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Minneapolis chiama Roma

di Umberto Bianchi - 08/06/2020

Minneapolis chiama Roma

Fonte: Umberto Bianchi

Per i buonisti di vario ordine e tipo e per i vari media embedded, l’omicidio di George Floyd e la rivolta estesasi a macchia d’olio da Minneapolis a tutti gli Usa, sembrano essere l’occasione per ribadire e riconfermare “urbi et orbi”, le proprie velleità buoniste e recuperare quello spazio politico recentemente perduto, a causa del sopravanzare dei vari movimenti “populisti”.
E invece no. Nella rivolta di Minneapolis c’è qualcosa che non va, un qualcosa che, a lor signori, sfugge. Troppa rabbia, troppa partecipazione popolare e specialmente troppa trasversalità in quella che, partita da semplice protesta contro la mano forte dei tutori dell’ordine Usa, si sta invece trasformando in qualcosa d’altro. Con grande scandalo e disappunto dei nostri media, alla rivolta stanno partecipando in numero consistente, anche gruppi dell’estrema destra Usa. Nonostante l’immediata ostracizzazione di questi gruppi, quali “provocatori”, il segnale di un più profondo e radicato malessere, emerge sempre più chiaro.
Ad esser messo in discussione non è più solamente la mano forte e l’impianto repressivo delle autorità Usa, quanto un sistema, un modello di sviluppo che, evidentemente, sta facendo acqua da tutte le parti. A dimostrazione di quanto qui affermato, i vari focolai di rivolta che, qua e là per il mondo sono tornati a riaccendersi, dopo la pausa dovuta alla quarantena pandemica. Hong Kong, ma non solo, Beirut, Baghdad e chissà quanti altri, hanno ripreso a scendere in piazza per esprimere, con ancor più vigore, il proprio malessere verso il Liberismo Globale.
Qualcuno pensava con la vicenda Coronavirus, di aver fatto un affarone. Immiserire e far chiudere attività economiche da poter, in seguito, acquisire sui mercati, a prezzo “scontato”. Guadagni astronomici per le varie industrie farmaceutiche, grazie alla preparazione ed alla vendita di vaccini e medicinali anti-Covid. Senza contare, il vantaggio politico conseguente all’instaurazione di uno stato di sostanziale privazione delle libertà di movimento e d’espressione, in grado di neutralizzare tutte quelle forze politiche anti sistema, che stavano acquistando sempre più spazi di agibilità, facendo loro perdere la spinta propulsiva che ne caratterizzava l’azione.
Certe persone, però, non han fatto i conti con quelli che, senza ombra di dubbio, potremmo definire “danni collaterali”. Non avevano previsto che, a seguito delle loro illuminate misure quel malessere sociale che, nelle loro intenzioni, avrebbe dovuto ingenerare paura ed apatia, ha invece ingenerato una compressione, un mix di malessere, risentimento e rabbia tali, da dar luogo ad una incontrollata serie di ritorni di fiamma di tutte quelle rivolte e turbolenze politiche che si credeva il Covid avesse, invece, neutralizzato.
L’America brucia. Ed a bruciare non sono solo le carcasse degli autoveicoli messi di traverso, ma anche e specialmente, le certezze di un modello, quello globalista, che si credeva avrebbe ingenerato una crescita illimitata ed invece ha creato miseria, sperequazione, dissesto umano ed ambientale “urbi et orbi”. Bruciano anche i consensi di “The Donald”, il cui rozzo massimalismo populista ha mostrato tutti propri limiti. Invocare la mano forte, non porgendo orecchio al grido di una società ferita da anni ed anni di instabilità economica e finanziaria, frustrata da una violenza diffusa a cui fa da contraltare il rigorismo efficientista della pubblica autorità, ha offuscato e non poco, l’immagine del vulcanico Presidente-Tycoon.
Il principale “competitor” geo economico degli Usa, la Cina, ha colto l’occasione al balzo per ribaltare in direzione di questi ultimi, le accuse di violare i diritti umani attraverso il razzismo e con l’atteggiamento repressivo verso i vari moti insurrezionali. In tutto questo, però, il gigante cinese non si rende conto di avere i piedi d’argilla. Il “default” del Globalismo che va profilandosi all’orizzonte, rischia di travolgere in primis, proprio quella Cina che, nella pessima gestione del caso Coronavirus, ha messo a repentaglio tutte quelle certezze di una crescita senza freni, rischiando di pagare un prezzo molto salato, in termini di risarcimenti a tutte le nazioni del mondo industrializzato e non solo.
 Concluso il lungo periodo di quarantena, nel nostro stesso paese si sono iniziati a manifestare dei segnali di forte disagio economico e sociale, causati da una forzosa e prolungata chiusura di tutte le attività economiche, a cui non ha fatto da contraltare nessun serio provvedimento di aiuto economico, né alcuna iniziale forma di prevenzione sanitaria, ingenerando così una pesante spirale recessiva.
Neanche a dirlo, le varie manifestazioni recentemente organizzate in varie città italiane, sia da partiti politici dell’area parlamentare che da spontanei movimenti di cittadini, sono stati, dai nostri media “embedded”, immediatamente e frettolosamente bollati, quali “estremisti di destra” o “neofascisti”. La pratica della demonizzazione di chi non si adegua ai parametri del pensiero dominante, è vecchia e rappresenta sempre la via d’uscita dalle situazioni più imbarazzanti per il potere ma, stavolta, servirà a ben poco.
Il malcontento largamente diffuso nel nostro paese, sta facendo da volano, al proliferare di un numero di movimenti spontanei di opposizione, tale, da render sempre più difficile e meno praticabile, un’azione di contenimento e repressione di certe istanze. E pertanto, certe inamidati ed inossidabili inquilini dei vari palazzi romani, prima si renderanno conto di tutto questo e capiranno che è ora di lasciare spazio a certe istanze, meglio sarà, per tutti. Noi e Loro.