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La truffa del Mes

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma - 11/04/2020

La truffa del Mes

Fonte: Paolo Becchi

Alla fine è successo quello che doveva succedere. Nonostante le rassicurazioni di Conte dei giorni scorsi, in cui aveva più volte confermato a reti unificate la sua avversione al Mes e la necessità dei coronabond, l’Eurogruppo di giovedì si è chiuso con l’accettazione del Mes da parte del nostro ministro delle finanze e l’esclusione dei coronabond. Conte ieri ha detto di avere una sola parola e che la sua posizione sul Mes non cambierà mai, quindi lui resta contrario. Ma allora, se così fosse, perché Gualtieri in seno all’Eurogruppo ha aderito ad un meccanismo che già sappiamo far molto male al Paese e sul quale non si è d’accordo? Ciò che è accaduto merita una analisi giuridica e politica.

Dal punto di vista giuridico l’Eurogruppo è una Istituzione non prevista dai trattati istitutivi della Ue, è una riunione informale dei ministri delle finanze degli Stati che adottano l’euro. Tra l’altro bisognerebbe osservare che l’art. 222 del Tfue (Trattato sul funzionamento dell’unione europea) prevede l’applicazione dello “spirito di solidarietà qualora uno Stato membro sia oggetto di un attacco terroristico o sia vittima di una calamità naturale”. Il virus è certamente una calamità naturale, ma la solidarietà è venuta a mancare per gli egoismi dei paesi del Nord Europa che del Trattato hanno fatto carta straccia.

Ciò che decide l’Eurogruppo è ciò che poi le Istituzioni dell’Unione portano avanti. Il documento sul quale giovedì sera i ministri delle finanze hanno trovato l’accordo finisce ora sul tavolo del Consiglio europeo che si riunirà il 23 aprile, composto dai capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri, che prima di firmare potranno limarlo ma non stravolgerlo.

Il documento sottoscritto dai ministri delle finanze prevede tre interventi: il Sure (interventi europei a sostegno della cassa integrazione e della disoccupazione), la Bei (banca centrale degli investimenti) e il Mes (meccanismo europeo di stabilità). Il punto 16 del documento afferma espressamente che “gli Stati membri dell’area euro che richiedono assistenza si impegnino a utilizzare questa linea di credito per sostenere il finanziamento interno dell’assistenza sanitaria diretta e indiretta, i costi relativi alla cura e alla prevenzione dovuti alla crisi Covid 19”. Questo vuol dire che il cosiddetto Mes “senza condizionalità” potrà essere attivato solo per le spese mediche e sanitarie riguardanti l’emergenza epidemiologica, mentre al di fuori di questo circoscritto intervento tutte le altre richieste di natura economica “seguiranno le disposizioni del Trattato Mes”, cioè dovranno essere applicate le condizionalità previste dal trattato vigente. In altre parole per il sostegno economico a famiglie e imprese, l’eventuale ricorso al Mes potrà avvenire solo alle condizioni previste dal trattato del 2012, su tutte la ristrutturazione del debito, vale a dire i tagli alla spesa pubblica e il consolidamento fiscale. In altre parole come si è fatto in Grecia.

Il ricorso al Meccanismo Europeo di Stabilità sarà concesso, si legge nel documento, nei limiti del “2 per cento del Pil del rispettivo membro alla fine del 2019, come parametro di riferimento”. Per l’Italia circa 37 miliardi. Una cifra ridicola. Ma c’è di peggio. Gli Stati membri che ricorressero al Mes, si legge sempre nel documento, “rimarranno impegnati a rafforzare i fondamenti economici e finanziari, coerentemente con i quadri di coordinamento e sorveglianza economica e fiscale dell’Ue”. Questo vuol dire che, passata l’emergenza sanitaria, gli Stati che avessero fatto ricorso al Mes saranno sottoposti alla sorveglianza economica e fiscale dell’Unione, esattamente ciò che avvenne per la Grecia.

Dal punto di vista politico tutto questo è avvenuto senza passare da una previa consultazione del Parlamento, che è da tempo in quarantena. Il governo olandese ha detto no ai coronabond su mandato parlamentare, noi abbiamo accettato il Mes senza un voto parlamentare. Grazie al virus è avvenuto il passaggio da un governo politico ad un governo tecnico che decide senza tener conto neppure della volontà del partito di maggioranza relativa. Siamo di fatto di fronte ad un governo Monti senza Monti e senza neppure l’appoggio parlamentare che aveva Monti. Tutto legale? Può essere, ma la legittimità è un’altra cosa.

Ora tocca al M5s. Vito Crimi ha già messo le mani avanti e su facebook ha scritto che non è stato firmato nulla, che l’Italia non ha attivato il Mes. È ovvio che in seno all’Eurogruppo non viene attivato proprio un bel niente, i ministri delle finanze condividono un documento che poi va al Consiglio europeo per le determinazioni politiche. Ma le misure sono già state decise, e tra queste c’è anche il Mes. Gli Stati, attraverso le procedure costituzionali interne, provvederanno successivamente all’attivazione delle misure se ritenute necessarie. Ma se gli strumenti sono quelli, dal Mes non si scappa.

Prima del Consiglio europeo che metterà la “bollinatura” sulle decisioni dell’Eurogruppo, le Camere potranno emanare un atto di indirizzo politico che vincoli il presidente del Consiglio, come previsto dalla Legge 24 dicembre 2012 n. 234, che all’art. 5 afferma che “il Governo assicura che la posizione rappresentata dall’Italia nella fase di negoziazione degli accordi di cui al comma 1 tenga conto degli atti di indirizzo adottati dalle Camere. Nel caso in cui il Governo non abbia potuto conformarsi agli atti di indirizzo, il Presidente del Consiglio dei Ministri o un Ministro da lui delegato riferisce tempestivamente alle Camere, fornendo le appropriate motivazioni della posizione assunta”.

Vedremo se il Parlamento esiste ancora e cosa farà il M5s. Intanto però il fatto che il ministro Gualtieri abbia aderito allo strumento del Mes senza previa autorizzazione delle Camere giustifica la presentazione da parte delle opposizioni di una mozione di sfiducia individuale nei confronti di un ministro che certo non ha difeso l’interesse nazionale. Wolfgang Munchau, colonnista del “Financial Times” ha espresso con grande chiarezza l’idea che “l’accordo raggiunto dall’Eurogruppo non è positivo per l’Italia e l’Europa meridionale. Come spesso accade, vediamo un ministro delle finanze italiano che accetta un accordo che alla fine non è nell’interesse del suo Paese”. Ci associamo a questo giudizio.