Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La schiacciante prevalenza del privato sul pubblico rende i governi burattini delle finanziarie transnazionali

La schiacciante prevalenza del privato sul pubblico rende i governi burattini delle finanziarie transnazionali

di Giannozzo Pucci - 29/12/2025

La schiacciante prevalenza del privato sul pubblico rende i governi burattini delle finanziarie transnazionali

Fonte: Barbadillo

Nell’Obbedienza non è più una virtù, don Lorenzo Milani scriveva: “Il premio Nobel Max Born scriveva sul Bulletin of Atomic Scientists (aprile 1964): ‘Nella I guerra mondiale, i morti furono 5% civili, 95% militari (si poteva ancora sostenere che i civili erano morti incidentalmente). Nella II, 48% civili, 52% militari (non si poteva più sostenere che i civili fossero morti incidentalmente). In quella di Corea 84% civili, 16% militari (si può ormai sostenere che sono i militari a morire incidentalmente). Sappiamo tutti che i generali studiano la strategia d’oggi con l’unità di misura del megadeath (un milione di morti. Che io sappia, nessun teologo ammette che un soldato miri direttamente (si può ormai dire esclusivamente) ai civili. Dunque, in casi del genere, il cristiano deve obiettare, anche a costo della vita. Io aggiungerei che mi pare coerente dire che a una guerra simile il cristiano non potrà partecipare nemmeno come cuciniere” (L’obbedienza non è più una virtù, LEF, 1965 pagg.69-70).

Chi tutela la sanità dei popoli?

A questa perdita di legittimità per l’incapacità a difendere la popolazione civile nella guerra moderna, lo Stato attuale ha aggiunto un’altra perdita di legittimità in tempo di pace: la rinuncia a proteggere in modo efficace la salute pubblica dagli inquinamenti industriali e a porre limiti ai profitti illeciti, governando quell’1% della popolazione del mondo che detiene il 50% della ricchezza e le 300 persone più ricche che in un anno hanno aumentato le loro ricchezze più dell’intero reddito dei 29 Paesi più poveri messi insieme. (Vandana Shiva, Terra Viva, Navdanya International, 2015, pag.11)

Come chiamare un gruppo che ha come principale scopo la massimizzazione a qualsiasi costo dei profitti, usando pubblicità menzognera, nascondendo gravi rischi e facendo il possibile per camuffare i danni, evitandone o manipolandone gli accertamenti, pronto a sacrificare la gente per continuare anche un’ora sola nei suoi guadagni?  Un’organizzazione criminale. Come dovrebbe procedere uno Stato nei suoi confronti?  Come si procede coi delinquenti, o almeno evitando che continui a delinquere. Lo Stato moderno s’inchina invece a organizzazioni simili per il denaro che hanno e i posti di lavoro che promettono.

Al tempo della lotta per le investiture fra il Papa e l’imperatore, la scomunica di quest’ultimo rendeva liberi i suoi sudditi dall’obbedienza. Oggi la condanna morale del Papa nei confronti della struttura tecnocratica, che sta determinando la malattia della creazione, l’espropriazione dei diritti originari (es. uso della terra per sfamarsi) di gran parte dei suoi abitanti e il disastro per le future generazioni, rende lecita una obiezione di coscienza di massa a questo sistema con la ricostruzione di un ordine etico cioè legittimo. Tale disobbedienza dovrebbe cominciare uno per uno, famiglia per famiglia, sottraendo progressivamente i propri consumi al potere e alle tentazioni delle nuove comodità per rendersi meno dipendenti dal denaro.

Il ritorno alla “natura come norma valida” fa crollare il pilastro principale della moderna società dell’usura e dei consumi  (cfr. Romano Guardini, La fine dell’epoca moderna, pag. 57): il principio dell’onnipotenza antropocentrica su una realtà materiale intesa come modificabile e usabile senza limiti.

Storia della modernità

Volendo indicare una data per l’inizio dell’epoca moderna, si potrebbe scegliere simbolicamente il 3 maggio 1493, giorno della firma della Bolla Inter Caetera da parte del papa Alessandro VI e gli atti successivi, con i quali si definivano res nullius le terre nuove i cui abitanti non possedevano un titolo scritto di proprietà. È l’inizio della storia del colonialismo come guerra alla natura, ai suoi custodi e crescita del mercato sul furto di materie prime e dei diritti alla sussistenza indigena.

La Laudato sì, con una citazione, toglie ogni fondamento teologico e morale a questo processo: “Le creature di questo mondo non possono essere considerate un bene senza proprietario. Sono tue, Signore, amante della vita.” (Sap. 11,26)

Le conquiste coloniali sono state preparate da una bramosia, nei confronti delle terre e dei popoli, che implicitamente papa Francesco spiega e condanna: “Quando le persone diventano autoreferenziali e si isolano nella loro coscienza, accrescono la propria avidità. Più il cuore della persona è vuoto, più ha bisogno di oggetti da comprare, possedere e consumare.” (L.S. 204)

In parte si può descrivere così la febbre insaziabile di conquista che ha pervaso l’Occidente nello sforzo di riempire quel nulla nel cuore, “una povertà o meschinità dello sguardo dell’uomo, animato dal desiderio di possedere le cose anziché riferirle alla verità.” (Centesimus annus, n.37)

La febbre devastatrice continua nel bisogno di superare ogni confine fisico in una corsa il cui unico senso è il comodo e il cui traguardo è la morte in una guerra permanente in cui nessuno trova mai il suo posto, una guerra tenuta in piedi dalla mancanza di relazioni di parentela affettiva con le persone e i luoghi.

La pace e il proprio posto

“Se esiste una moltitudine di realtà multiformi da governare, occorre che tutto abbia un ordine e che ogni cosa stia al suo posto, così ogni cosa si riduce a una pace, perché ogni forma tende a stare al proprio posto e stando così ogni cosa sta nell’ordine e non fa discussione. Ogni cosa corporale quando è nel suo posto non cambia mai da sola se non è costretta, se non cambia natura. Perciò, Firenze, pare a me che tu debba stare ferma, nel tuo luogo dove Dio ti pone e non ti muovere o volere o cercare il luogo di altri se vuoi vivere bene, adesso che hai il modo che Dio ti ha dato; perciò bisogna che tu viva in modo ordinato e che ciascuno stia al suo posto, cosa che non potresti fare se non avessi già la forma che ti spinga a fare così e questa forma è la grazia di Dio, che Dio concede a chi vive cristianamente e il vero cristiano non lo vedrai mai cercare qualcosa che non convenga alla sua condizione, ma si lascia guidare da Dio e non esce in nulla dalla sua condizione e dal suo luogo” (Girolamo Savonarola, Prediche Italiane ai Fiorentini, novembre 1494, vol. I, La Nuova Italia Editrice, pag.70).

Questa idea di pace e di governo della casa comune contraddice la frase che Thomas Jefferson coniò nel XVIII secolo e che fa ancora bella mostra di sé sulla parete della sala di lettura sud della Biblioteca del Congresso di Washington: ”La terra appartiene sempre alla generazione vivente. Finché l’ha in usufrutto, può utilizzarla a propria discrezione insieme a tutto quello che produce”. È la divisa di uno Stato coloniale, che ha dimenticato il suo posto, insieme all’eredità delle generazioni passate e i cui campi sono diventati miniere, perché il principio di usufrutto è stato schiacciato dall’abuso discrezionale. Si pone fine alle colonie, costituendo una democrazia della casa comune nella propria terra, quella dove sono sepolti gli antenati, dove i camposanti rendono santi tutti gli altri campi.

“Caritas in veritate”

L’enciclica, richiamandosi alla Caritas in Veritate di Benedetto XVI riafferma l’urgenza di una Autorità politica mondiale. Le grandi macchine di distruzione della terra, le transnazionali finanziarie, chiedono sempre la centralizzazione del potere, perché ogni centro è più facilmente preda di corruzione e compromessi. L’idea di un’autorità politica mondiale non può essere paragonabile a uno Stato nazionale globale, ma a un punto d’incontro in cui le istituzioni inferiori abitano in modo paritetico, un’evoluzione dell’Onu che gli Stati forti hanno sempre bloccato.

La diffusa consapevolezza di un nuovo “stato di necessità”, insieme a un’evoluzione morale che salga dalle popolazioni potrebbe aiutare a riscoprire quei compiti di protezione di ogni cultura che sono stati esercitati da alcuni antichi imperi (cfr. (Fabrizio Fabbrini, Translatio Imperii: l’impero universale da Ciro ad Augusto, Edizioni di Storia e Letteratura, 1983). La condizione prioritaria perché ciò avvenga è riportare le attività finanziarie e industriali sotto la sovranità politica e non consentire a nessuna di loro di avere un bilancio più importante di uno Stato.

Per gentile concessione dell’editore, tratto dalla III parte de La rivoluzione integrale, saggio di Giannozzo Pucci (LEF, 2017): “La conversione della politica: politici commercianti o politici maestri”