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La guerra permanente

di Andrea Zhok - 02/12/2025

La guerra permanente

Fonte: Andrea Zhok

Oggi è stata ufficializzata la notizia della presa di Pokrovsk da parte dell'esercito russo e simultaneamente la conquista di Volchansk.
Nell'ultimo mese l'esercito russo ha conquistato 505 kmq di territorio, che per un paese grande come l'Ucraina è ancora poco, ma che segnala una chiara progressione rispetto al periodo precedente.
L'onnipresenza dei droni rende le rapide avanzate con carri armati ed autoblindi impossibili, ma questo rende anche le conquiste fatte più resistenti ad eventuali contrattacchi.
I segnali di un declino delle capacità operative ucraine al fronte sono evidenti, e tuttavia i segni di una fine rapida del conflitto sono controversi.
Dal fronte alcuni comandanti ucraini hanno inviato a Zelenski la comunicazione che, in caso di sua firma di un accordo che comporti il ritiro dal Donbass, essi non obbediranno.
Naturalmente in una guerra moderna questo è più un gesto che un'effettiva prospettiva di resistenza ad oltranza: se dovessero venir meno, per decisione centrale, i rifornimenti, il fronte collasserebbe in poche settimane.
Così come collasserebbe se gli USA ritirassero, come hanno minacciato di fare a più riprese, la fornitura di informazioni satellitari e di intelligence.
Dunque, alla fine, al netto degli elementi nazionalisti più radicali presenti nelle forze armate ucraine, la decisione se continuare la guerra o accettare una sconfitta ancora onorevole sta ancora tutta nel decisore politico.
Tutto lascia pensare che il conflitto russo-ucraino sia alle battute finali; plausibilmente tra primavera ed estate ne vedremo la conclusione formale.
Ma questa conclusione, e questo è il grande problema che avremo da affrontare, non sarà davvero una chiusura.
Ciò che ci si prospetta è l'alleanza strutturale di lungo periodo tra il residuo di forze armate radicalizzate ucraine e il bellicismo europeo.
In Ucraina gli elementi nazionalisti radicalizzati prenderanno qualunque trattato di pace come la loro versione della leggenda della "pugnalata alla schiena" (Dolchstosslegende) che animò i reduci tedeschi dopo la Prima Guerra Mondiale. La narrazione che la guerra non venne perduta sul campo, ma per il tradimento della politica nelle retrovie, fu all'origine di quei movimenti paramilitari nella Germania degli anni venti che confluirono nelle Sturm Abteilungen e nutrirono l'ascesa del partito nazista.
Al tempo stesso, le dirigenze europee, se da un lato sanno di non essere in grado realisticamente di affrontare un confronto bellico diretto con Mosca, non possono considerare la pace come un'opzione. Vale per le von der Leyen e le Kallas il "Finché c'è guerra c'è speranza", come titolava un celebre film di Alberto Sordi. Finché rimane in vita la demenziale narrativa "c'è-un-aggressore-e-un-aggredito-non-avevamo-scelta" tutta la catastrofica condotta delle classi dirigenti europee può evitare di giungere ad un redde rationem.
Per questo motivo la prospettiva che ci attende è quella di una guerra ibrida permanente, in cui i paramilitari ucraini forniranno parte della manovalanza, e l'Europa fornirà i mezzi tecnologici ed economici. Dunque sabotaggi, atti terroristici, guerra informatica, ecc., tutti atti soggetti alla "plausible deniability", tutti eventi spesso indistinguibili da accidentali malfunzionamenti ordinari, che ci spingeranno in una temperie di guerra senza bombardamenti ma di lungo periodo. Ovviamente spero nessuno si illuda che sarà solo l'Europa a tagliuzzare la Russia attraverso l'Ucraina, restandosene in sicurezza senza subire risposte.
Questo sarà, temo, il punto di caduta naturale della presente situazione, con una spinta ulteriore al sequestro di risorse pubbliche per finanziare le industrie parabelliche degli amici degli amici, e con un'ulteriore compressione di tutte le residue libertà di parole, pensiero ed espressione sul suolo europeo.
La minaccia russa diventerà un ritornello permanente, e nel nome delle supreme istanze della difesa il sogno bagnato del neoliberalismo si realizzerà nella sua purezza: una società di schiavi, militarizzati nella mente e nel portafoglio, a beneficio dei nuovi feudatari della finanza.
La storia non è mai scritta, ma possiede tendenze inerziali.
Se non ci si oppone frontalmente, queste tendenze nel prossimo futuro ci saranno fatali.