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Io non credo alla "conversione" di Mario Draghi

di Matteo Brandi - 07/02/2021

Io non credo alla "conversione" di Mario Draghi

Fonte: Matteo Brandi

Io non credo alla "conversione" di Mario Draghi. Da trent'anni, la storia di quest'uomo è costellata di furiosi colpi d'accetta sul corpo dell'Italia.

Ho letto le sue parole rilasciate al Financial Times (sì all'aumento del debito pubblico, basta austerità, politiche monetarie espansive ecc.) ma, sinceramente, non mi fido. Per niente. Tra un'ipotesi e una certezza, scelgo quest'ultima. E la certezza per ora è la vita di Mario Draghi: quella di un liquidatore.

Lasciarsi abbagliare dal curriculum di Super Mario è da provincialotti. Nessuno mette in dubbio la sua spaventosa esperienza e le sue infinite onorificenze, tuttavia questo arsenale non significa assolutamente nulla, nel momento in cui viene rivolto contro il proprio Paese. Sarebbe come salire sul patibolo e lodare il proprio boia per la maestria con cui taglia le teste.

Il soggetto conosce bene gli ambienti di Bruxelles e i cunicoli dell'alta finanza? Certamente. La sua figura è di gran lunga più rispettata di un pupazzo come Gualtieri? Chi lo nega. Ma questo in che modo dovrebbe rassicurarci, alla luce di tutto quello che Draghi rappresenta?

Alcuni parlano di "cavalcare il Drago" per direzionarne le lingue di fuoco e sfruttare la sua forza. Sarà. Peccato che sul dorso del mostro ci siano anche altri "cavalieri", come il PD e +Europa, i più fanatici nemici dell'interesse nazionale. Ritengo più probabile un disarcionamento collettivo.

Inoltre, alla luce di ciò che ha fatto nella sua esistenza, considero la salita di Draghi a Palazzo Chigi moralmente inaccettabile. Non chiedo che a guidare il mio Paese siano degli stinchi di santo, dato che la politica richiede da sempre accomodamenti e compromessi, ma che almeno non si diano le chiavi dell'Italia in mano a chi l'ha tradita fino all'altro ieri.