La Siria nel burrone
di Andrea Zhok - 08/12/2024
Fonte: Andrea Zhok
Due riflessioni da profano sulle vicende siriane.
Come noto, il regime di Bashar al-Assad si è dissolto come una palla di neve in un forno. In capo ad una settimana le truppe degli "insorti" Hayat Tahrir al Shams sono arrivati da Idlib a Damasco, ricevendo effettiva resistenza soltanto dall'aviazione russa. Esercito siriano non pervenuto. Assad stesso e la sua famiglia sono fuggiti da Damasco; voci (non confermate) lo danno già all'estero. Il primo ministro siriano ha annunciato pubblicamente di voler sovraintendere ad un pacifico passaggio di consegne al nuovo potere, presumibilmente incarnato dal leader degli insorti (HTS) Abu Muhammad al-Julani.
Quest'operazione è una chiara vittoria di Turchia ed Israele.
Per capire quanto poco contano le parole pubbliche nella politica internazionale odierna, basta ricordare come Erdogan avesse continuamente minacciato sfracelli nei confronti di Israele, usando le espressioni più feroci nei confronti di Nethanyahu. Ma l'operazione attuale in Siria non si sarebbe potuta sviluppare senza un accordo di fatto tra turchi e israeliani, che ora stabiliranno delle forme di occupazione per procura delle aree limitrofe.
Gli sconfitti di questa vicenda, oltre ovviamente agli alawiti di Assad, sono Russia e Iran. La Russia corre il serio rischio di perdere la base navale di Tartus sulla costa siriana. L'Iran e in generale il mondo sciita sono il bersaglio principale dei movimenti derivati da Al Quaeda.
Le responsabilità politiche di Assad sono evidenti. Che Russia e Iran, alle prese con altri fronti, potessero aver allentato la propria attenzione nei confronti della Siria, questo è forse riprovevole ma comprensibile. Tuttavia l'incapacità di Assad di tessere lealtà interne, in particolare nell'esercito, appare clamorosa. Anche al netto delle difficoltà economiche dovute alle sanzioni, l'unica cosa che avrebbe dovuto essere al centro dell'attenzione di Assad, dopo lo scampato pericolo degli anni scorsi, sarebbe stato lavorare per un consolidamento delle lealtà istituzionali. E difficilmente il fallimento su questo punto sarebbe potuto essere più evidente. Sembra perciò improbabile che ci possa essere alcuno spazio per Assad anche in futuro nel contesto politico siriano, perché la sua incapacità politica appare troppo evidente e, in questo senso, imperdonabile.
La buona notizia è che la mancata resistenza da parte dell'esercito siriano ha evitato un inutile spargimento di sangue.
La cattiva notizia è che questo spargimento di sangue potrebbe essere semplicemente rinviato e diluito nel tempo, nel momento in cui la Siria oggi appare come terra di conquista a disposizione di chiunque abbia forze sul terreno. Il rischio di una "iraqizzazione" della Siria, con l'avvio di una serie interminabile di lotte in assenza di un potere riconosciuto, è molto alta. A meno che i principali attori regionali non abbiano già raggiunto un accordo di spartizione - ma sarebbe davvero sorprendente che un qualunque accordo in questo momento possa tenere - la prospettiva più probabile è la caduta del paese in una condizione di caos di lungo periodo.