La censura è un valore occidentale!
di Hans Vogel - 02/12/2025

Fonte: Come Don Chisciotte
La chiave per governare un gran numero di persone è mantenerle divise ed è così che sono stati governati gli imperi nel corso della storia. Rousseau, [già] nel XVIII secolo osservò che più grande è uno Stato o una struttura politica simile, minore è la libertà dell’individuo. Aveva assolutamente ragione!
I governanti globalisti dell’Europa, i commissari dell’UE e la vasta piramide organizzativa che [essi] hanno costruito, ricordano incessantemente a tutti noi che “l’Europa” è all’apice della civiltà e che i democratici “valori europei” (noti anche come “valori occidentali”) sono superiori. Questi includono la libertà di parola e l’inviolabilità del corpo umano. Questi valori e diritti sono sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani Del 1948.
Questi diritti possono ancora esistere sulla carta ma, nella pratica, sono stati sovvertiti pezzo per pezzo e svuotati dalla malefica élite della UE. Questo processo, in atto dal crollo dell’Unione Sovietica e del “socialismo reale” intorno al 1990, ha subito un’accelerazione nel corso del XXI secolo.
Finché è esistita l’Unione Sovietica, è stato facile tenere sotto controllo i cittadini di tutta l’Europa occidentale sottolineando il pericolo di un’invasione sovietica. Conseguentemente, dopo la fine della Guerra Fredda, per un certo periodo il cielo è sembrato più sereno che mai.
Le élite globaliste avevano ora bisogno di trovare qualcos’altro con cui tenere sotto controllo la popolazione, così hanno inventato le piogge acide e il buco nell’ozono. Tutte le foreste sarebbero presto scomparse a causa delle piogge acide e chiunque avesse usato qualsiasi cosa, dalla lacca per capelli alla panna montata in bomboletta, era colpevole di accelerare la fine della vita come la conosciamo, perché avrebbe reso il buco nell’ozono ancora più grande.
Questi problemi scomparvero dall’oggi al domani quando le tre torri del WTC di New York furono abbattute l’11 settembre 2001 (da due soli aerei, non dimentichiamolo, N.d.T.). Si trattò sicuramente di un’impresa pianificata in modo molto elaborato e eseguita in modo superbo: di fatto, la maggior parte delle persone credette ciecamente alla versione ufficiale, almeno all’inizio. Ben presto, però, cominciarono a circolare dei dubbi; all’inizio in modo modesto ma poi trasformandosi in un vasto movimento di scettici in tutto l’Occidente. Negli Stati Uniti, coloro che si rifiutavano di credere alla versione ufficiale sono stati bollati come “teorici della cospirazione” e il termine è stato rapidamente tradotto nelle varie lingue europee e utilizzato in modo simile.
Sebbene il concetto di “teorico della cospirazione” risalisse agli anni ’60, quando negli Stati Uniti era usato per screditare e isolare socialmente coloro che non credevano alle versioni ufficiali sugli omicidi dei fratelli Kennedy, dopo l’11 settembre divenne uno strumento per creare divisioni sociali in tutto l’impero americano. Le operazioni contro l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia e, successivamente, la Siria hanno seminato ulteriori dubbi, tanto da gettare le basi per una profonda dicotomia sociale: da un lato, coloro che continuavano a fidarsi del proprio governo, dall’altro, un numero crescente di scettici.
Il loro numero è cresciuto ancora di più durante il Grande Spettacolo Covid. Sebbene le statistiche su chi ha fatto e chi non ha fatto il vaccino mostrino talvolta notevoli differenze da una nazione all’altra, resta da vedere se tali statistiche siano anche solo lontanamente affidabili. L’ipotesi più plausibile sembra essere quella di attenersi al Principio di Pareto dell’80-20, con il 20% dell’Occidente che non ha fatto il vaccino.
Il Grande Spettacolo Covid e il successivo scontro tra grandi potenze in Ucraina hanno consolidato la dicotomia sociale che è ora evidente in tutto l’Occidente. È soprattutto in Europa (a causa del suo status di regione sotto il giogo degli Stati Uniti) che questa profonda frattura sociale presenta un problema particolare. Se non si interviene, ciò potrebbe portare le singole nazioni europee a cercare di uscire dal gregge.
Sebbene l’élite dirigente europea abbia costantemente fallito nel dimostrare di essere capace di un pensiero indipendente e originale, sembra però aver compreso il pericolo derivante dall’attuale dicotomia sociale. Tuttavia, invece di adattare le sue politiche alla nuova realtà in accordo con i celebrati “valori occidentali”, ha scelto di combattere chiunque non sia d’accordo con i commissari della UE. In mancanza di dati affidabili, è ragionevole supporre che la percentuale complessiva di cittadini che rifiutano le narrazioni ufficiali su qualsiasi argomento, dal Covid all’Ucraina, dal cambiamento climatico antropogenico al tasso di inflazione annuale, si attesti intorno al venti per cento. Finché rimane a questi livelli, tutto va bene, ma diventa problematico quando tale percentuale sale al trenta per cento o anche oltre.
Ecco perché sono stati scatenati metodi e tecniche sempre nuovi di controllo del pensiero sui cittadini europei e la fine non è ancora vicina: i social media sono attualmente oggetto di un attacco su vasta scala alla libertà di espressione. Con il pretesto di proteggere i minori dai contenuti dannosi sui social media e di combattere gli abusi sui bambini da parte dei pedofili, dietro le porte chiuse (ricordate, quei “valori occidentali”!) i commissari della UE hanno deciso di imporre controlli “volontari” più severi. Ciò significa che gli utenti dovranno identificarsi tramite scansioni digitali o facciali e tutto perché il pubblico ha bisogno di protezione! Del resto, se il racket della protezione funziona per la mafia, funzionerà anche per il governo! I cittadini hanno bisogno di sentirsi al sicuro e di essere protetti da molti pericoli: non solo dalla pornografia infantile, ma anche dall’incitamento all’odio. Inoltre, devono essere adeguatamente informati in ogni momento dalle notizie che devono consistere in informazioni reali. Quindi niente “disinformazione”!
Nessuno sembra rendersi conto che il concetto stesso di disinformazione è del tutto privo di senso; in realtà è una parola inesistente, un’arma psicologica. Ogni messaggio, ogni notizia contiene informazioni; alcune o [anche] tutte potrebbero essere false, ma rimangono comunque informazioni. In altre parole, anche ogni singola bugia contiene informazioni. Ne consegue che il termine disinformazione è una contraddizione in termini.
Come si possa conciliare l’uso come arma del termine disinformazione con i “valori occidentali” come la libertà di parola è un mistero. Eppure i commissari della UE fanno un ulteriore passo avanti, poiché intendono emanare una nuova norma che renderà impossibile a chiunque esprimere la propria opinione sui social media. Si sta preparando una sorta di dominio totale dell’attività dei cittadini sui social media.
Allo stesso tempo, è uno strumento che permette alle élite di mantenere il pubblico diviso in modo da poterlo controllare più efficacemente. Tuttavia, proprio questa utilità potrebbe aver impedito alle élite di analizzare l’argomento in modo più approfondito.
Cosa possiamo concludere da tutto questo?
In primo luogo, [ciò] sembra indicare che i commissari della UE siano molto spaventati e che stiano finalmente rendendosi conto che un numero crescente di europei si oppone alle loro politiche. Allo stesso tempo, hanno concluso che non si può tornare indietro. È quasi come se fossero così spaventati dall’ira dei cittadini che, per disperazione, hanno deciso di controllare il discorso di 450 milioni di europei. Pertanto, le ultime decisioni dei commissari dell’UE sono un ‘testimonium paupertatis’, una prova della loro totale povertà intellettuale ed etica.
Qualsiasi governo che ricorra al tipo di misure decretate dagli eurocrati di Bruxelles è intrinsecamente debole e implicitamente si rende conto che i suoi giorni sono contati.
Hans Vogel ha trascorso la sua giovinezza in Indonesia e nei Paesi Bassi, ha studiato all’Università di Leida e ha conseguito un dottorato in storia presso l’Università della Florida. Dopo aver insegnato storia latinoamericana e militare all’Università di Leida, ha insegnato storia europea e mondiale a Buenos Aires (università UADE ed ESEADE). È autore di una storia dell’America Latina e di numerose monografie e articoli sulla storia militare, europea e argentina. Nel corso degli anni ha ricoperto il ruolo di consulente per diversi governi e agenzie statali e di docente di politica latinoamericana per l’Istituto olandese di affari internazionali, oltre ad aver svolto attività giornalistica per testate olandesi e russe. Dal 2002 vive all’estero (principalmente in Argentina, Belgio e Italia).

