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Siamo in un brutto film

di Leonardo Lugaresi - 03/09/2022

Siamo in un brutto film

Fonte: Leonardo Lugaresi

Spero di sbagliarmi, ma per come la vedo io la nostra situazione – per nostra intendo quella del popolo italiano e, per quanto ne so, anche degli altri popoli europei – può essere descritta, metaforicamente ma esattamente, paragonandola a un film che tutti abbiamo visto, almeno una volta, in una delle innumerevoli versioni (sempre uguali) in cui Hollywood ce lo propina da decenni.
All’inizio ci sono delle brave persone (una famigliola, una scolaresca, i passeggeri di un aereo o un gruppo di pacifici clienti di una banca …) che vengono prese in ostaggio da una banda di feroci criminali. Nei primi minuti del film, costoro appaiono intelligentissimi ed efficientissimi (dei veri “tecnocrati”, diremmo noi): assestano il loro colpo con precisione chirurgica, facendosi beffe di ogni apparato di sicurezza e sembrano condurre il gioco sapendo bene ciò che fanno. Poco dopo, però, si comincia a vedere che in realtà sono una manica di deficienti: il loro capo, in particolare, è sempre uno psicopatico col cervello completamente fuso. Verso la metà del film, uno degli ostaggi, più baldanzoso degli altri, tenta di ribellarsi o di scappare (nel lessico politico attuale si direbbe che prova a fare una qualche -exit: il prefisso mettetecelo voi), ma la sua reazione viene immancabilmente repressa nel sangue. Poco prima o poco dopo si vede che uno dei banditi è un po’ meno scemo e un po’ meno cattivo degli altri e si spera che possa rimediare lui alla situazione che si fa sempre più disastrosa (magari potrebbe essere quello o quella per cui ci accingiamo, incrociando le dita, a votare alle prossime elezioni) però viene anche lui immancabilmente freddato dal commander-in-chief dei criminali, sempre più demente. Intanto, fuori dal luogo in cui sono imprigionati i buoni, vediamo migliaia di agenti di polizia armati fino ai denti (comprese le famose “teste di cuoio” che nel film fanno sempre la figura delle teste di cazzo perché sono sempre e solo pronte “a fare irruzione”, distruggendo ogni forma di vita) che sono però del tutto impotenti, anzi irrilevanti, perché comandati pure loro da emeriti imbecilli.
A questo punto, tuttavia, l’analogia tra il film di Hollywood e quello in cui siamo noi, si interrompe bruscamente e cessa del tutto, perché nel film di Hollywood c’è sempre Bruce Willis o Steve Seagal o qualcun altro del genere che risolve miracolosamente il problema. Di solito è una specie di “angelo decaduto”: inviso alle autorità costituite per i suoi comportamenti irregolari, sull’orlo del licenziamento oppure già costretto al ritiro, talvolta segnato da storie di alcolismo pregresso o altri scheletri nell’armadio e preferibilmente con una famiglia in crisi o disastrata, l’eroe – armato di un temperino e di uno stuzzicadenti – riesce nell’impresa di sbaragliare l’intera banda dei criminali, uccidendoli tutti. I buoni non si fanno neanche un graffio (e avranno qualcosa di emozionante da raccontare ai nipoti), lui riporta solo contusioni multiple, al massimo una frattura o un ferita, elettivamente al braccio (“è solo un graffio”) che gli consente comunque, nell’ultima scena, di riabbracciare la propria donna – a cui lo scampato pericolo l’ha prodigiosamente riunito – e dire quella “battuta spiritosa” finale che a noi europei fa venire il latte alle ginocchia ma che, per qualche misteriosa ragione, gli americani considerano indispensabile.
Nel nostro film, invece, non c’è alle viste alcun salvatore. Del resto, Bruce Willis, poveretto, pare che sia ormai rimbambito e Steven Seagal peserà un quintale e mezzo. Se qualcuno sperasse in “quel grande che ci indica la strada”, ricordo che in una variante del film di cui sopra c’è tra i buoni anche un personaggio che all’inizio sembra pieno di buone intenzioni e capacità (il capo della polizia o qualcosa del genere), fatto apposta perché gli spettatori dicano: “ ecco, ci penserà lui a sbrogliare la matassa”, ma poi si scopre, magari dalla sua agenda, che in realtà era d’accordo coi cattivi, anzi ne era il vero capo.
Non faccio lo sceneggiatore e non ho alcuna idea su come si potrebbe combinare un lieto fine per il nostro film. L’unica che mi viene in mente è invocare mattina e sera l’angelo custode, la persona che io conosco più simile al “protettore” di cui avremmo bisogno. Dico sul serio, anzi invito tutti a fare altrettanto.