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L’ultimo insulto della ‘sinistra’ a chi non vota ‘bene’: sei un rossobruno!

di Andrea Scanzi - 04/01/2019

L’ultimo insulto della ‘sinistra’ a chi non vota ‘bene’: sei un rossobruno!

Fonte: Il Fatto quotidiano

Quando la sinistra non capisce quello che sta succedendo, e accade spesso, tende fatalmente a cavarsela con “analisi” che si riassumono quasi sempre così: “Noi siamo nel giusto, è il mondo che è stupido”. A volte, per avvalorare tali dotte riflessioni, servono paroline magiche inventate alla bisogna. E’ il caso di “rossobrunismo”, neologismo che vuol dire poco e per questo funziona nei salotti buoni, quelli per capirsi in cui Di Maio è Himmler, Salvini Goebbels e la Boschi Nilde Iotti. Definire il rossobrunismo non è facile. Il sito Intellettuale dissidente ci prova così: “In termini prettamente politico-letterari, coloro che si richiamano a questa visione del mondo, spaziano da Gramsci a Gentile, da Bombacci a figure anarchiche come Proudhon e Bakunin. Filosofia idealista, ergo triade Fichte-Hegel e Marx, sino ad arrivare a politici di riconciliazione nazionale e difesa sovranitaria quali Chavez, Guevara e De Gaulle”.
Andrea Daniele Signorelli, ne Il Tascabile, ha ricordato come Marine Le Pen, il 28 aprile 2017, abbia chiesto agli elettori della France Insoumise (Mélenchon) di far fronte comune contro Macron: “Il fatto che Marine Le Pen abbia avuto la forza di rivolgersi direttamente all’estrema sinistra – senza timore di alienarsi la base elettorale – dimostra quanto sia ammaccata la divisione destra/sinistra. D’altra parte, è stato davvero politicamente più coerente che il voto di Mélenchon sia andato in larga parte al liberista Macron (che tra gli operai si è fermato al 16%)? Macron si può davvero considerare un candidato di sinistra? Su alcuni temi – come l’ambientalismo (sul quale si è speso molto) e i diritti civili – la risposta è senz’altro positiva; ma sul piano economico no”.
Se sostituite Renzi a Macron, il ragionamento tiene anche da noi. Davvero, per un elettore di sinistra, è più “coerente” votare Renzi che non Lega o M5S? E se è così, come sostengono i soloni di sempre, com’è che le classi meno abbienti siano le prime a non votarlo? Bisognerebbe che qualcuno, nel Pd come a Repubblica, se lo domandasse seriamente: magari, se lo facesse, capirebbe anche perché per molti di sinistra Salvini sia meno indigesto di Renzi.
Sono tempi strani, pieni di altre paroline magiche come “presentismo” e “direttismo”. Tutto pare capovolto: Belpietro a volte va d’accordo con Travaglio, Giannini fa lo stesso con Sallusti. Anche solo fino a pochi anni (mesi?) fa era impensabile. In questo mondo alla rovescia, che ci costringe a ripartire da zero abbandonando le stantie etichette antiche, la prima a non capirci nulla è ovviamente la “sinistra” moderata, che non riesce a far altro se non a dare del deficiente/fascista/razzista a chi non la pensa come lei. Che palle. E che tristezza.
“Rossobruno” rientra in questa logica: un insulto più alla moda di altri, per rinverdire le consuete accuse di “qualunquismo” e “populismo”. Non è un caso che a cavalcare questa tesi sia stata la renzianissima Rolling Stone, nota anche per avere partorito uno struggente manifesto anti-Salvini all’insaputa di molti firmatari. Proprio Rolling Stone, che molti ricordano solo per la copertina allucinante e tremenda con Renzi paragonato al Papa (“The Young Pop”), ha definito il rossobrunismo “una strana sinistra: sovranisti, pro-Putin e contro Stati Uniti, immigrazione ed Europa”. Una “sinistra populista alle vongole (con i loro amichetti di Casa Pound)”.
I rappresentanti più noti del rossobrunismo nostrano, dove la “destra destra” sfocia nella “sinistra sinistra” e sembra trovar sintesi nel Salvimaio, sarebbero Alberto Bagnai, Stefano Fassina, Diego Fusaro, Simone Di Stefano e Giulietto Chiesa. Qualcuno ha messo nel calderone pure il Fatto e il sottoscritto; ringrazio commosso, ma l’unica etichetta ideologica che accetto è “gaberiano”.
A prima vista, questa cosa del rossobrunismo pare un’altra pippa mentale buona per ammazzare il tempo tra una sambuca con la mosca e una lettura pensosa di Internazionale. Rispetto però a colpevoli baracconate intellettuali pateticamente autoassolutorie come il “fascistometro”, il dibattito sul rossobrunismo ha due meriti. In primo luogo, intuisce che siamo in una fase post-ideologica dove i concetti di “destra” e “sinistra” valgono ormai meno di niente per tanta (tanta) gente. Quella parolina è poi se non altro un tentativo per decrittare uno scenario schizofrenico e folle, in cui un Ministro dell’Interno ieri “comunista padano” e oggi “leghista populista sovranista” dichiara seraficamente di essere al contempo “antifascista e anticomunista” e di guardare nei ritagli di tempo “i comizi di Berlinguer, ma anche quelli di Almirante, Moro e Pannella”. Insomma: vale tutto. E forse il “rossobrunismo” è solo una parola creata per cercare di raccontare questo smisurato senso di smarrimento che ci pervade e ci opprime.