Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L'ora del "o di qua o di la"

L'ora del "o di qua o di la"

di Pierluigi Fagan - 25/08/2019

L'ora del "o di qua o di la"

Fonte: Pierluigi Fagan

Cade Wall Street e tutto il codazzo delle Borse occidentali, scende il petrolio, si alza l’oro ai massimi dal 2012. Sull’oro c’è una preoccupazione specifica poiché un complesso meccanismo di oro di carta (futures) veniva usato dagli americani per calmeriarne il prezzo. Ma le banche centrali di tutto il mondo, hanno continuato ed in alcuni casi incrementato da tempo l’acquisto (Russia, Cina, mercato indiano) e gli argini si sono rotti, ormai l’oro sta tornando al suo ruolo di bene rifugio. Rifugio da cosa?

Gli articoli che oggi trovate sul tema, partono dalla “guerra commerciale” e poiché tale tema è in vigore da tempo, da tempo leggiamo di dazi qui e lì, e poiché l’abitudine porta all’assuefazione, molti non noteranno l’andamento generale delle cose. Ieri i cinesi hanno sparato i loro dazi facendo infuriare Trump che pure aveva mostrato il voler fare una moratoria su alcuni beni anche per gestire meglio i contraccolpi della sua guerra, pianificata già in campagna elettorale, annunciata ripetutamente ed attuata con sistematicità costante. Ci si è abituati anche a questo ed a suo guadagno va detto che gli americani, anche non trumpiani, hanno gradatamente scoperto che in effetti qualcosa con la Cina andava fatta. Ma i più pensavano che fosse la tipica preparazione della trattativa, trattativa che infine sarebbe giunta ad un tavolo per concordare un nuovo rapporto commerciale. Quindi dazi, contro-dazi, qualche oscillazione in Borsa poi riprendeva il “business as usual”. Ora sembra che molti stiano scoprendo che non è così che andrà la faccenda, da cui la ricerca di "rifugi".

I dazi emessi ieri dalla Cina non hanno solo una logica commerciale. I cinesi hanno gradatamente sopportato le ingerenze sulla questione di Hong Kong, ma temo che la notizia della fornitura degli F-16 a Taiwan, abbia cambiato irreversibilmente il tono della relazione. I cinesi, hanno capito senza più dubbio, che la partita commerciale è solo un aspetto, la partita vera è geopolitica, cosa per altro già nota a tutti gli osservatori più attenti, inclusi i cinesi, ma di cui non si sapeva il limite, il “fino a dove si vorrà spingere Trump?”. Ecco, sembra ora apparire probabile Trump voglia spingersi molto ma molto in là. Il richiamo imperativo di ieri a smobilitare le attività in Cina per le imprese americane, suona piuttosto sinistro. Anche qui, nulla di nuovo in assoluto ma il clima si prevede facendo sintesi di molti aspetti su cui incidono anche i toni, le atmosfere, gli odori, la quantità e qualità di articoli americani che fanno da coro ai fatti.

Le previsioni quindi volgono al peggio, alla praticata e anche questa già annunciata volontà di spaccare il mondo in due blocchi, l’asiatico e l’occidentale a guida americana ma non più con le cortesie dei minuetti multilaterali. Un brusco “o di qui o di là” per una nuova guerra fredda o chissà se non tiepida. Il “di là” infatti, sostanzialmente l’Asia, ha pur sempre al suo interno l’India, il Giappone, la ricattabile Corea del Sud, tutti paesi ultimamente messi sotto pressione da Trump. Nel “di là” del mondo musulmano ormai è rimasto solo l’Iran ed il Pakistan, con la faccenda del Kashmir, è entrato sotto pressione.

Ed ecco che come prescriveva la strategia già nota e su cui non posso fare a meno di richiamare quanto già scritto nel libro uscito due anni e mezzo fa, dopo essersi liberato della pressione interna dell’indagine su i rapporti con la Russia, il recente invito all’Europa a riconsiderare il ritorno di Putin nel formato G8. Perché il di qui o il di lì, prima o poi arriverà anche a Mosca. Magari dopo avergli fatto assaggiare il sapore del “bel mondo occidentale” che nonostante il lungo cammino verso il concetto di eurasia, continua ad essere il desiderio di fondo delle élites di quel Paese, vasto e complesso. Di per sé certo che Putin non ci cascherebbe, ma anche lui è sotto pressione interna e chissà che riesca a resistere a qualche allettante compromesso tra le tante partite che ha in ballo, magari in funzione di bilanciamento a quello che rimane un vicino grande e sempre più potente. Di norma, un potenziale nemico secondo la dura logica geo-politica.

Tutto ciò, a due anni e più dal suo annuncio, sta andando lungo la sua strada sempre più asfaltata. Una strada che ci vedrà sempre più termo strapazzati tra il cambiamento ambiental-climatico da una parte e il grande freddo economico e politico dall’altra. Dove rifugiarsi allora?