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Occidente: il non essere dell’Europa

di Luigi Tedeschi - 05/05/2022

Occidente: il non essere dell’Europa

Fonte: Italicum

Un’Europa sempre uguale a se stessa
L’Europa ha ritrovato se stessa nella sua unità, cioè nella Nato? L’Europa, già imbalsamata ed amorfa, con la scelta di campo atlantista, si è tramutata in un soggetto geopolitico? No, la succube e consensuale subalternità dell’Europa alla Nato è la chiara ed evidente manifestazione della sua genetica attitudine alla non – scelta. L’Europa resta ibernata nel suo non – essere, quale territorio continentale inserito nell’Occidente atlantico. L’Europa resta subalterna alla potenza americana e, per di più, estranea ad un contesto geopolitico mondiale in fase di profonde trasformazioni.
La UE, ormai in perfetta simbiosi con la Nato, vuole preservare solo se stessa, con la sua struttura tecnocratico – finanziaria, con il suo modello economico neoliberista, con la sua stratificazione sociale eminentemente classista. La UE è infatti una entità sovranazionale immobile, rivelatasi irriformabile nei suoi equilibri oligarchici. L’Europa è e rimane sempre uguale a se stessa; né la crisi pandemica, né la guerra in atto al suo interno, hanno scalfito la sua assenza di identità. Le ricorrenti emergenze non hanno nemmeno indotto i popoli europei a ripensare se stessi e il ruolo dell’Europa nel contesto mondiale.
La crisi energetica, già in atto durante la fase post – pandemica, si è ulteriormente aggravata con il conflitto russo – ucraino. Le proposte riguardanti una intesa tra i membri dalla UE su acquisti e scorte comuni di energia e la fissazione di un tetto ai prezzi energetici si sono scontrate con il muro di ostilità innalzato dai paesi frugali. I prezzi dei beni energetici vengono contrattati alla borsa di Amsterdam. Infatti, il caro – energia deriva dalla speculazione finanziaria, non dalla guerra. Sono state altresì respinte le istanze riguardanti l’istituzione di un nuovo Pnrr per far fronte alla recessione economica incipiente e le proposte relative alla condivisione del debito contratto dagli stati in occasione della crisi pandemica. E’ da rilevare inoltre, la rigidità dimostrata dai paesi frugali circa una eventuale riforma del patto di stabilità, di cui anzi i falchi dell’austerity invocano il ripristino nel 2023. Né la pandemia né la guerra, hanno peraltro distolto le elite della UE dai progetti relativi alla rivoluzione digitale e alla transizione ambientale. Con quali risorse potranno essere realizzate trasformazioni strutturali di tale portata, non è dato di sapere. C’è infine da chiedersi, quanta parte dei fondi del Pnrr verranno sottratti agli investimenti strutturali per essere destinati agli armamenti, a supporto della guerra americana in Ucraina!
L’espansione della Nato ad est avrebbe comportato l’esportazione in Ucraina del modello occidentale, americanista nella cultura e neoliberista in economia. Una Ucraina sradicata dalla sua identità storico – culturale integrata nell’area di influenza russa, avrebbe come unico valore unificante l’americanismo, coerentemente alla sua funzione geopolitica di avamposto della Nato in Eurasia. L’Europa della Nato quindi si è trasformata in una terra di mezzo funzionale all’espansione ad est del modello societario neoliberista. Con la assordante propaganda di guerra mediatica, il mainstream induce le masse a credere di vivere nel migliore dei mondi possibili, a concepire l’Occidente come una civiltà superiore, identificabile con i valori della liberal – democrazia, dell’uguaglianza, del benessere diffuso. Senza però tenere conto che il modello liberal - democratico è ormai in fase di avanzata decomposizione nello stesso Occidente, dato che l’avvento del neoliberismo economico ha generato una società sempre più elitaria e tecnocratica, con la progressiva scomparsa del welfare e del benessere diffuso.
L’Europa del benessere consumista non potrebbe in ogni caso trasformarsi in una potenza geopolitica. Una potenza mondiale antepone infatti le proprie finalità politico – strategiche alla crescita economica e al benessere dei cittadini. Questo confronto / scontro tra Occidente e Russia, comporterà profondi traumi per l’Europa. L’occidentalizzazione economicista ha determinato da tempo la fuoriuscita dell’Europa dalla storia. Mentre invece la Russia rivendica il suo ruolo di potenza mondiale, facendo leva sui valori identitari. Questa frattura insanabile tra Occidente e Russia viene ben delineata da Pierangelo Buttafuoco in una recente intervista: “Per l’Occidente la Russia è un nemico più ostile persino dell’Unione Sovietica, perché decenni di materialismo scientifico non sono riusciti a scalfirne l’identità e lo spirito. La Russia è la prima potenza cristiana sul continente europeo, ha solide tradizioni, a Dio i russi ci credono davvero. Tutto ciò appare preoccupante e odioso per chi guarda il mondo con gli occhi del laicismo e dello scientismo occidentale”.

La UE: un fallimento da troppo tempo annunciato
La guerra russo – ucraina è in atto dal 2014 e ha subito varie evoluzioni. In una prima fase la Russia ha occupato la Crimea e il Donbass, a seguito del colpo di stato filoccidentale di piazza Maidan in Ucraina. Quindi, in una seconda fase, ha avuto luogo l’invasione russa contrastata dalla resistenza ucraina.  E’ ora in corso una terza fase, che vede contrapposte USA e Russia indirettamente, attraverso il sostegno della Nato all’Ucraina.
Al di là della attuale monolitica unità tra la UE e la Nato, data la crisi economica ed energetica che colpirà l’Europa e l’evidente discrepanza degli obiettivi tra USA ed Europa (destituzione di Putin e destabilizzazione della Russia per gli americani – trattativa con la Russia e fine del conflitto da parte europea), non potranno che verificarsi profonde fratture tra la Nato e l’Europa e all’interno della stessa UE. Questa guerra ha condotto alla mobilitazione dell’Europa da parte degli USA che intendono tutelare i propri interessi strategici attraverso l’azione della Nato. Tuttavia gli oneri derivanti dalla guerra, dalle ritorsioni russe alle sanzioni economiche, unitamente ai costi per la diversificazione energetica, alle spese per armamenti e alle conseguenze della crisi economica, gravano sugli europei. La strategia di strangolamento della Russia messa in atto dagli USA, tramite le sanzioni e il logoramento bellico, non può che condurre alla rottura dei rapporti tra la UE e la Russia e, successivamente, alla inclusione (o reclusione?) dell’Europa nell’area geopolitica anglosassone – atlantica.
E’ in corso difatti un riorientamento geopolitico interno all’Europa. Il baricentro dell’Europa si è spostato ad est. Occorre premettere che l’adesione dei paesi dell’est europeo alla UE fu subordinata alla loro appartenenza alla Nato in funzione anti – russa. Non a caso oggi i paesi dell’Europa orientale, unitamente a quelli del Nord e del Baltico, con il sostegno della Gran Bretagna, sono accesi fautori dello scontro diretto tra USA e Russia (contrariamente agli altri paesi europei). E, poiché il teatro del conflitto è l’Europa, emerge chiaramente la volontà degli USA di pervenire, attraverso l’esasperazione della politica sanzionatoria e della conflittualità con la Russia, allo smembramento dell’Europa. Se Putin non è riuscito a dividere l’Europa, ci riuscirà Biden, destabilizzandola.
L’espansione della Nato nell’est europeo è la causa prima del conflitto russo - ucraino. Putin pretendeva garanzie scritte circa la non adesione dell’Ucraina alla Nato. Ma Biden ha rifiutato qualunque trattativa con Putin. Occorre rilevare inoltre, che l’espansione della Nato nell’est europeo è avvenuta in aperta violazione sia del Trattato Atlantico che dello statuto dell’ONU. Il Trattato Atlantico dispone  infatti la composizione pacifica delle controversie internazionali (art. 1), la mutua difesa degli stati membri (artt. 5/6), - ma l’Ucraina non lo è - e soprattutto (art. 7), che il Trattato non può ledere i diritti e gli obblighi stabiliti dallo statuto dell’ONU nei confronti degli stati membri delle Nazioni Unite. E’ dunque evidente che l’espansione della Nato ad est è avvenuta in aperta violazione sia del Trattato Atlantico che dello statuto dell’ONU, in quanto lesiva del diritto alla sicurezza della Russia, cioè di uno stato membro. L’azione della Nato rappresenta dunque una palese violazione del diritto internazionale, come evidenziato da Fabio Mini, in un articolo pubblicato sul n. 2/2022 di Limes intitolato “La via verso il disastro”: “La Russia è parte delle Nazioni Unite e la politica della Nato ne ha leso i diritti, compromettendo la pace e la sicurezza di tutto il mondo. Da questa lesione parte la reazione russa e sorprende che non sia scattata prima. L'articolo 10 stabilisce che le parti <possono>, con accordo unanime, invitare a aderire al trattato ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei princìpi dello stesso e di <contribuire alla sicurezza della regione dell'Atlantico settentrionale>.  Durante il vertice della Nato di Bucarest del 2008, il presidente americano G.W. Bush, nonostante il parere contrario della propria intelligence, parlò espressamente dell'ammissione alla Nato di Georgia e Ucraina. Paesi che non potevano contribuire alla sicurezza dell'Alleanza, se non peggiorandola”.
Gli effetti della politica sanzionatoria messa in atto da Biden nei confronti della Russia saranno devastanti per l’Europa, il cui ruolo economico nel mondo sarà drasticamente ridimensionato. Le sanzioni non determineranno certo il default della Russia e tanto meno provocheranno l’implosione del sistema politico russo, che ne uscirà rafforzato. Non colpiranno l’economia americana, ma quella europea che ne uscirà distrutta. La perdita dei capitali europei investiti in Russia ammonta a 310 miliardi di dollari, mentre quelli americani sono appena 14. Ma soprattutto, l’aumento dei prezzi energetici provocherà in Europa inflazione e recessione economica, mentre gli USA, dal punto di vista energetico, sono autosufficienti. Gli USA mirano a sostituire la dipendenza energetica europea dalla Russia con quella americana. La diversificazione energetica europea comporterà l’importazione dello shale gas americano e la necessità di grandi investimenti per impianti di rigassificazione. Il costo dello shale gas importato dagli USA (il cui impatto ambientale è devastante), ammonta a circa il doppio rispetto a quello del gas russo. In tema di sanzioni alla Russia si registra però una rilevante frattura tra i paesi europei. Afferma a tal riguardo Giacomo Gabellini nel libro “Ucraina: il mondo al bivio”: “In seno allo schieramento euro-atlantico è invece emersa una vistosa spaccatura, che separa la compagine “oltranzista” formata da Stati Uniti, Gran Bretagna, Polonia e Paesi baltici, da quella anelante all’attuazione di una de-escalation di cui fanno parte Francia, Germania e – in una posizione più defilata – Italia. Per costoro, al di là dei roboanti proclami e delle solenni dichiarazioni d’impegno, il ripristino di una relazione meno conflittuale con la Russia rappresenta una necessità economica di vitale rilevanza. Prova ne sono le clamorose dichiarazioni formulate dall’amministratore delegato di Basf, una delle principali società al mondo nel settore della chimica, secondo cui l’interruzione degli approvvigionamento di gas russo metterebbe a repentaglio la sopravvivenza piccole e medie imprese tedesche e provocherebbe in Germania la «peggiore crisi economica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, in grado di distruggere la nostra prosperità»”.
Si rileva inoltre il decisivo impatto che avrà sull’economia europea l’interruzione delle importazioni di grano e cereali russi e ucraini. Tra l’altro, le importazioni di prodotti alimentari americani apriranno le porte dell’Europa agli OGM? Quindi, le sanzioni alla Russia comporteranno per gli USA l’apertura di nuovi mercati, ma, parallelamente, determineranno la destrutturazione dell’economia europea. Inoltre, qualora il conflitto si prorogasse nel tempo, si verificherebbe una inevitabile fuga di capitali dall’area dell’euro divenuta instabile, verso quella del dollaro. Si riproporrebbe quindi un fenomeno già più volte verificatosi in passato: gli USA hanno spesso alimentato la propria economia a discapito dei paesi situati in aree di crisi.
La UE è un organismo costruito sulla base di un progetto di ingegneria finanziaria del tutto artificiale e rivela la sua incapacità ad affrontare le crisi ricorrenti nella geopolitica mondiale. L’Europa per sopravvivere, dovrà quindi, a costo di affrontare crisi e conflittualità, reinserirsi nel contesto storico – politico contemporaneo, dato che per la UE questa crisi rappresenta un fallimento da troppo tempo annunciato. Gennaro Scala, riguardo alla genesi della UE, ha efficacemente affermato: “Non si può pensare di creare artificialmente ciò che la storia non ha creato”.

La Germania, tra declassamento economico e riarmo
Questa guerra avrà l’effetto di sconvolgere gli equilibri interni dell’Europa. E’ infatti negli obiettivi americani, oltre che la destabilizzazione della Russia, anche la rottura del legame storico tra Berlino e Mosca. Gli USA mirano cioè a distruggere l’area di influenza nell’Eurasia della potenza economica tedesca, attraverso l’embargo del gas e del petrolio russo e la guerra. E’ in corso una manovra di attacco congiunto di USA e Gran Bretagna al primato economico della Germania per il predominio sull’Europa. Gli USA vogliono colpire il modello economico tedesco, che è stato costruito in 20 anni attraverso relazioni privilegiate con la Russia, con l’accesso a forniture di materie prime ed energia a basso costo e la delocalizzazione industriale nei paesi dell’est europeo. Ma soprattutto è sotto attacco americano l’export tedesco e il surplus commerciale della Germania, realizzatosi mediante l’adozione dell’euro, quale valuta sottovalutata rispetto al marco, fattore che ha largamente contribuito ad accrescere la competitività dell’export tedesco nei mercati americani. Con la guerra Biden intende portare a compimento la strategia di depotenziamento dell’economia europea già inaugurata da Trump con la politica dei dazi.
Questa guerra condurrà al declassamento della potenza tedesca ed europea nel mondo. Viene meno il ruolo geopolitico centrale ricoperto dalla Germania in Europa nel contesto dei mutamenti della strategia geopolitica americana. La cortina di ferro viene spostata ad est con il potenziamento della presenza della Nato nei paesi baltici e in quelli del Trimarium (area estesa dalla Polonia al Mar Nero). La strategia della Nato di contenimento ad est della Russia, implica pertanto la dissoluzione della sfera di influenza tedesca nell’Europa orientale, la fine dell’interdipendenza energetica russo – tedesca e la frattura dei legami geopolitici tra Germania ed Eurasia. Nel contesto di questo nuovo espansionismo della Nato, viene stroncata qualunque aspirazione autonomistica dell’Europa.
In questa fase di trasformazione della geopolitica europea, assumono particolare rilievo le prospettive di riarmo della Germania. Scholz ha annunciato che saranno investiti in armamenti nei prossimi anni 100 miliardi di euro, cioè oltre il 2% del Pil tedesco. Il riarmo tedesco rappresenta quindi una svolta epocale? La Germania, da potenza economica – mercantilista, si trasformerà in una potenza geopolitica? Trattasi comunque di una svolta politica avvenuta su base nazionale e quindi non certo in vista della creazione di un esercito comune europeo. Il riarmo tedesco non è stato concepito al fine di salvaguardare le esigenze di sicurezza della Germania, ma si inquadra bensì nella strategia della Nato di contenimento della Russia. La nuova Germania armata assurge a potenza continentale, ma nell’ambito della strategia americana di devoluzione all’Europa dei costi della difesa della nuova cortina di ferro innalzata dalla Nato ai confini con la Russia.
La prospettiva del riarmo della Germania è densa di incognite. La Germania è alle soglie di una grave crisi economica determinata dai rincari energetici, dalle difficoltà di approvvigionamento dei semiconduttori per la produzione industriale e dalla inefficienza delle filiere produttive verificatasi a seguito della pandemia. Si è ripresentato inoltre lo spettro dell’inflazione, che sulla popolazione tedesca, dati i precedenti storici, potrebbe avere un impatto traumatico. In questo contesto, quale sarà la reazione del popolo tedesco nei confronti di un governo che delibera di devolvere agli armamenti rilevanti risorse altrimenti destinate al sostegno dell’economia e alla spesa sociale per far fronte alla crisi post pandemica? Al riarmo tedesco fa riscontro il declassamento economico e politico della Germania. Quale impatto avrà la prospettiva del riarmo tedesco in funzione anti – russa su una popolazione da generazioni vissuta in un clima di pacifismo post – storico e che annovera rilevanti settori dell’opinione pubblica filorussi, specie nei länder orientali? Qualcuno ha detto, con ironia, a proposito del servile atlantismo del governo Draghi, che l’Italia è la Bielorussia dell’Occidente. Ma allora, la Germania del riarmo non diventerà la DDR degli USA?

Occidente: il non essere dell’Europa
La guerra russo – ucraina sancisce la fine dell’era del dominio globale e unilaterale americano iniziata con la dissoluzione dell’URSS. Il fallimento della unione europea, così come le prospettive di una futuribile disgregazione della UE erano implicite già nella sua stessa genesi, quale organismo economico – finanziario sovranazionale inserito nel contesto atlantista della Nato.
L’Europa non è un soggetto geopolitico in quanto parte integrante dell’Occidente atlantico. L’identificazione tra l’Europa e l’Occidente si è rivelata una contraddizione insanabile. L’appartenenza dell’Europa all’Occidente ha comportato l’occupazione militare americana e la sovranità limitata per l’Europa. L’Occidente rappresenta oggi il non – essere dell’Europa. Qualunque prospettiva di sovranità geopolitica europea implica lo scorporo dell’Europa dall’area occidentale atlantica. Occorre quindi preliminarmente identificare nell’Occidente il nemico irriducibile dell’Europa. Franco Cardini afferma nel suo saggio “La guerra in Ucraina e AmEuropa contro Eurasia”: “Quel ch’è certo è che le vecchie contrapposizioni sociopolitiche e socioculturali non esistono più. Il processo di globalizzazione, avviato ormai mezzo millennio fa, si è quasi concluso”… “Dinanzi a tutto ciò, bisogna scegliere: non subito magari, gradualmente e saggiamente senza dubbio, ma con un rigore che ancora non è chiaro a tutti ma che lo diventerà. Ora che l’unanimismo artificiale e forzato “pro-Ucraina” (cioè pro-NATO) comincia a mostrar segni di metabolizzazione mentre sempre più evidente appare che pagheremo noi europei buona parte del peso delle demenziali sanzioni alla Russia, che sono direttamente o indirettamente dirette anche contro di noi, nonché di quelle del riarmo di un esercito “nostro” che noi non comandiamo e che non agisce dietro nostro ordine, resta la decisione di fondo che spetta a noi e solo a noi: se accettare in quanto europei di essere d’ora in poi “ameuropei” (ricordate America amara di Emilio Cecchi?) oppure riprendere un cammino millenario ch’era nostro fino dall’antichità e con sempre più severa consapevolezza dirci “eurasiatici”… “Oggi, ciascuno di noi europei è chiamato a scegliere se preferisce vivere nella periferia occidentale dell’Eurasia o in quella orientale dell’AmEuropa. Il sole è sempre sorto ad oriente, è sempre andato a morire a occidente. Decidiamo”.
E’ in corso una guerra tra USA e Russia che trascende la crisi ucraina. Assistiamo ad una contrapposizione tra due modelli geopolitici alternativi il cui esito determinerà rilevanti trasformazioni nel corso della storia dei futuri decenni. Alla globalizzazione neoliberista si contrappongono gli stati e le identità dei popoli. Non a caso gli stati si oppongono al dominio americano vengono definiti “stati canaglia”. All’universalismo unilateralista americano si contrappone il pluriverso multilateralista delle diverse culture continentali. Come afferma Pierangelo Buttafuoco, “Da un lato c’è «l’imperium», le potenze imperiali, Stati Uniti compresi: come dice Dario Fabbri, sono i popoli che non prendono l’aperitivo, che hanno spirito combattivo e identità plurali. Dall’altro c’è il «dominium» di noi europei, il tentativo di riunire il mondo ad unica identità, ad un unico progetto. Anziché perdere tempo con la propaganda, dovremmo riflettere su una guerra che mette in discussione la globalizzazione. Noi occidentali siamo convinti di avere la parola definitiva sugli eventi della storia, ma esiste un disegno globale dove potenze spiritualmente fortissime si sono incontrate: Cina, Russia, India, Pakistan”. All’orizzonte immanentista della post – storia dell’ideologia liberale si contrappone il ritorno della storia, quale naturale dimensione della vita dell’uomo e dei popoli.
Queste contrapposizioni si riproporranno al di là dell’attuale conflitto. Le contrapposizioni tra schieramenti opposti sono parte integrante della dialettica della storia. I regimi, le ideologie, le dottrine politiche, sono destinate a dissolversi nel divenire della storia. Ma i popoli e le loro identità restano. Occorre dunque schierarsi in base alle proprie motivazioni ideali e geopolitiche, prescindendo dall’orientamento politico - ideologico delle classi dirigenti di entrambe le potenze in conflitto. Non si può essere fans di Putin o di Biden. Occorre schierarsi perché è in corso la trasformazione dell’ordine geopolitico mondiale, perché è in gioco il nostro essere nella storia. Perché nella “trappola atlantica” non è caduto solo Putin, ma soprattutto l’Europa. Occorre schierarsi perché altrimenti saranno gli USA a schierare noi, quali sudditi dell’impero globale atlantico.
Quale potrebbe essere il valore unificante di uno schieramento tra i popoli europei? Il rifiuto dell’americanismo, inteso come materialismo consumista, economicismo totalizzante, infezione mortale dello spirito, distruzione dell’etica delle comunità umane, espansionismo armato delle guerre infinite. Occorre costituire un fronte del rifiuto europeo, cioè uno schieramento trasversale tra i popoli, che travalichi gli stati e perfino i continenti. Dal rifiuto emergeranno nuove identità e nuovi movimenti politici, scaturiti dalla lotta per la sovranità dei popoli e degli stati europei.
La storia ha subito una improvvisa accelerazione, che implica scelte esistenziali prima che politiche. L’estraniarsi dalla storia condurrebbe alla fatale dissoluzione dell’Europa nel nichilismo della post – storia.