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Sincronie

di Pierluigi Fagan - 28/07/2022

Sincronie

Fonte: Pierluigi Fagan

Giusto oggi ricorre l’annuale Overshoot Day, il giorno statisticamente calcolato in cui abbiamo consumato tutte le risorse naturali che avremmo dovuto consumare in un anno. Giusto stamane ho terminato “Dove sono?”, una riflessione sui temi del nuovo Regime Ambientale portata avanti da Bruno Latour. Proprio Latour, è stato colui che ha ripreso, da qualche anno, il concetto di Gaia a tema delle sue riflessioni socio-antropo-filosofiche. E proprio l’altro ieri, è morto il padre del concetto di Gaia, James Lovelock, anch’egli in stato di sincronia avendo deciso esser giunto il momento di non più resistere all’entropia, ovvero morire, proprio il giorno del suo centotreesimo compleanno. Giusto ieri, stavo rileggendo il testo di un mio intervento ad un convegno tenuto tre anni fa proprio per i cento anni di Lovelock. Ne consegue questo post che però non ha alcuna ambizione se non condividere i ragionamenti stimolati da queste sincronie.
Lovelock presentò il concetto di Gaia negli anni Sessanta, decennio in cui nacque l’ecologia moderna e da cui oggi pensiamo partì la Grande Accelerazione. Latour riassume il concetto in quella fascia di circa sei chilometri, tre sopra il nostro suolo e tre sotto, che forma la pellicola dei viventi sul pianeta.
Lovelock, di base, era un chimico e chimico è il minimo comun divisore di tutto ciò che si trova in quella fascia, animali, piante, microbi e virus, acque, arie, terre, elementi. La chimica non ha mai sviluppato una sua filosofia importante, come le attigue fisica e biologia. Peccato perché: a) è natura e grammatica di ogni cosa che è, ad un livello più complesso della fisica ed oltretutto a cavallo dai regni del vivente e non vivente che sono nostre categorie; b) è base di complessità avendo almeno 98 varietà base (almeno sulla Terra) che tendono ad unirsi in molecole (a parte i gas “nobili” che se ne stanno ostinatamente per conto loro ma sono solo sei) dando vita, appunto, al tutto ciò che è.
L’idea originaria di Lovelock ha avuto vita travagliata. Lui stesso ne ha offerto diverse versioni, non quanto a forma, ma quanto a comportamento.  Nata come “ipotesi” poi l’ha intesa “teoria” con varianti pensate da lui o contro di lui o partendo dalla sua intuizione ma andando per altre vie. Il catalogo sommario dice: Gaia influente, Strong o moderate hypotesys, omeostatica o omeodinamica con equilibri successivi (Daisyworld), con approfondimenti di geochimica, degli accoppiamenti coevolutivi, fino alla nascita di contro ipotesi come la Snowball Earth, la CLAW poi anti-CLAW, la nemesi di Gaia ovvero l’Ipotesi Medea etc.
Trattata e screditata addirittura come idea new age (il termine Gaia venne suggerito da un romanziere come altro nome di Gea che poi è desinenza di Geologia, Geografia, Geopolitica etc.)  quando ancora il Capitale vedeva questi argomenti come intralci per la propria libera riproduzione ovvero quando ancora non aveva capito come sfruttarne la problematicità per alimentare una nuova “rivoluzione industriale”. La co-autrice dell’idea, Lynn Margulis, a sua volta considerata a lungo eretica per le sue idee che oggi sono assunte nel mainstream bio-evoluzionistico, la definiva “Tendenza del Sistema Biocibernetico Universale all’ Omeostasi”, sistema composto dai sottosistemi di geo-idro-pedosfera + biosfera + atmosfera.
Idea per altro già intuita da von Humboldt e Vernadskj. Lovelock, come detto, era un chimico e chimico era anche Vernadskj e prima ancora James Hutton, padre della geologia moderna che pure aveva proferito intuizioni simili, così come Crutzen a cui si deve l’ipotesi del concetto di Antropocene. Pare che i chimici vedano sistemi come loro prima ontologia spontanea, peccato non abbiano filosofato di più.
Non è un caso che Goethe parlasse di affinità elettive per un romanzo di coppia che poi si scinde e si riassortisce e non è un caso che tanto per la chimica che per i rapporti umani si parli di legami. Ma le variegate versioni e forme dell’eterno idealismo occidentale che nasce da Platone, ha vertice invece nel concetto di assoluto, “ab solutus” cioè sciolto da legami. Concetto poi erroneamente attribuito ad atomo, visto che dei 98 naturali solo sei hanno questo comportamento repulsivo, gli altri si accoppiano all’impazzata spinti da una certa bramosia a cercar stabilità attraverso le formazioni di interrelazione stabile che chiamiamo molecole. O se poi sciolgono legami è solo per allacciarne di nuovi.
Lasciamo ora il Lovelock, diventato poi nel tempo critico verso certo ambientalismo catastrofista, a favore del nucleare, della geoingegneria spinta e da ultimo, innamorato delle ipotesi neo-coscienziali dell’Artificial Intelligence. Passiamo allora a Latour che va da tutt’altra parte. Innanzitutto, avendo origini socio-antropologiche, ci mette dentro noi umani come “forma di vita” che, nella definizione di Lovelock è: un sistema dotato di perimetro entro il quale l’energia è usata per formare ordini dinamici (diminuendo l’entropia) e fuori del quale si ricava energia ordinata e si espelle energia disordinata aumentando l’entropia generale. un sistema dotato di perimetro entro il quale l’energia è usata per formare ordini dinamici (diminuendo l’entropia) e fuori del quale si ricava energia ordinata e si espelle energia disordinata aumentando l’entropia generale.
La definizione vale per l’individuo vivente (animale o pianta), l’uomo, la società umana, l’economia moderna, i nostri Stati-nazione. Ognuno dei quali è “nel” mondo in cui viviamo, ma al contempo e poco notato, nel mondo “di cui” viviamo. A dire che a parte le specie autotrofe (in sostanza i vegetali) noi altri animali siamo eterotrofi e quindi il mondo di cui viviamo è molto più ampio di quello in cui viviamo. Il che ci interroga su che tipo di relazioni averne.
Latour ne conclude una nuova classificazione politica tra Estrattori (chi vuole continuare ostinatamente nel modo moderno infischiandone dei limiti di compatibilità che ormai non sono più solo ecologici ma anche geopolitici, ad esempio: chi ha diritto di emettere CO2 in eccesso?) e Rammendatori, secondo una linea che va verso la “comunità di destino” alla Morin, una sorta di nuovo “in comune” sul piano eco-politico (geopolitico) ed inaspettato universale basato su realismo, materialismo e pragmatismo. Ma la riflessione è più ampia coinvolgendo concetti di sovranità, autonomia ed eteronomia, identità, sovrapposizione, sconfinamento, limiti, interdipendenze, intersezionalità, sussistenza e riproduzione, vari tipi di crisi inclusa quella pandemica. Il tutto con vari ricorsi paralleli a Gregory Samsa e la sua kafkiana Metamorfosi, in una sorta di trasvalutazione dei valori che connota la nostra epoca quanto ad immagini di mondo, ancora ampiamente riferite ed un mondo che non c’è più, non ancora idonee a quello in cui siamo capitati ed in cui di orientiamo a fatica.
Nel frattempo, secondo gli statistici dell’Overshoot Day, ci siamo mangiati in sette mesi, il necessario dei dodici, ma solo perché siamo ancora nell’onda lunga del lockdown planetario, una mano santa dal punto di vista del “rallentamento”, un rallentamento da alcuni gradito, da altri -alcuni insospettabili- rifiutato al grido arrabbiato di “ridateci la normalità”.
Chiudo. Non c’è alcuna conclusione, né nel post, né nel libro di Latour (sebbene faccia finta di scriverne una, così tanto per non lasciare troppa roba per aria). Una, forse, potrebbe esser l’invito a considerare questi temi espressi e quelli connessi che abbiamo dovuto tagliare per ragioni di spazio. Sono tanti, complessi cioè non solo tanti ma intrecciati ed interdipendenti tra loro, non lineari nel comportamento, autoriflessi, un vero marasma. A fronte di tutto ciò, evitate come la peste gli eccessivamente ansiosi, i negazionisti di principio, quelli che non vedono i problemi ma solo chi se ne approfitta, i riduzionisti, quelli che hanno una forma mentale non in grado di ospitare l’argomento e tuttavia giudicano o sentenziano.
Siamo in un nuovo stato del mondo (a 8 miliardi tra tre mesi e mezzo), l’immagine che ne abbiamo (l’assieme di categorie, logiche, teorie, ideologie, conoscenze, memorie etc.) è vecchia, dei secoli precedenti, non tutto cambia ma molto sì. È necessario continuare l’esplorazione ovvero tenere l’argomento aperto ed esplorarlo in quanti più è possibile, ci metteremo decenni a formulare una nuova mentalità prima, nuove società e modi di viverle poi, come è sempre stato nelle grandi transizioni storiche. Perché farlo? Non lo so.
“Resterà sempre sconcertante che per prime generazioni sembrino aver portato il fardello della loro fatica a beneficio esclusivo delle generazioni future … e che solo l’ultima avrà la fortuna di abitare nell’edificio compiuto” diceva un prussiano. Questa generosità verso i futuri forse ha a che fare col senso di essere umani, ma lascio a voi la risposta.
[La foto NASA è ritoccata, ma ci serve come concetto visivo in accordo al testo, a proposito di immagini di mondo]