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La malattia era latente

di Simone Torresani - 02/12/2020

La malattia era latente

Fonte: Il giornale del Ribelle

 Poiché il mio nome non è nuovo ai lettori di questo blog, in molti avranno capito che nei precedenti articoli mi sono abbandonato alla provocazione per indurre alla riflessione. Per continuare il ragionamento è necessaria una chiarificazione sul mio pensiero: è da nove mesi che penso -e continuo a pensare- che il lockdown è inutile, dannoso, devastante per l'economia, e il distanziamento sociale è qualcosa di aberrante. La stessa Argentina tre settimane orsono ha concluso il più lungo e rigoroso lockdown mondiale per puro sfinimento, col solo risultato di 1.425.000 contagi e 38.473 decessi (al 29 novembre), in proporzione peggio di noi se paragonata alla popolazione. Senza contare l'aumento della miseria e un nuovo crack economico-sociale in stile 2001.
Sia chiaro che in tempo di epidemia nessuno può far ciò che vuole: chiusure e limitazioni ci sono sempre state anche in passato (nel XVII secolo lo stesso cardinale Borromeo espose le reliquie di San Carlo a Milano forzato e controvoglia, adottando una linea che oggi diremmo "rigorista") e quindi una serie ragionevole di mirati divieti deve pur esserci senza per questo affossare la socialità e il lavoro.  Da noi si è trasceso ed è tempo e spazio perso spiegare perché. Qui si vuol solo far notare un paio di cose: è curioso come nel corso dell'anno le due "ore d' aria" permesse coincidono, putacaso, coi periodi di maggiori introiti economici quali la stagione vacanziera estiva e lo shopping di Natale. È schizofrenico udire i virologi lanciare gli allarmi su una terza ondata (che dati i precedenti ci sarà per davvero) e allentare i divieti per qualche settimana al solo scopo di permettere l'unica libertà "consentita" rimasta ai cittadini: la libertà di essere tubi digerenti, la libertà di consumare. Terza ondata, però ristoranti e cinema, musei e teatri -luoghi ove i protocolli sono severi e i contagi rari- chiusi ma le settimane bianche e gli sci (sport individuale, badate bene) aperti presumibilmente a gennaio.
Stupisce inoltre il tasso di conformismo e di obbedienza cieca del cittadino medio: mai avremmo pensato giungesse a tali livelli. Davanti alla spiaggia, al consumo, allo shopping natalizio e alla settimana bianca, insomma, la paura folle del contagio scompare e come marionette a comando si accettano le imposizioni più folli e antiscientifiche -coprifuoco in primis- ma dinnanzi a un bello smartphone per i regali natalizi (anche questi sono consentiti: "niente abbracci ma potremo scambiarci doni", disse Conte) non vi è covid che tenga e centri commerciali e negozi diventano per magia zone franche e sicure. Le scuole invece no. E intanto secondo anno perso e intanto il mondo corre, già in Asia e Oceania che sono i nuovi motori dell'umanità sta entrando prepotentemente la Quarta Rivoluzione Industriale. Da noi 300.000 studenti non riescono a interagire a distanza perché...semplicemente privi di pc!
Tralasciando queste cose che meritano un discorso a parte, un Paese che accetta simili imposizioni folli e accetta come un detenuto di passeggiare a comando durante l' "ora d' aria" è un Paese che ha una società ( il termine comunità oggi è impossibile da pronunciare) profondamente marcia, rosa dalla putredine e dalla fillossera,  totalmente priva di vitalità ed elementi vitali, svuotata, declinante, prossima quasi alla estinzione. La malattia era latente, serviva solo un avvenimento per farla esplodere e ora la abbiamo sotto gli occhi.  Dobbiamo metterci nella testa che stiamo attraversando una crisi di civiltà, di cui la crisi economica, sociale e sanitaria altro non sono che semplici corollari o dettagli.
"La crisi" scrisse 90 anni fa un acuto pensatore come Gramsci "consiste nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere. È in questo interregno dunque che si verificano i fenomeni morbosi più svariati". (A.Gramsci,"Quaderni dal carcere", nr 3, par.34, pag,311). È vero: il vecchio muore, sta morendo, in alcuni casi anzi è già morto e il nuovo non può nascere per la ragione lapalissiana che il nuovo non esiste.
Il nuovo non può essere di certo la Quarta Rivoluzione Industriale di robotica, informatica e intelligenza artificiale; il nuovo non può essere di certo una concezione più "larga" o umana della finanza oppure far diventare lo sviluppo "green", che poi tanto "green" non lo sarà di certo, data la voracità di corrente, terre rare, litio e silicio, e l' attuale vicenda del fallito golpe boliviano per le miniere di litio col tweet di Elon Musk dovrebbe far riflettere.
Civiltà è termine complesso da spiegare e non si lega di certo alla robotica, al green o all' Internet delle Cose prossimo venturo: queste cose non sono civiltà, non caratterizzano una civiltà. Civiltà è, detto all' osso, " idee, valori e tradizioni d'un popolo in un determinato momento della propria Storia". Le scoperte tecniche del mondo difficilissimo e complesso che ci aspettano in futuro, unite a questo lungo e snervante "interregno" gramsciano non produrranno nulla di buono.
L' epidemia prima o poi se ne andrà e quel che spaventa maggiormente non sono tanto i contagi o le vittime perché il coronavirus appartiene ai Quattro Cavalieri dell'Apocalisse che ci accompagnano da sempre. La paura è il "dopo", il "che vuoi fare da grande?", come dicevano un tempo i nostri vecchi. In questo tempo sospeso e perduto nessuno parla del "dopo".