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Senza la Russia l'Europa non si salverà

di Vitalij Tret’jakov - 16/10/2019

Senza la Russia l'Europa non si salverà

Fonte: Vitalij Tret’jakov

Il Vecchio Continente può sopravvivere se si riunirà a Mosca. Ma dovrà abbandonare arroganza e padrone americano, ricalibrare il concetto di democrazia e riscoprire la valenza della famiglia e le proprie fondamenta cristiane. Ecco alcuni suggerimenti costruttivi.

1. L’Europa e la civiltà europea si trovano a un passo dalla morte; sono in pochi oggi a dubitarne.

Purtroppo, le ricette per il salvataggio che si sentono risuonare più forte nella stessa Europa (vale a dire, l’Europa meno la Russia) sono o lacunose o prive di prospettive nella loro dogmaticità neoliberale, ovvero nella loro essenza antipopolare.

A mio avviso, è evidente che la Russia sopravvivrà anche senza questa Europa. Tuttavia, non separo così deliberatamente l’Europa dalla Russia, o la Russia dall’Europa, come fanno gli europei più illustri, da poter rimanere impassibile davanti al destino di questa nostra parte di mondo.

Certamente, se Europa non rinsavisce da sé, la Russia non riuscirà a salvarla: la sindrome suicida di questa Europa si é fatta troppo potente. Tuttavia, mi sembra che la chance non sia ancora andata perduta. Provare a far rinsavire l’Europa é possibile e necessario.

Questa Carta per il salvataggio dell’Europa che ho steso è un tentativo. Se a qualcuno risulterà un tentativo timido o, al contrario, sfrontato, a me non interessa. Sono cosciente che questo è un tentativo sincero e ponderato accuratamente. Chi è in grado di proporre qualcosa di migliore, che lo faccia. Ma tacere non è più possibile. Si deciderà tutto nei prossimi 10-15 anni.

2. In nome della salvezza dell’Europa (intesa come civiltà europea) così come la conosciamo, stimiamo e amiamo, è necessario rivedere in maniera radicale (rivoluzionaria) ogni aspetto relativo alla politica europea in senso lato. Di seguito elenco ciò che reputo assolutamente non negoziabile e di primaria importanza. La de-occupazione dell’Europa. La smobilitazione di tutti i battaglioni e la chiusura di tutte la basi militari Usa sul territorio dei paesi europei e pertanto, più ragionevolmente, il semplice scioglimento della Nato. L’Europa deve smettere di essere un vassallo militare degli Usa.

L’esclusione dall’Ocse, come minimo, di Usa e Canada, o ancor meglio la completa soppressione di questa organizzazione, in quanto essa ha tradito la sua missione primigenia. Complessivamente, queste due misure comporteranno, se non una totale, quanto meno una radicale de-americanizzazione dell’Europa.

È necessario sciogliere l’Unione Europea in quanto formazione burocratica sovranazionale ormai deceduta, che per giunta non riflette gli interessi, non solo di tutte le nazioni europee, ma nemmeno di molti membri Ue. L’Unione Europea collasserà da sé con la stessa inevitabilità, negli stessi termini temporali e stesso ordine di ragioni per cui collasso Unione Sovietica - un’Unione Europea numero 1, sorta cent’anni fa nell’Est dell’Europa. Ma questa volta sarà un collasso incontrollato, con i relativi eccessi e conseguenze.

La riunificazione dell’Europa. Gli europei occidentali non solo hanno permesso di vedere la propria parte d’Europa americanizzarsi, ma hanno anche privatizzato il nome storico dell’Europa, considerando Europa solo ciò che coincide con l'Unione Europea e la Nato e isolando da sé tutto ciò che non rientra in queste due organizzazioni, in primo luogo la Russia. È giunto il tempo di riunire Europa e Russia, poiché è questa la vera, completa e piena Europa, la vera civiltà europea (tra l’altro, estesa attraverso la Russia in Asia, fino all’Oceano Pacifico).

È necessario raccogliere un Forum dei rappresentanti del pensiero politico e sociale di tutte le nazioni europee e di tutte le tendenze ideologiche, i cui obbiettivi dovranno essere:

1) istituzione di un Consiglio intellettuale europeo permanente;

2) ideazione. nei successivi cinque anni di una strategia per la conservazione e lo sviluppo della civiltà europea;

3) elaborazione di una nuova architettura politica dell’Europa, in particolare di un’idea di Organizzazione delle nazioni europee (One).

Ritengo doveroso sottolineare che i soggetti principali della politica intraeuropea saranno solo e soltanto le nazioni europee (situate in Europa).

È necessario porre e stabilire giuridicamente il divieto di interferire reciprocamente negli affari interni tra Stati europei, nonché il divieto per qualsiasi Stato non europeo di interferire negli affari interni degli Stati europei e negli affari intraeuropei (compresi divergenze e conflitti tra Stati membri).

Allo stesso modo le nazioni europee dovranno impegnarsi pubblicamente a non interferire negli affari interni di qualsiasi Stato situato al di fuori dell’Europa.Tale intromissione sarà possibile in casi eccezionali e soltanto su richiesta dei legittimi governi di tali Stati o su risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu.

Le nazioni, europee dovranno promuovere una riforma dell’Onu: il Consiglio di Sicurezza, dopo la riforma, dovrà formarsi su base continentale o su criteri di appartenenza culturale.

L’Organizzazione delle nazioni europee deve essere istituita prima della riforma del'Onu. Organo permanente dell'One dovrà essere il Consiglio di Sicurezza, e suoi membri permanenti le grandi potenze europee, con l’esclusione (per i primi dici anni) della Gran Bretagna in seguito all’eccessiva influenza degli Usa nella sua politica estera.

La storia del mondo non si è fermata, nemmeno quella dell’Europa. La marcia della storia è un costante cambiamento di confini, la comparsa e la scomparsa di Stati. Pertanto è necessario creare all’interno dell’One un organo apposito: il Consiglio degli Stati non riconosciuti e dei territori europei contesi, con una rappresentanza per ognuno di questi Stati e territori.

Imperativo categorico è la creazione tra gli Stati europei occidentali e la Russia di un cordone di Stati neutrali, che nei successivi quindici anni non avranno diritto a partecipare ad alcun blocco militare internazionale, sia intraeuropeo che extraeuropeo. In tale cordone dovranno rientrare: Norvegia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Bielorussia, Slovacchia, Ungheria, tutti gli Stati dell’ex Jugoslavia, Bulgaria, Romania, ucraina, Moldova, Georgia. Ciò permetterà un graduale superamento dello storico scisma d’Europa, che ha generato molte guerre in passato.

3. Tra i princìpi fondamentali della costituzione e in altri documenti fondanti delle nazioni europee sarà necessario introdurre il riferimento alle fondamenta cristiane della civiltà europea che – pur non negando il diritto ad alcun cittadino europeo di professare qualsiasi altra religione tradizionale o l’ateismo – dovrà significare e prevedere: 1) il riconoscimento dell’autorità storica della Chiesa cristiana (delle confessioni cristiane) sia per la società tutta che per le istituzioni politiche e di altro genere; 2) il divieto di distruggere o limitare l’esibizione di oggetti materiali, spirituali o culturali di valore sacro o di simboli della religione cristiana; 3) l’obbligo di attenersi, anche in campo giuridico, alle norme fondamentali della morale cristiana tradizionale e ai relativi divieti.

La crisi demografica è una delle sfide più tragiche dell’Europa contemporanea. Perciò, ma anche per molte altre ragioni, è necessario ripristinare l’istituto tradizionale (classico) del matrimonio come unione volontaria di uomo e donna. Nessun altro legame o unione, basato sulla vicinanza fisiologica e/o sulla convivenza, deve venire riconosciuto come matrimonio, sebbene giuridicamente non sia vietato.

Il ripristino dell’istituto tradizionale (classico) della famiglia, che prevede la responsabilità dei genitori verso la vita e l’educazione dei figli fino alla maggiore età. L’interferenza dello Stato, o di altre organizzazioni sociali, nei rapporti tra figli e genitori deve essere vietata. Tale interferenza sarà possibile solo in caso di estrema necessità e soltanto sulla base di una lista estremamente circoscritta di principi stabiliti dal diritto. Gli organi del cosiddetto Tribunale per i minori devono essere soppressi, mentre il sistema di denuncia dei genitori da parte dei figli, introdotto universalmente, deve venire vietato nella pratica pedagogica.

Il rifiuto categorico del riconoscimento, in primo luogo giuridico, quale o forma particolare e accettabile di norma, dl ciò che nel cristianesimo tradizionale e secondo il senso comune, è considerato vizio.

Il rifiuto non meno categorico dell’obbligo per la maggior parte della popolazione europea in generale e di ogni Stato singolo in particolare attraverso decisione dei parlamentari nazionali e degli organi legislativi locali, di attenersi a norme e stili di comportamento di gruppi sociali minoritari, in primo luogo soprattutto della sfera dei rapporti tra i sessi, dei valori famigliari, delle relazioni fisiologiche tra adulti e bambini.

Il rifiuto dell’obbligo della società di attenersi al politically correct, che ha sostituito de facto l’istituto della censura, e alla cosiddetta tolleranza, ovvero la necessità di accettare ciò che non piace, che disgusta, che pare contrario alla natura o che disturba la normale vita della famiglia, dei figli, del singolo (compreso l’adempimento dei doveri civili e degli obblighi sociali).

Il rifiuto del rispetto dei diritti e delle libertà civili, quando questi contraddicono gli interessi sociali universalmente riconosciuti, la naturale solidarietà umana, la naturale collaborazione e convivenza fra gli uomini.

Il rifiuto dell’idealizzazione e dell’assolutizzazione della cosiddetta democrazia (politica), giacché mai essa si è realizzata e, per principio non è pienamente realizzabile o non può risultare democrazia per tutti. L’abbattimento delle vetuste scenografie democratiche che mascherano il potere della classe dominante. Il rifiuto dell’ipocrisia politica democratica, la quale costituisce uno dei tratti più riprovevoli dell’Europa contemporanea.

Il rifiuto dell’imperante traduzione della democrazia, quale «potere della maggioranza» (illusorio), in una democrazia dove il potere (anche effettivo) è riposto nelle mani di un gruppo minoritario costituito da ferventi zeloti dalle ambizioni totalitarie a danno della maggioranza.

Ciononostante, è naturale che non si possano negare o ridimensionare il valore e il significato delle forme democratiche di governo (compreso il potere statale), così caratteristiche per la civiltà europea in diverse tappe del suo sviluppo. Tuttavia, non in misura minore la civiltà europea ha saputo usare proficuamente un altro regime naturale di governo della società: il sistema di comando e controllo (nei casi limite, l’autoritarismo). Pervenire a un equilibrio ragionevole, seppure costantemente variabile, tra questi due metodi di governo è l’autentica – e non artificiale – democrazia, ovvero un potere in nome degli interessi della maggior parte della società e delle società in generale.

4. Il riconoscimento dell’eterogeneità delle nazioni europee, dei popoli, delle loro culture, lingue, tradizioni, comprese le tradizioni politiche, come valore fondante dell’Europa quale comunità di nazioni e quale civiltà. Nessuna nazione deve essere costretta a rinunciare alle proprie particolarità nazionali, siano esse ideologiche o politiche. A nessuno può essere imposto di conformarsi a una determinata formazione politica, a un regime, a un’ideologia o filosofia politica. La standardizzazione, ovvero, l’omogeneizzazione sistematica, della vita delle nazioni e dei popoli europei è il meccanismo che conduce al graduale deperimento della civiltà europea.

Il rifiuto da parte degli intellettuali, dei leader innovativi e dei politici, e infine da parte di tutti i cittadini delle nazioni dell’Europa occidentale e centrale, del razzismo di civiltà, ovvero la distinzione dei cittadini di tutte le nazioni europee tra europei e non-ancora-europei, non-del-tutto-europei, cioè coloro a cui non bisogna mostrare chi sono i veri europei, e il rifiuto di ogni relativo stereotipo, di ogni retorica, compiti a casa, esami e verifiche.

Non meno importante è il rifiuto della riscrittura opportunistica della storia europea e mondiale, che guadagna ogni giorno potenza e volume. Suoi elementi precipui sono la santificazione dei propri cattivi e l’assegnazione infondata di qualità negative agli altri o agli attori politici e governativi, ai comandanti e ai semplici soldati stranieri; o ancora la menzogna diretta che affresca nuovamente la narrazione, dipingendo gli aggressori come vittime di aggressione e viceversa. Bisogna sottolineare che oggi in Europa questo fenomeno ha raggiunto l’apice con giustificazioni e addirittura celebrazioni del collaborazionismo e pertanto, in prospettiva, del nazismo. In alcune nazioni europee questa prospettiva si è già realizzata. Nel frattempo, l’Europa fa finta di non vedere, oppure tace codarda. È ora di riconoscere che questa politica è, in primo luogo, immorale, in secondo luogo, mendace in quanto antiscientifica, in terzo luogo, porta alla morte fattuale della reale storia dell’Europa.

Basta povertà, basta emarginazione! Il problema della giustizia sociale in Europa deve essere risolto con sforzi collettivi; è necessaria la cancellazione della povertà nelle nazioni più ricche o della miseria in quelle più povere, ma anche l’eliminazione delle plateali disuguaglianze materiali nella vita della popolazione di diverse nazioni europee. In Europa non devono esistere nazioni povere. Tanto più che proprio qui ciò si può realizzare molto prima che in qualsiasi altra parte del mondo.

Il rifiuto dell’eurocentrismo e dello snobismo europeo verso le altre nazioni, popoli e civiltà. I cittadini di nazioni che hanno scatenato, come minimo, due guerre mondiali (in realtà, non meno di quattro) non possono permettersi di insegnare agli altri l’amore per la pace o il pacifismo. I cittadini di nazioni che un tempo possedevano colonie in tutti gli altri continenti del pianeta con tutte le conseguenze del caso, compreso lo sterminio di massa della popolazione locale e la tratta degli schiavi, non possono permettersi di insegnare agli altri la tolleranza, la democrazia, i diritti umani e altre cose del genere. Non hanno il diritto morale di insegnare ad altri popoli e governi più giovani l’umanesimo, la misericordia, le virtù civili e politiche quelle nazioni dove sono nati il nazismo e altre teorie razziste e che per secoli hanno sfruttato pratiche di stampo razzista.

L’Europa ha il dovere di rendere alle proprie ex colonie ciò che molto tempo fa è stato sottratto loro e viene sottratto ancora oggi. Prima di tutto, la libertà politica ed economica. È possibile che toccherà un giorno all’Europa – in nome della giustizia storica e sociale, e anche per la sua sopravvivenza – fornire ai popoli delle proprie ex colonie, come minimo, aiuto materiale in grado di aiutarli – nei limiti delle loro vedute e abitudini – a vivere nella propria terra dignitosamente e non meno felicemente che in Europa.

5. L’Europa e la civiltà europea nella loro condizione attuale non possono essere salvate senza la Russia, escludendo la Russia o, ancor peggio, nello scontro con la Russia e in guerra contro di lei. Chi la pensa diversamente é ignorante, stolto o un provocatore (e non sono pochi nell’Europa orientale), o ancora un membro fedele (di principio o meno) del partito degli atlantisti, o, ancora meglio, un semplice schiavo docile e privo di volontà al soldo degli Usa. Proprio oggi l’Europa deve, infine, unirsi, in tutta la sua eterogeneità e in tutto il suo volume geografico e storico, alla Russia – la più grande, e sempre più europea della stessa Europa, parte della civiltà europea.

Non si parla, chiaramente, di una mitica «casa comune europea», costruita su modello europeo occidentale o secondo progetti neoliberali, nella pratica governata da Bruxelles, Berlino o Londra. Una casa di questo genere non ci sarà mai; la Russia non si farà più ricostruire secondo il modello Europa. Non serve nemmeno provarci!

La Russia può certamente attendere il momento in cui milioni di autoctoni (e non soltanto autoctoni) europei accorreranno a salvarsi sul suo territorio. A un tale afflusso di popoli europei la Russia deve prepararsi in ogni evenienza (in caso di comportamento ottuso o irresponsabile delle élite europee al potere). Tuttavia prima la Russia é costretta a proporre ai veri europei un’unione sincera e disinteressata (disinteressata in senso mercantilista, e non nel desiderio di salvare la civiltà europea) in nome della conservazione dell’Europa storica in tutta la sua estensione storica e geografica. Accetterà l’Europa la proposta di creazione di una tale unione o preferirà morire in solitaria?

P.S.

Questo testo non è una risposta né una reazione al manifesto «Salviamo Casa Europa», firmato da 30 intellettuali europei. L’avevo pensato già nell’autunno dello scorso anno, ma tra i vari impegni ho dovuto rimandare il lavoro.

Tuttavia, ora che la mia Carta per coincidenza delle circostanze è stata pubblicata due settimane dopo questo manifesto, il confronto tra i due testi è inevitabile.

Immagino che i 30 intellettuali non si prenderanno la briga di confrontarli; la loro arroganza, come in tutti i «veri» europei, è nota. È proprio questo uno dei veleni che ha oramai intossicato quasi a morte la civiltà europea, una volta attraente, brillante, creatrice di vita.

Il mio testo parla di altro. Praticamente dice cose opposte.

E non soltanto perché è stato pensato alcuni mesi fa. Ma anche perché il manifesto dei 30 intellettuali europei, così come lo hanno definito i nostri media – e io, chiaramente, l’ho letto – è pieno di chimere (o, nella migliore delle ipotesi, illusioni) e di menzogna storica, ed è scritto con quell’inchiostro di snobismo europeo che esclude qualunque altro sguardo sui fatti, eccetto quello della dogmatica neoliberale, dell’euro-atlantismo rudimentale e della russofobia consunta (spesso di stampo neonazista).

È sorprendente che, benché riconoscano di trovarsi al limite del precipizio dove presto cadrà definitivamente l’Europa, le sue menti migliori rinuncino al pensiero libero tradizionale per la civiltà europea; per non parlare poi dello spettro di possibili alternative, varianti, della considerazione di altre opinioni e strategie. Il messaggio di queste menti migliori é solo uno: siamo giunti al limite del precipizio! Vi chiediamo, signori, di non svoltare!

Inoltre, il mio testo non si riduce esclusivamente a pathos apocalittico e slogan ambiziosi. È costruttivo. Per molti sono certo che risulterà troppo costruttivo e pertanto potrà sembrare utopico

E c’è ancora una cosa da osservare. Io non sono credente, ma mi reputo cittadino della civiltà ortodossa russa o – più ampiamente – cristiano-europea. Pertanto, insisto sul fatto che la comprensione e l’accettazione del cristianesimo come costante storica angolare della civiltà europea sia una condizione inevitabile per il salvataggio dell’Europa.

Sarò felice se la mia Carta, per quanto discutibile in alcune sue posizioni, troverà una replica, o ancor più un sostegno tra i pensatori e gli attori sociali e politici russi responsabili e ben disposti. Tra quei veri russi europei che amano l’Europa non a discapito della Russia, e la Russia non a discapito dell’Europa. Che sentono tutte le ansie di oggi e tutti i pericoli del domani, se l’Europa continuerà a perseverare nei suoi errori. Ma allora l’Europa scomparirà del tutto, e noi perderemo una buona parte dell’eredità storica dell’Europa e l’areale della civiltà europea si ridurrà drasticamente. E a noi, alla Russia, toccherà assumersi la responsabilità di far tesoro dei resti di ciò che una volta fu la brillante civiltà europea.

Certo, la Russia lo farà! Ma comunque dispiace perla Vecchia Europa.