “i Paesi NATO che non pagano abbastanza” per il sostentamento di un organismo il quale, finita la Seconda Guerra Mondiale e la  Cortina di Ferro, non ha più ragione di esistere. Il padrone comanda, il servo obbedisce ed Hegel ha sopravvalutato la sua “Fenomenologia dello Spirito”. Alla luce di quanto emerge, andrebbe riscritta da capo a piedi.

La ricostruzione Ucraina
Il padrone getta in pasto ai servi la mangiatoia Ucraina, ma non fa niente per niente, “La Conferenza sulla Ripresa dell’Ucraina 2025” organizzata dal Governo italiano ne è un esempio? In parte sì e in parte no. Gli argomenti principali della conferenza: https://www.esteri.it/it/eventi/urc2025/
Dunque, come già abbiano avuto modo di dire già ai primi vagiti del conflitto russo-ucraino, toccherà alla UE ricostruire l’Ucraina a proprie spese. La Commissione Europea ha varato il Fondo europeo per la ricostruzione in Ucraina, “un fondo equity pubblico-privato mai concepito in Europa, al quale hanno già aderito Italia, Francia, Germania, Polonia e la Banca europea per gli investimenti”.
Tradotto con parole comprensibili, significa: la mobilitazione di capitali ingenti nei settori dell’energia, della sanità, dei trasporti, delle infrastrutture, del digitale, delle materie prime e dell’industria ad appannaggio dei privati e a strozzo sia degli europei e sia degli ucraini, mediante un primo fondo di investimento pari a 2.2 miliardi di euro, reso noto durante dell’Ukraine Investment Framework. Tutto questo mentre il Presidente Ucraino Volodymyr Zelensky ha richiesto a più riprese la produzione di droni, batterie antimissile e nuove forniture di armi.
La situazione è questa: Berlino acquisterà armi dagli USA per fornire a Kiev il necessario (Patriot americani); l’Italia rafforzerà la cooperazione tra le industrie della difesa italiana ed ucraina; Trump ha assicurato che provvederà all’assistenza militare, annunciando un nuovo pacchetto militare per l’Ucraina, mettendo in chiaro che tutto passerà attraverso la NATO e non in via diretta. Vale a dire, sempre che qualcuno abbia ancora dei dubbi, a spese di quei 30 Paesi europei che fanno parte dell’organizzazione. Il discorso riguardante il know how militare delle conoscenze ucraine “acquisite” nel corso della guerra, sarà pari ad un investimento di 50 milioni della UE e 50 milioni dell’Ucraina (c’è da chiedersi la provenienza dei fondi ucraini), così come già stabilito dalle linee guida del Brave Tech Eu che lasciano ancora più perplessi.
L’Italia inoltre, dovrebbe rivestire un ruolo chiave anche per il know how digitale in Ucraina. Il Ministro Paolo Zangrillo, notizia passata in sordina, durante il workshop promosso con  l’Ocse ha evidenziato le convergenze che intercorrono tra il Pnrr italiano e l’Ukraine Facility Plan. Molto più semplicemente, il Governo italiano assicurerà il sostegno ai comparti ucraini della digitalizzazione, della semplificazione e della valorizzazione del capitale umano. Detto poi dal Governo italiano i dubbi diventano certezze…
Nel senso che, proprio a riguardo della non  semplificazione, della burocrazia e della digitalizzazione che tutt’ora è agli ultimi posti in Europa, viene da chiedersi se questo know how altro non sia che lo sperpero di una parte delle rate del Pnrr, che invece di essere devolute per il miglioramento della situazione in Italia finiranno in Ucraina? A proposito di cappi, il Pnrr tale si è rilevato appena dopo i vagiti contro Bruxelles del poco solido Governo giallo-verde, l’intenzione è quella di mobilitare molte aziende italiane che troveranno “terreno fertile” per la ricostruzione Ucraina?
Non è da escluderlo, ma se così fosse a quale prezzo? Dopotutto, come abbiamo visto  a finanziare quelle imprese di Stato e private saranno gli europei con un  ulteriore cappio al collo, così come lo saranno gli stessi ucraini che dovranno in qualche modo provvedere a ripagare gli investimenti per la ricostruzione.
Questo, mentre il padrone ordina di armarsi e partire a spese proprie, a seconda delle necessità USA e per il tornaconto dell’industria militare americana. La NATO serve eccome, è un comodo USAto sicuro e servo e padrone non sono mai stati così riconoscibili nei rispettivi ruoli.