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Realtà e narrazione

di Pierluigi Fagan - 06/05/2025

Realtà e narrazione

Fonte: Pierluigi Fagan

Dagli eventi del 7 ottobre 2023 in Israele, è esplosa una potente bolla narrativa che ha preso il posto dei fatti. Le opinioni pubbliche occidentali, per lo più, si sono immerse nelle discussioni narrative tralasciando i fatti. Semitismo-antisemitismo è diventato un classico della tempesta narrativa. Shoa ebraica e genocidio palestinese ne è stato un altro. Civiltà e barbarie pur non convocato come tale, è stato un altro topos narrativo convocato nella tenzone. Molte discussioni, anche qui e su questa pagina, dopo aver scalato vari livelli di rincorsa ad armamenti narrativi sempre più divisivi, non hanno potuto far altro che rimandare il giudizio finale al “vedremo”.
Oggi non siamo ancora a quella fine dei fatti che ci permetterebbe di tirare la linea del giudizio, ma ci stiamo avvicinando. Il governo israeliano ha lanciato l’operazione “Carro di Gedeone”, una delle tante pièce narrative del capostipite di tutte le narrazioni occidentali: l’Antico Testamento.
La storiella di questo Gedeone si riferirebbe a fatti lontani, tipo XII secolo a.C., ma occorre ricordare che la redazione più o meno compiuta del Libro, è solo del VI secolo a.C. in quel di Babilonia, 700 anni dai presunti “fatti”. Quindi abbiamo un popolo che, residente su una terra condivisa con altri popoli, richiama una credenza condivisa  di quasi quattromila anni fa, per un totale di meno di 18 milioni di persone in giro per il mondo (0,2% pop mondiale) inquadrando così narrativamente i fatti che sta compiendo. Per altro, la storiella di Gedeone, non si capisce affatto che parallelo anche metaforico avrebbe con la faccenda di Gaza. L’operazione “carro di Gedeone” pare voglia dislocare (deportare) tutti i palestinesi della Striscia e occuparla definitivamente.
Ma cosa sta si sta compiendo più ampiamente?
Di base, Netanyahu sta compiendo il progetto che lui stesso presentò con tanto di cartine e pennarelli all’Assemblea generale dell’ONU, pochi giorni prima del 7 ottobre. Il progetto risale ad un piano strategico condiviso da americani, israeliani e arabi del Golfo che venne sancito da gli Accordi di Abramo al tempo della prima presidenza Trump, sviluppato dall’amministrazione Biden con l’idea della “Via del cotone” la cui logistica è riportata nella cartina allegata, confermato dalla seconda presidenza Trump che ha vagheggiato di fare della striscia di Gaza, una ZES ovvero una Zona Economica Speciale (non si sa se sotto amministrazione americana o israeliana o mista).
Ricordo che la Striscia di Gaza, sarebbe riconosciuta formalmente dall’Onu (2012) come parte dello Stato di Palestina. Ma questo è il destino del “diritto internazionale” un concetto che ci piacerebbe avesse senso, ma non lo ha affatto poiché è impossibile nei fatti. Improbabile che nazioni diverse riconoscano un diritto superiore al loro quando una nazione si fa Stato proprio definendo sovranamente il suo diritto, la macchina del giudizio e il sistema penale.
La logica di questo progetto è ben articolata. Il cuore sarebbe mettere in comune degli interessi tra monarchie arabe del Golfo e Israele, una pace basata su gli affari, la più solida che da quelle parti si possa immaginare. Ma il principio di causa complessa, ci invita a leggere anche le intenzioni di contorno.
Netanyahu con lo stato di guerra permanente rimanda sine die la sua fattiva comparsa in tribunale per crimini pregressi e conta sul fatto che, oltre a rimandare, una volta che avrà realizzato il grande progetto liberandosi dei palestinesi di Gaza e Hamas, sarà eroe di Israele e come tale difficilmente giudicabile per inezie formali della precedente incriminazione.
Netanyahu si basa su una maggioranza di destra più o meno estrema che a sua volta si basa su una fetta di popolazione migrata in Israele in base alla narrazione sul ricongiungimento degli ebrei (ma c’è anche il dubbio che molti -provenienti dall’est Europa da dopo il 1991- lo siano davvero) per quanto l’idea stessa di usare questa identità etnica o razziale sia accettata dalla cultura occidentale che in altri casi disconosce e abiura la presunta identità di una etnia che si fa razza.
Ma agli “ebrei” tutto è concesso, sia perché fondano coi Greci l’occidentalità (per via della narrazione religiosa), sia perché come israeliani sono un cuneo occidentalista conficcato in una parte sensibile del mondo arabo, sia perché l’Occidente (e i tedeschi più di ogni altro) ha molta coscienza sporca riguardo questo popolo. L’unico popolo al mondo che ritiene di avere immutata continuità di esistenza storica da tremila e più anni tramandata principalmente geneticamente per via materna e con una religione propria esclusiva per cui il dio dell’Universo avrebbe con loro un rapporto unico e speciale.
Infine, e sebbene il dirlo attragga subito gli strali adirati della macchina propagandistica narrativa di cui sono millenari maestri, non v’è dubbio che questo scarso 0,2% del mondo ha un peso e una influenza culturale, informativa, formativa e finanziaria eccezionale ovvero sproporzionata. Anche la Russia e per vari motivi è assai condiscendente.
Infine, l’operazione Trump1-Biden-Trump2 creerebbe una omogeneità mediorientale stabilizzante (almeno nelle intenzioni), contraria all’islam iranico, foriera di molti futuri grandi affari e nella versione “Via del cotone” alternativa e competitiva alla BRI cinese. Un asse India -che si cerca di sottrarre al suo naturale asiatismo-, penisola arabica piena di idrocarburi e soldi, Europa in cerca di forniture energetiche alternative alla abiurata dipendenza russa, da dopo l’inizio della guerra in Ucraina. Oltre alle fantasie anarcocapitaliste dell’area Trump su Gaza come nuovo ibrido tra Singapore e Disneyland per ricchi, paradiso fiscale che dreni capitali europei in fuga dalle tassazioni nazionali.
Naturalmente, ci siamo qui concentrati solo su una parte del quadrante conflittuale. C’è poi Hamas, mezzi Fratelli musulmani (la “peste” in termini politici per le monarchie e i governi arabi), ma per un altro mezzo protetti e manipolati dal Qatar e Iran, le contraddizioni interne il mondo palestinese, la controversa storia del quadrante che va dai filistei al mandato britannico etc. In realtà i “palestinesi” sono una etnia sfortunata invisa un po’ a tutti, per interesse o per aperta contrarietà. In teoria sarebbero semiti anche loro, definibili arabi per altri versi, tuttavia hanno nome e identità propria. Usati dal Qatar e l’Iran coi quali non si capisce cosa avrebbero a spartire se non per manovre geopolitiche (viepiù dalla Turchia), malvisti dai governi arabi, dai religiosi (i palestinesi non sono storicamente molto religiosi), disprezzati dagli israeliani, problematici per gli europei. La razionale dell’operazione Hamas 7 ottobre, con tutta la buona volontà, si fa fatica a comprendere.
Va detto che, se sul piano del giudizio morale molto si può dire della faccenda israelo-palestinese, sul piano del giudizio pratico è davvero complessa la questione di come ipotizzare una onesta e pacifica convivenza degli attori del dramma. Specie quando al già complicato quadro locale, che ha lunga e stratificata profondità storica, si sommano gli interessi internazionali delle potenze esterne.
Un esempio ridicolo di tale stato confusionale (come tante altre cose che riguardano questa parte politica italiana)  è data dal fatto che il partito liberal-progressista che si dice impropriamente di “sinistra” e democratico, dopo aver per anni sostenuto a gran voce l’idea del “una terra due stati”, oggi si è spostata sulla posizione “sinistra per Israele” (?).
Ad ogni modo, volevo solo riepilogare a grandi linee la questione segnalando una volta di più quanto ci piaccia discutere di racconti inventati e idee iperuraniche mentre il sangue scorre, l’ingiustizia trionfa, la civiltà declina. Se ne potrebbe trarre una regola: tanto più la realtà è buia, quanto più ci rifugia nel mondo luminoso delle idee. Idee che però giustificano e muovono a fare della realtà un luogo sempre più buio.