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La fine di Israele

di Antonio Catalano - 07/10/2025

La fine di Israele

Fonte: Antonio Catalano

Ieri ho partecipato alla presentazione dell’ultimo libro di Ilan Pappe, ebreo nato in Israele, uno dei principali “nuovi storici” israeliani, un gruppo di studiosi che ha rivisitato in chiave non sionista la storia di Israele. Pappe, come gli altri che condividono con lui l’approccio anti coloniale, è considerato negli ambienti sionisti come un “ebreo che odia se stesso”, come lo stesso Moni Ovada più conosciuto dal pubblico italiano. L’operazione di denigrazione di questi ebrei che “odiano se stessi” poggia sul voluto equivoco di assimilare l’antisionismo all’antisemitismo. 
Pappe – con Thomas Fazi nel ruolo di interprete – ha presentato il suo recente lavoro “La fine di Israele”, la cui tesi centrale è la fine di Israele non come Stato ma come regime; qualsiasi regime, dice Pappe, può essere sostituito. Secondo Pappe Israele, in quanto stato coloniale, è arrivato al capolinea, collasserà, come sono collassati altri regimi; la soluzione storica non potrà essere quella di “due popoli, due Stati”, bensì quella di un unico Stato per due popoli. 
Mi sembra abbastanza evidente che la soluzione dei “due popoli, due Stati”, abbracciata dai “filo” palestinesi dell’ultim’ora all’oggi sia una soluzione demagogica, perché irrealizzabile. Non esistono infatti i presupposti materiali per la costituzione di uno Stato simile. I territori palestinesi sono ridotti al lumicino in Cisgiordania (dove i coloni avanzano col fucile in mano rubando terre e case ai palestinesi e contemporaneamente erigendo un muro “difensivo”); nella Striscia di Gaza non ne parliamo nemmeno, sappiamo bene lì come stanno le cose. La situazione di fatto creata in Palestina non consente quindi all’oggi la nascita di uno Stato palestinese sovrano accanto a quello israeliano. Non rimane quindi – condivo Pappe – che la soluzione di un unico Stato per due popoli. 
Ma questa prospettiva – l’unica che potrà finalmente porre rimedio alla stortura storica figlia di una logica neo coloniale scaturita dall’ultima guerra mondiale – realisticamente nell’immediato appare come utopistica.  Ma è l’unica praticabile alla scala storica. E perché diventi realistica sarà necessario che avanzi quel processo di composizione di un nuovo ordine mondiale basato sul multipolarismo e sull’affermazione della piena autodeterminazione dei popoli. 
Ecco perché la questione palestinese non può essere isolata dal contesto internazionale, in particolare dall’evoluzione del conflitto Nato-Russia in terra d’Ucraina. Da qui l’importanza di una politica che coniughi le ragioni palestinesi alla denuncia del processo di riarmo dell’Europa e a una schietta posizione anti-Nato, strumento di guerra al servizio della difesa dei privilegi del vecchio mondo occidentale. Sia chiaro, non sarà un processo né lineare né “pacifico”. Ma tertium non datur.