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In giro c'è tanta voglia di alieni eppure ne abbiamo abbastanza qui sulla Terra

di Massimo Fini - 15/10/2023

In giro c'è tanta voglia di alieni eppure ne abbiamo abbastanza qui sulla Terra

Fonte: Massimo Fini

E chi, chi sarà mai / Il buttafuori del sole / Chi lo spinge ogni giorno sulla scena alle prime ore.
(Il cantico dei drogati, De André)

C’è in giro una gran voglia di alieni. Negli Stati Uniti c’è stata l’audizione al Congresso di tre piloti della Marina che “hanno sperimentato direttamente fenomeni aerei non identificati”. In Messico il Parlamento ha sentito alcuni esperti provenienti da Stati Uniti, Giappone e Brasile, che hanno esposto le loro teorie sull’esistenza degli extraterrestri. In particolare il giornalista José Maussan ha presentato due scatole con presunte mummie trovate in Perù, che lui e altri considerano “esseri non umani che non fanno parte della nostra evoluzione terrestre”.
L’essere umano vive due drammi. E’ l’unico animale del Creato ad essere lucidamente consapevole della propria fine, l’altro dramma glielo crea lo stesso Creato, cioè il terrore di essere soli in questo inesplicabile Universo.
Negli anni Cinquanta c’erano i “marziani”. Poi, con i robot, su Marte ci siamo andati e di marziani non ne abbiamo trovati. L’unico marziano realmente esistito è quello di Ennio Flaiano (Un marziano a Roma).
Ci sono poi dei film che testimoniano questa angoscia. Star Trek che perlomeno era divertente perché faceva vedere gli alieni in forme molto vicine a quelle umane, solo un po’ distorte (grandi orecchie e simili) esseri che facevano cose del tutto improbabili come nei film di Maciste dove il protagonista solleva pesi impossibili. Il che mi ricorda delle scene che ho visto spesso sulle piazze di Genova e di Torino. C’era un forzuto energumeno con davanti un sasso enorme e diceva agli spettatori: “scommettete che solleverò questo sasso?”. Intanto si faceva dare l’obolo. Riusciva a portare le cose talmente per le lunghe che la gente se ne andava e il sasso lui non lo sollevava, però l’obolo l’aveva già intascato. Un genio. Di geni di questo genere, capaci di inventiva, di “creatività” come si dice oggi dove la creatività è scomparsa dalla faccia della terra tranne che nel marketing pubblicitario, ce n’erano altri che operavano però con modalità diverse come quel tale che si era inventato una medicina che guariva tutte le malattie e che aveva chiamato “Turlupindone B12” e il giornale di mio padre, il Corriere Lombardo, titolò “Turlupinati col Turlupindone”. Insomma il tipo era stato onesto, se uno era così idiota da farsi turlupinare, beh cazzi suoi. Un predecessore di Wanna Marchi. Spettacolare, nel suo programma, era il mago brasiliano Do Nascimento. I telespettatori lo interpellavano ansiosamente soprattutto sulla salute e lui diceva “non sente un dolore alla spalla?”. “Ma per la verità non sento nulla alla spalla” ma Do Nascimento insisteva finché la tipa, in genere erano donne, si faceva sedurre (il fascino di Do Nascimento era irresistibile) e tornava a casa convinta di essere malata.
Film più sofisticati che si sono occupati degli alieni, in modo per così dire ideologico, sono Star Wars e l’insopportabile E.T di Spielberg (“Spielberg guida alla riscoperta dei sentimenti” scrivevano i giornali, ma andiamo).
E’ possibile che nel Cosmo ci sia stata in passato della vita ed è possibile che ci sarà in futuro. Quel che è impossibile è che in tempi cosmici, che si misurano in miliardi di miliardi di anni, queste vite si presentino contemporaneamente. E’ una di quelle equazioni all’ennesima potenza che hanno sempre fatto impazzire i cosiddetti scienziati.
Intanto qui sulla terra la vita, quella vera, è diventata impossibile. Cambiamenti climatici spaventosi, ghiacciai che si sciolgono, mari che si alzano, specie che si estinguono, eventi di straordinaria e avversa potenza in attesa che la razza umana ritrovi il senno e la smetta di inseguire le crescite esponenziali che esistono in matematica non in natura per cui ci toccherà ricominciare tutto da capo, dando origine, speriamo, ad un nuovo Medioevo.
Ma torniamo alla nostra solitudine. Dobbiamo rassegnarci, come canta Don Backy che si sente “una nullità in questa grande immensità”.