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7 ottobre 2023: tutto quello che non torna

di Roberto Iannuzzi e Roberto Vivaldelli - 07/10/2025

7 ottobre 2023: tutto quello che non torna

Fonte: Insideover

Davvero sappiamo come sono andate le cose il 7 ottobre 2023 in Israele? Sono passati due anni dall’attacco terroristico di Hamas che ha provocato 1.200 morti. Quel giorno, un’azione improvvisa e brutale ha scatenato una guerra ancora più cruenta a Gaza, dando il via a una crisi regionale di proporzioni drammatiche. Ma cosa è successo davvero in quelle ore cruciali? È possibile che l’intelligence israeliana, nota per la sua efficienza, fosse del tutto ignara dei piani di Hamas? E come mai i segnali di un imminente attacco sono stati sottovalutati o ignorati? A due anni di distanza, i punti oscuri su una delle giornate più tragiche della storia contemporanea rimangono molti.
Ne abbiamo parlato con il ricercatore e analista di politica internazionale Roberto Iannuzzi, autore del saggio edito da Fazi Editore Il 7 ottobre tra verità e propaganda. L’attacco di Hamas e i punti oscuri della narrazione israeliana (Collana Le Terre, 156 pagine, 12 euro).

Nel tuo saggio Il 7 ottobre tra verità e propaganda. L’attacco di Hamas e i punti oscuri della narrazione israeliana uscito lo scorso anno per Fazi, hai raccontato, con dovizia di particolari e di documentazione, i punti oscuri dell’attacco di Hamas, a cominciare dai segnali ignorati. Dalla pubblicazione del suo libro, è emerso altro che mette in discussione la narrazione ufficiale? 

“Diversi nuovi dettagli sono emersi negli ultimi mesi sulla stampa israeliana, e tutti paiono corroborare ulteriormente la tesi esposta nel mio libro, secondo cui almeno una parte degli apparati di sicurezza e di intelligence israeliani aveva una conoscenza abbastanza dettagliata della concreta possibilità di un attacco da parte di Hamas. Gli ulteriori dettagli emersi riguardano sia i mesi e le settimane che hanno preceduto l’attacco, sia la stessa notte prima di quel tragico evento.
Nel mio saggio avevo esposto come, già un anno prima del 7 ottobre, l’Unità 8200 dell’intelligence israeliana fosse in possesso di un documento, che aveva nome in codice “Mura di Gerico”, il quale descriveva in maniera circostanziata il piano che Hamas avrebbe messo in atto il 7 ottobre. Nei mesi precedenti l’attacco, sia rapporti dell’Unità 8200 sia rilevazioni delle soldatesse che svolgevano compiti di osservazione negli avamposti militari attorno alla Striscia avevano indicato che Hamas si stava preparando a compiere un’operazione ostile nei confronti di Israele.
Più tardi è emerso che il 19 settembre 2023 la “Divisione Gaza” dell’esercito aveva distribuito un documento interno che dettagliava anch’esso sia le esercitazioni che Hamas stava compiendo, sia il piano d’attacco che avrebbe implementato. Il documento arrivava addirittura a stimare fra 200 e 250 il numero di ostaggi che il gruppo palestinese avrebbe potuto catturare – una stima che si sarebbe rivelata estremamente realistica.
Sono poi emersi ulteriori dettagli sulla notte che ha preceduto l’attacco, i quali confermano che i vertici militari e dell’intelligence erano stati ripetutamente allertati su insolite attività di Hamas che lasciavano presumere la possibilità di un attacco, e si erano reciprocamente consultati in proposito decidendo tuttavia di non intervenire. Anche i comandi dell’aeronautica furono allertati e scartarono i segnali di avvertimento.
È stato inoltre rivelato che un colonnello dell’esercito aveva fatto un sopralluogo al Nova Festival, manifestazione musicale all’aperto che raccoglieva migliaia di giovani, appena un’ora prima dell’attacco di Hamas, ma non ordinò di evacuare la zona. Al Nova Festival si sarebbe consumato il massacro più grave del 7 ottobre”.

Di recente, Haaretz ha riportato la notizia secondo cui l’avviso dello Shin Bet del 7 ottobre è arrivato alla polizia israeliana con quattro ore di ritardo a causa di un “aggiornamento del sistema”. Non è strano, a suo parere? 
“Certamente lo è. Secondo una precedente versione dell’accaduto, lo Shin Bet affermava di aver inviato al Mossad, al Consiglio per la Sicurezza Nazionale, ed alla polizia, un alert “generato automaticamente” sulla possibilità di un’azione ostile di Hamas intorno alle 3:00 del mattino del 7 ottobre (tre ore e mezza prima dell’attacco). Ne era seguito uno scontro, in particolare fra lo Shin Bet e la polizia, nel quale quest’ultima aveva accusato il primo di non aver adeguatamente sottolineato la rilevanza del messaggio. In questa nuova versione dei fatti, la polizia sostiene di aver ricevuto il messaggio solo alle 7:00 del mattino. Ci troviamo chiaramente di fronte a un rimpallo di responsabilità. Del resto, se il messaggio era così rilevante non si capisce perché lo Shin Bet si sia limitato all’invio di un alert automatico”.

Shalom Sheetrit, combattente della Brigata Golani, parlando con l’emittente nazionalista di destra Israel National News – Channel 7, ha recentemente ricordato di uno “strano ordine” trasmessogli dal suo comandante di battaglione, che ha affermato di aver ricevuto dai suoi superiori, in cui si imponeva di fermare le pattuglie nella zona della recinzione di confine con la Striscia di Gaza dalle 5:20 alle 9 del 7 ottobre 2023. Anche questa può essere solo una coincidenza? 
“È un altro episodio che desta molte perplessità, soprattutto se lo si aggiunge a tutte le altre stranezze verificatesi quella notte. Sheetrit ha rilasciato queste stesse dichiarazioni nel corso di un’audizione alla Knesset, dunque deve essere estremamente certo di quanto afferma. Quanto da lui raccontato va a sommarsi ad altri episodi simili che avevo citato nel libro.
Alle 3:00 del mattino, ad esempio, una soldatessa con compiti di osservazione presso l’avamposto di Kissufim aveva riferito di movimenti sospetti lungo la barriera di Gaza. Venne inviata una forza della brigata Golani, che sparò alcuni lacrimogeni e se ne andò. Nel frattempo, i superiori si lamentarono con la soldatessa, sollecitandola ad essere più selettiva nell’attivare i meccanismi di mobilitazione delle truppe.
Fra le stranezze di quella notte va ricordata anche l’attivazione simultanea di numerose SIM card israeliane all’interno di Gaza, puntualmente registrata dai servizi israeliani. L’esercito ha affermato che si trattava di poche decine, cosa che non lasciava presagire un attacco. Ma secondo un’inchiesta del Canale 14, si trattava di circa un migliaio”.

Ultima domanda sul “Piano di pace” dell’amministrazione Trump. Da Netanyahu sono arrivati messaggi contraddittori, a tuo parere rinuncerà al suo piano per Gaza, ritirando l’DF dalla Striscia? Qual è il tuo giudizio sul piano dell’amministrazione Usa? 
“Il piano Trump nasce dall’esigenza di uscire dall’impasse strategica in cui Israele ha trascinato gli USA, e dall’imbarazzo crescente in cui la violentissima quanto inconcludente campagna militare israeliana sta ponendo la Casa Bianca. In America la maggioranza dell’opinione pubblica ritiene che Israele stia commettendo un genocidio. E questa convinzione si sta diffondendo anche nella base trumpiana (soprattutto fra i giovani), la quale accusa inoltre Israele di indebite ingerenze nelle scelte di politica estera americana.
Questo è un problema per Trump, il quale si trova a dover fare i conti anche con la crescente “insubordinazione” del Sud del mondo, manifestatasi chiaramente alla recente Assemblea generale dell’ONU, e con l’irritazione degli alleati arabi del Golfo dopo il bombardamento della capitale del Qatar compiuto da Israele nel tentativo di decapitare la leadership di Hamas all’estero.
Ma il piano Trump non è altro che una “Riviera 2.0”, cioè somiglia alla proposta da lui formulata a febbraio, con la sola cancellazione dell’idea di compiere una pulizia etnica a Gaza. Tale piano prevede l’imposizione di una tutela internazionale sul governo di transizione palestinese, e la mortificazione di qualsiasi aspirazione palestinese ad una propria sovranità. Si tratta a tutti gli effetti di un progetto neocoloniale. Malgrado ciò, ci sono frizioni con Netanyahu il quale, strattonato dalla destra di Smotrich e Ben Gvir, sembrerebbe comunque preferire il suo piano di pulizia etnica, e certamente non ha intenzione di ritirare l’esercito dalla Striscia. Il negoziato di questi giorni, che peraltro prevede per Hamas una resa che il movimento potrebbe non accettare, si presenta perciò difficilissimo”.