La politica dell'iper-vassallizzazione europea
di Thomas Fazi - 01/09/2025
Fonte: Giubbe rosse
L’Europa è oggi più sottomessa a Washington politicamente, economicamente e militarmente che in qualsiasi altro momento dalla Seconda Guerra Mondiale. Come siamo arrivati a questo punto?
L’UE è stata venduta agli europei come un mezzo per rafforzare collettivamente il continente contro altre grandi potenze, in particolare gli Stati Uniti. Eppure, nel quarto di secolo trascorso dalla nascita del Trattato di Maastricht, si è verificato il contrario: l’Europa è oggi più vassallata politicamente, economicamente e militarmente da Washington – e quindi più debole e meno autonoma – che in qualsiasi altro momento dalla Seconda Guerra Mondiale. Si potrebbe dire che ciò a cui stiamo assistendo è in realtà un caso di iper-vassallizzazione che ricorda le dinamiche del tradizionale dominio coloniale. Negli ultimi anni, su praticamente tutte le principali questioni – commercio, energia, difesa, politica estera – i paesi europei hanno agito costantemente contro i propri interessi per conformarsi all’agenda strategica di Washington, o a veri e propri diktat.
Parlando del recente accordo commerciale UE-USA – in base al quale i beni industriali americani entreranno in Europa senza dazi, mentre le esportazioni europee verso gli Stati Uniti saranno soggette a una tariffa generale del 15%, unita all’impegno dell’UE ad acquistare 750 miliardi di dollari di energia statunitense e a investire 600 miliardi di dollari nell’economia statunitense – l’economista greco ed ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis lo ha definito la versione europea del Trattato di Nanchino del 1842. Questo fu il primo di diversi “trattati ineguali” imposti alla Cina dalle potenze occidentali, che garantirono alla Gran Bretagna concessioni significative e segnarono l’inizio del “secolo di umiliazioni” per la Cina. Analogamente, ha scritto Varoufakis, l’accordo commerciale UE-USA è un'”umiliazione che proietterà un’ombra per decenni sul continente”, segnando l’inizio del secolo di umiliazioni per l’Europa – con la notevole differenza, tuttavia, che “a differenza della Cina nel 1842, l’Unione Europea ha scelto liberamente l’umiliazione permanente”, non sulla scia di una schiacciante sconfitta militare.
L’imprenditore e analista geopolitico francese Arnaud Bertrand ha fatto un parallelo simile in relazione al vertice di pace Trump-Putin che si è recentemente svolto in Alaska. Nonostante il vertice abbia prodotto scarsi risultati concreti, Bertrand ha giustamente sostenuto che l’esclusione dell’Europa dai negoziati sul futuro del continente – con i leader europei, secondo il Washington Post, “che si affannano a rispondere” e sono relegati a elemosinare frammenti di informazioni attraverso canali diplomatici secondari – “rappresenta uno dei momenti più umilianti nella storia diplomatica europea”. “Esistono pochissimi esempi – se non nessuno – nella millenaria storia europea di una sconfitta militare contro una potenza esterna in cui l’Europa non era nemmeno seduta al tavolo per negoziare le condizioni del suo futuro”, ha scritto Bertrand.
“È così grave che il miglior parallelo storico – soprattutto se si confronta questo con altri eventi recenti – non si trova in Europa, ma ironicamente nelle pratiche imperialistiche che l’Europa un tempo perfezionò contro le nazioni più deboli”, ha aggiunto. “Dai negoziati in Alaska alla recente capitolazione commerciale, l’Europa sta subendo lo stesso trattamento che un tempo riservava ai territori coloniali – un’inversione storica in un certo senso karmica, seppur profondamente umiliante”.
Come nel caso dell’accordo commerciale UE-USA, il paradosso è che l’Europa ha in gran parte progettato la propria situazione difficile: allineandosi alla strategia decennale di Washington volta a destabilizzare l’Ucraina – e, dal 2022, abbracciando la guerra per procura della NATO contro la Russia, compreso il colpo autoinflitto di tagliare l’accesso al gas russo a basso costo – e poi sabotando le aperture di pace di Trump impegnandosi a fornire un sostegno finanziario e militare illimitato a Kiev, i paesi europei non solo hanno minato i loro interessi economici e di sicurezza fondamentali, ma si sono anche anche alienate sia Mosca che Washington, escludendosi di fatto da qualsiasi ruolo importante nei negoziati.
L’intera gestione europea della crisi ucraina può essere descritta solo come autodistruttiva. Mentre i leader europei hanno presentato le loro azioni come al servizio degli “interessi collettivi” dell’Occidente transatlantico, la verità è che non esiste alcun interesse unificato. In effetti, si potrebbe sostenere che gli obiettivi di Washington in questa guerra andassero oltre l’indebolimento e il “dissanguamento” della Russia: altrettanto cruciale – forse addirittura di più – era l’obiettivo di indebolire l’Europa stessa, recidendo i legami economici e strategici tra Europa (in particolare la Germania) e Russia e riaffermando il dominio degli Stati Uniti sul continente. Questo obiettivo è stato raggiunto sia rilanciando ed espandendo la NATO – un’istituzione di fatto controllata dagli Stati Uniti la cui funzione principale è sempre stata quella di garantire la subordinazione strategica dell’Europa a Washington – sia vincolando l’Europa a una dipendenza a lungo termine dalle esportazioni energetiche statunitensi.
Nulla illustra questa strategia – e la subordinazione dell’Europa a Washington – in modo più lampante della distruzione con l’esplosivo del Nord Stream, un’operazione eseguita direttamente dagli Stati Uniti o esternalizzata ai loro alleati NATO. Il silenzio della Germania – e dell’Europa – sul peggior atto di terrorismo industriale nella storia del continente, unito alla loro probabile complicità nell’insabbiarlo e all’insistenza nel vietare definitivamente il Nord Stream, incarna la radicata sottomissione dell’Europa agli Stati Uniti.
Da questa prospettiva, la guerra per procura della NATO in Ucraina può essere vista come un trionfo strategico per Washington, ottenuto a spese dell’Europa, con ampie zone dell’Europa occidentale, in primis la Germania, spinte verso la recessione e persino verso la deindustrializzazione. L’erosione della base industriale europea non solo consolida il predominio geopolitico degli Stati Uniti, ma apre anche la porta alla cannibalizzazione economica del continente da parte del capitale americano, guidato da giganti come BlackRock e altri mega-fondi statunitensi.
Come ha scritto Emmanuel Todd nel suo ultimo libro: “Mentre il suo potere diminuisce a livello mondiale, il sistema americano finisce per gravare sempre di più sui suoi protettorati, che rimangono le ultime basi del suo potere”. Con l’industria europea cruciale per gli interessi statunitensi, ha avvertito Todd, dovremmo aspettarci un maggiore “sfruttamento sistemico” delle economie europee da parte del centro imperialista di Washington. L’accordo commerciale UE-USA – che contiene persino quelli che sono di fatto tributi coloniali mascherati da “investimenti” – ha messo a nudo questa realtà.
Altrettanto emblematico della sottomissione europea è il programma di riarmo dell’UE e il suo impegno a soddisfare la richiesta di Trump che tutti gli Stati membri aumentino la spesa per la difesa della NATO al 5% del PIL. Presentato come un passo verso l'”autonomia strategica” e l'”indipendenza geopolitica” di un’Europa in grado di agire senza supervisione esterna sulla scena internazionale, la realtà, come hanno recentemente scritto diversi intellettuali di spicco della sinistra spagnola, è che il rafforzamento del braccio europeo della NATO, lungi dal significare una rottura con l’ordine esistente, “tende a rafforzare l’apparato atlantista e a consolidare la subordinazione strutturale del continente europeo alla potenza nordamericana” – la sua adesione agli impegni atlantisti, il suo allineamento automatico alle direttive del Pentagono e la sua dipendenza tecnologica dall’industria bellica statunitense. In questo contesto, il progetto di riarmo dell’UE rappresenta l’ulteriore funzionalizzazione degli Stati europei – in una chiara posizione subordinata – all’interno dell’apparato di contenimento globale statunitense.
Un ultimo punto degno di nota è l’allineamento dell’Europa con gli Stati Uniti nel fornire un incrollabile sostegno politico, diplomatico, economico e militare a Israele durante il genocidio in corso a Gaza, ormai prossimo al secondo anno. Questa posizione ha messo a nudo i flagranti doppi standard dell’Unione – il contrasto con la sua risposta all’invasione russa dell’Ucraina non potrebbe essere più netto – e ha infranto la poca credibilità morale che l’UE ancora possedeva sulla scena mondiale, aggravando il suo isolamento dalla maggioranza globale. Alla luce della delegazione di capi di Stato europei che si è precipitata a Washington per riaffermare il proprio sostegno al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, qualcuno può immaginare che i leader europei si sarebbero precipitati alla Casa Bianca per perorare la causa del popolo palestinese presso il presidente Trump, mentre veniva massacrato e affamato non da un nemico strategico dell’Occidente, ma da uno dei suoi alleati, Israele?
thomasfazi.com — Traduzione a cura di Old Hunter