La gerarchia delle funzioni nell'adattamento evolutivo e genealogia dei comportamenti umani
di Gabriele Germani - 31/08/2023
Fonte: Gabriele Germani
Abbiamo citato spesso la teoria classica per cui dall'agricoltura sarebbero derivate le forme sociali complesse: urbanizzazione, stratificazione sociale, divisione del lavoro, differenziazione dei ruoli, religione, autorità politica, ecc.
In realtà, alcune di queste tesi sono in parte ribaltate dall'antropologia classica. Sappiamo, ad esempio, che molte comunità di nomadi (e quindi cacciatori-raccoglitori di solito, a volte pastori o predoni) prevedevano al loro interno delle figure preposte al lavoro artigianale o ai compiti sacri. Queste comunità pur non avendo un sistema agricolo e quindi vita stanziale e riserve alimentari, prevedevano dei compiti non strettamente legati alla produzione alimentare. Abbiamo evidenze di questo in società africane o amerindie, anche in alcune comunità aborigene australiane.
Dobbiamo tener presente che si tratta di comunità che erano già state esposte al contatto con la civiltà europea, non possiamo sapere se questo incontro fu foriero di cambiamenti (le comunità non sono bolle, hanno dinamiche interne ed esterne condizionate tanto dagli altri, dal clima, dalla geologia, ecc. e tutti questi fattori generano un dialettica continua nei singoli, nei gruppi e tra gruppi).
Quel che è importante è tenere presente che sciamani o piccoli artigiani erano già presenti in comunità nomadi, anche se dedite solo a caccia e raccolta. La suddivisione dei ruoli era in qualche modo presente, talvolta vi erano anche suddivisioni di genere (le donne si dedicavano alla raccolta di radici e frutti, mentre gli uomini alla caccia; ma questo non è un dogma universale), altre volte erano presenti operatori rituali o artigiani che riparavano armi, reti da pesca o strumenti musicali. Questi stessi individui, al bisogno, occupavano anche qualche ora nella ricerca di cibo come compito secondario, ma erano gli unici a svolgere la mansione alternativa: assistiamo, quindi, ad una proto-affermazione di una suddivisione dei ruoli lavorativi.
Non serve citare Gobekli Tepe, la vicina Karahan Tepe o gli altri siti coevi, per ricordare come popoli nomadi tra l'11.000 e il 9.000 a.C. erano già in grado di collaborare (in gruppi numericamente significativi) alla creazione di siti megalitici con raffigurazioni simboliche incise o scolpite. Col tempo la teoria del tempio è in parte diventata secondaria, ha assunto peso la teoria delle abitazioni stagionali. Alcuni studiosi sono andati oltre, ribaltando la teoria classica: non fu l'agricoltura a spingere la formazioni di manifestazioni culturali, al contrario furono le manifestazioni culturali a spingere gli uomini riuniti ad addomesticare le piante.
Nei pressi dei siti anatolici, cresce una varietà di orzo selvatico che probabilmente col tempo fu addomesticata proprio per permettere l'alimentazione dei lavoratori e dei possibili frequentatori umani e animali del luogo. Gli umani inventarono l'agricoltura per nutrire un numero crescente di persone lì riunite, a che fine? Ancora non lo sappiamo precisamente.
Se così fosse saremmo davanti ad un terremoto, perché l'agricoltura (fino ad oggi presentataci come il nostro destino: la Rivoluzione Neolitica e via così) sarebbe derivata da esigenze socio-culturali che stimolando il problema (dove trovo cibo per tutti?), stimolarono la soluzione (coltiviamo l'orzo). Questo risponde forse anche al perché alcune aree arrivarono a questa corsa prima di altre: il caso. Forse, anche i primi colonizzatori dell'Irlanda o del Portogallo erano soliti riunirsi attorno a grandi costruzioni megalitiche, ma questi non ebbero l'orzo a portata di mano e così non ebbero modo di sperimentare l'agricoltura.