Impariamo a "raccontare" la realtà con lenti diverse
di Antonio Catalano - 15/09/2025
Fonte: Antonio Catalano
Gli ambienti cosiddetti progressisti hanno un’impostazione mentale secondo la quale se la realtà non si presenta secondo le forme combacianti con la propria idea “illuminata” questa è sicuramente espressione dell’oscurità figlia della reazione, quindi fa schifo. Motivo per cui costoro li vediamo sempre col ditino puntato, sempre a dare lezioni, il popolo gli va bene solo se scimmiotta comportamenti ritenuti giusti, altrimenti è bue, agisce con la pancia e secondo i peggiori istinti primordiali.
È quell’atteggiamento “illuministico” che presume che la Ragione sia la propria ragione e chi non la riconosce è perché è rozzo, barbaro e cose di questo genere, e gli “illuminati” non possono che impartire lezioni dall’alto della propria (presunta) superiorità morale. Sia il caso che questi ambienti oggi si considerino di sinistra, se non addirittura comunisti, si capisce poi perché chi non condivide (o non sopporta, viva la pancia!) questa supponenza è tacciato d’essere di destra, di estrema destra, il fascista risolve tutto.
A proposito di certi atteggiamenti neo-aristocratici, mi vengono in mente certi comunisti “duri e puri” per cui quando i proletari in carne e ossa non scendevano in strada rivendicando la rivoluzione e il comunismo, venivano o ignorati o considerati riformisti o addirittura reazionari. C’è un film che spiega questo modo di fare, quello di Elio Petri “La classe operaia va in paradiso”, in cui un operaio di fabbrica (interpretato da un magistrale Gian Maria Volontè) si fa convincere a “fare” la rivoluzione da studenti universitari estremisti i quali, dopo che lui (Lulù) è licenziato, è abbandonato alla sua sorte.
Secondo questi i lavoratori, i proletari, il popolo meritano d'essere presi in considerazione solo e quando si esprimono nei modi e nelle vesti del protocollo di turno previsto dalle élite al potere. Oggi il protocollo previsto dal potere liberal globalista è il Politicamente Corretto, con tutta la sua fuffa ideologica woke, gender, (presuntamente) antirazzista, immigrazionismo, green… Non inginocchiarsi a esso significa rischiare di non essere ammessi nei circoli che contano, compromettere una carriera, in alcuni casi essere sospesi dal lavoro, in altri ancora arrestati, in altri ancora eliminati come nel caso di Charlie Kirk.
L’uccisione di Kirk, che (giustamente) ha scatenato una grande onda emotiva, e di sdegno, ha costretto le truppe cammellate al servizio del Politicamente corretto (ideologia della classe dominante liberal globalista) a scopiazzarsi a vicenda nel dire che il 31enne era omofobo, razzista, violento… di estrema destra, quindi se l’è cercata, alcuni hanno persino detto che va bene così, uno di meno.
Ma nessuno di costoro si è presa la briga di informarsi seriamente, senza limitarsi a estrapolare qui e là passaggi scabrosi, ascoltando e leggendo per intero i suoi interventi. Probabilmente si sarebbero resi conto che non era proprio come i sicofanti di mestieri andavano propalando. Non per condividere le ragioni di Kirk, ma solo per capire meglio, soprattutto per capire la ragione del suo “successo”, per capire perché milioni di giovani in Usa (ma anche da noi) lo seguivano con ammirazione, o erano semplicemente incuriositi dai suoi “strani” discorsi. Nei suoi interventi Kirk affrontava temi molto sentiti dai giovani bombardati dalla propaganda “progressista”. Facilmente si trova in rete il video di un dialogo con uno studente che si definisce transgender deciso a cambiare sesso. Kirk ascolta il ragazzo con attenzione e risponde con garbo, senza offenderlo, solo invitandolo a fare «molta attenzione prima di introdurre i farmaci nel suo corpo» e di «aspettare una diagnosi» e di riflettere molto e a lungo.
Ripeto quanto scritto precedentemente, il punto non è abbracciare il pensiero di Kirk, è semplicemente sforzarsi di capire che lui esprimeva un’esigenza reale maturata in una società nichilista e profondamente disorientata, non a caso godeva di tanto seguito. Invece il “progressismo”, risolve la faccenda tacciando Charlie Kirk di estremismo di destra, e buona notte al secchio.
E torniamo al punto di partenza, non si può valutare un movimento sociale in base alla bandiera che sventola, foss’anche brutta e puzzolente non è a essa che bisogna rivolgere l’attenzione, ma alle ragioni profonde di chi quella bandiera sventola.
Andiamo a un altro fatto, d’attualità, che non gode della necessaria considerazione da parte della nostra appecoronata stampa. A proposito, si legga il nuovo rapporto di Thomas Fazi “Brussells’s Media Machine”, nel quale il giornalista e saggista mostra come Commissione e Parlamento Ue abbiano trasformato la stampa in apparato di consenso con oltre un miliardo di euro riversati i dieci anni a favore di testate, agenzie e piattaforme digitali. [Video dell’intervista a Thomas Fazi: https://visionetv.it/thomas-fazi-ecco-come-bruxelles.../]
Andiamo quindi all’enorme manifestazione che ha occupato le strade di Londra sabato scorso. Quasi del tutto ignorata da stampa e tv, ma chi ne ha parlato è solo per denigrarla con la solita supponenza. Il “Fatto” scrive di un’estrema destra che scende in piazza a Londra in 110mila (come da rapporto di polizia), mentre “il Manifesto” titola «un serpentone che sdoganò il fascismo a Londra. Mai così tanti». Due espressioni diverse ma comunque inscrivibili in quel progressismo “illuminista” neo-aristocratico di cui si parlava all’inizio. [Video sul grande corteo di Londra: https://www.facebook.com/reel/1697479078307316]
Il problema è che questa manifestazione è stata organizzata dal nazionalista Tommy Robinson dell’organizzazione English Defence League. Motivo per cui quei “110mila”, ma ne erano molti molti di più, alcuni dicono milioni, erano tutti d’estrema destra, fascisti. Il fatto è che la Gran Bretagna è dentro una spirale di crisi economica e sociale che, naturalmente, spaventa le classi popolari, le quali, per giunta, si trovano di fronte a un’immigrazione impressionante, che ovviamente è impulsata da un potere che trae giovamento da questo massiccio esercito di riserva utilizzato contro i lavoratori britannici. È da varie settimane che le principali città sono attraversate da cortei di massa – nei quali è orgogliosamente sventolata la bandiera di San Giorgio – che principalmente esprimono la propria contrarietà a una immigrazione indefinita, reputandola la causa di tutti i propri mali. Sicuramente non è la causa di tutti i mali (come dice la destra) ma indubbiamente non si può negare che sia un problema, specialmente quando coincide con l’immiserimento dei ceti popolari.
E che fa il potere gestito da un’élite che da una parte esige il rispetto del protocollo Politicamente corretto dall’altra spinge perché l’Europa entri in guerra contro la Russia? Ci dice che quelli delle manifestazioni son tutti razzisti, eccetera eccetera. E che fanno i nostri “progressisti”? Naturalmente ripetono il copione, ormai imparato a memoria, son tutti razzisti e fascisti. Amen. Totò direbbe: e poi dici perché uno si butta a destra (lui disse a sinistra, ma eravamo negli anni ’50).
In conclusione,. Dobbiamo sforzarci di avere grande attenzione per quanto si sta muovendo nel nostro mondo, le società sono attraversate da segnali di risposta a una crisi che tende ad acutizzarsi. E questi segnali sono o ignorati o sprezzantemente considerati dai neo-aristocratici. Ora ce lo spiegano con l’accusa che sono di destra, di estrema destra, fascisti, con i “progressisti (quelli di sinistra sono più bravi) a “illuminarci” per farci capire che bisogna prendere le distanze da quelli. Ma poi?
Poi, siccome i segnali non saranno mai del colore e del tipo che piace a lorsignori, c’è da giurare che tutti questi corifei del potere troveranno sempre un modo per disprezzare il popolo che comincia a dire “nun te reggae più!".