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L’abbraccio Putin-Xi e il suicidio americano

di Lucio Caracciolo - 16/11/2025

L’abbraccio Putin-Xi e il suicidio americano

Fonte: La Repubblica

La differenza tra la Cina e l’America è che i cinesi non sono in vena suicida, gli americani sì. Nella competizione per il primato mondiale Pechino avanza anche da ferma perché Washington arretra sparandosi sui piedi mentre cerca di rifarsi grande con un Paese depresso e spaccato. L’errore capitale degli Stati Uniti è di aver spinto la Russia nelle braccia della Repubblica popolare. Estricarla da quell’abbraccio, come vorrebbe Trump, per volgerla contro la Cina oggi non è realistico.
Gli Stati Uniti hanno sempre avuto bisogno di un Nemico mortale, fosse la Germania, il Giappone o l’Unione Sovietica. La stranissima coppia Mosca-Pechino è decisamente troppo per questa America in lotta con sé stessa. Ma a Trump non basta: «Il nemico è dentro casa».
Non si è mai visto nella storia un ex Numero Uno che per riconquistare l’egemonia decida di confliggere contemporaneamente con il Due (Cina) e il Tre (Russia) mentre divide e snobba gli “alleati” euroatlantici e, non contento, aggiunge alla lista il nemico di dentro, cioè gli americani che minaccerebbero la purezza della nazione. Tra cui lo Stato profondo, da purgare dei suoi agenti inaffidabili nei vertici militari, nell’intelligence e nelle varie tecnocrazie.
Questo elaborato harakiri è maturato in un decennio, dopo che prima Bush e poi Obama ebbero respinto l’improbabile tentativo di Putin di agganciare la Russia al carro occidentale quale soggetto autonomo. La svolta è nel 2014, quando gli apparati americani cavalcano a Kiev insieme ai britannici la rivolta contro il presidente filorusso Janukovic. Sfociata nel colpo di Stato patrocinato dalla pasionaria neocon Victoria Nuland in chiave antirussa e antieuropea al grido di «Fuck the Eu!».
Da allora la Cina si è trovata la porta spalancata. Via libera alla formazione di una vastissima area di influenza in Eurasia e nel mondo. A partire dall’area postsovietica, tra “stan” centroasiatici e Federazione russa. Profittando dell’avventurismo di Putin, che si è cacciato nella guerra di Ucraina finendone ridotto a junior partner di Xi.
Eccoci in piena transizione geopolitica. Gli esiti di medio e lungo periodo restano imprevedibili. Ma la somma algebrica del suicidio americano e della conseguente espansione della potenza cinese esclude il ritorno al passato. L’impero globale a stelle e strisce inclusivo di una Cina americanizzata, sognato a cavallo del millennio dalle élite di Washington, era e resta utopia. Distopia per Trump, convinto che il globalismo abbia fragilizzato la nazione.
Il progetto di volgere in liberaldemocratico il regime cinese ammettendo Pechino nell’Organizzazione mondiale del commercio (2001), volgarizzazione neomarxista del primato dell’economia sulla (geo)politica, ha prodotto l’esatto opposto. Il regime americano volge verso un autoritarismo di tono plutocratico mentre divide la nazione su base razziale, giocando bianchi contro ibridi, colorati e immigrati in genere. Quello cinese è molto più chiuso di vent’anni fa e poggia su un sentimento patriottico forse declinante fra i giovani ma robusto.
Il rovesciamento è totale anche in campo economico. Trump punta sull’industria per costruire un capitalismo nazionale che privilegi la sicurezza sul profitto, dopo la sbornia di servizi e digitale, smaterializzati dall’ideologia neoliberista. Quasi l’intelligenza artificiale sia categoria dello spirito. Così aderisce in grave ritardo al dogma cinese, per cui la produzione industriale resta fondamento della ricchezza e della potenza. Mentre scopre che la scalata della Cina verso le vette dell’alta tecnologia molto deve alla sua diaspora di scienziati, tecnologi, ingegneri e matematici formata negli States, oggi largamente al servizio dell’impero rosso. Anche dall’interno di aziende “americane”.
Agli storici del prossimo secolo indagare le cause profonde di tanto singolare congiuntura. Una ci sentiamo di anticipare: il gap culturale. Mentre i cinesi si dedicavano a studiare l’America e il mondo per trarne profitto economico e geopolitico, gli americani si pretendevano automaticamente sovraordinati alla Cina e al resto dell’umanità. Da redimere in quanto detentori di sapienza e verità. Per questo rinviamo al bel saggio di Alessandro Aresu La Cina ha vinto. Vedremo: l’arroganza potrebbe giocare brutti scherzi a Xi. Ma che l’America abbia perso combattendo l’America, questo ci pare evidente.