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Sulla presunta neutralità dell'esperto

di Antonio Catalano - 05/01/2022

Sulla presunta neutralità dell'esperto

Fonte: Antonio Catalano

Nella comunicazione di massa domina la figura dell’esperto, in tv per esempio si ricorre alla sua algida competenza per sostenere le cosiddette evidenze scientifiche. Così l’esperto di turno gongolando con sussiego (atteggiamento misto di sufficienza e altezzosità) sciorina le attese, quanto previste, risposte sollecitate dal conduttore. Se poi capita, come spesso accade, che le “evidenze scientifiche” di oggi contrastino quelle di ieri, o dell’altro ieri, va bene lo stesso, con la solita sicumera il nostro esperto sosterrà quel che gli è chiesto di sostenere. L’esperto di solito si presenta in camice bianco, colore simbolo di purezza, il paramento sacerdotale richiesto da questa religione atea che si annuncia salvifica.
L’esperto mostra competenza in tema di medicina, di sanità, di educazione, di psicologia, per non parlare delle materie per definizione scientifiche (fisica, astronomia, chimica…). In questa rappresentazione, l’esperto è parola della Scienza, per cui non conviene porsi di traverso a essa, pena mettersi contro la Verità o, come si dice oggi, passare nel campo del negazionismo.
Gli esperti hanno sempre una spiegazione su tutto, sulla terapia che bisogna adottare in una tal circostanza, sui problemi emotivi dei bambini, sulla necessità di impartire una certa educazione, addirittura sull’amore. Tanto per dire, erano esperti (psicoterapeuti, psichiatri…) quelli che giustificavano la sottrazione dei bambini ai genitori in quel di Bibbiano: loro sapevano quale fosse il bene dei bimbi, come pensare per esempio di contestare le “evidenze scientifiche” rappresentate da disegni infantili generati dall’ossessione degli esperti di scovare genitori violenti?
Un po’ di anni fa, era abbastanza diffuso il pensiero che non esiste verità scientifica assoluta, che la stessa scienza è sottoposta a pressioni che orientano la sua ricerca, e quindi i risultati, in un modo piuttosto che in un altro. In alcuni ambienti si diceva (e giustamente) che la stessa scienza riflette le contraddizioni di classe, i rapporti tra dominanti e dominati; era comunque abbastanza diffuso il punto di vista che quando la scienza assume la lettera maiuscola, e diventa Scienza, c’è da sospettare che essa sia diventata semplice e volgare ideologia al servizio di chi detiene il potere. Ora, di questi tempi, ricordare certi elementari presupposti del pensiero critico diventa il pretesto, per i nuovi farisei, per denunciare il malcapitato di turno di terrapiattismo, complottismo e via maledicendo, un po’ come accade in politica quando chi esprime una posizione euroscettica subisce la taccia di sovranismo, populismo, fascismo e via maledicendo.
Ma che cosa ha permesso che si arrivasse a questo livello di totalitarismo, di negazione della legittimità del pensiero non riconducibile al potere? È semplicemente successo che oggi, molto più di ieri, i poteri sono sempre meno nazionali, quindi sempre meno controllabili dai popoli, delle rispettive nazioni, nelle forme che la politica dovrebbe per sua natura permettere di esprimere. Non a caso oggi la politica è sempre più una maschera, mera finzione, spesso spettacolo, essendo essa diretta emanazione di poteri transnazionali rispetto ai quali diventa davvero complicato (almeno per il momento) per i popoli esprimere quella capacità di interdizione, o semplicemente di freno, come poteva accadere tempo addietro.
Il capitalismo globalista si da un gran daffare per modellare il mondo a sua immagine e somiglianza, necessita di una politica che non si perda in mediazioni, di una politica che assuma le sembianze della tecnocrazia, di una politica che sia cinghia di trasmissione diretta (vero prof. Monti?) dei poteri che contano, di una comunicazione di massa in cui il politico si subordini all’esperto, o ai comitati tecno-scientifici. Per questo i popoli diventano un fastidio, per questo bisogna frantumarli, sbriciolarli, renderli litigiosi al loro interno, bisogna scardinare in essi l’idea che il principio di maggioranza è quello naturale con cui si costruisce comunità, bisogna educarlo a considerare trascurabile il concetto di maggioranza, sono le minoranze, se infime è meglio, quel che devono contare, specialmente se queste sono agite da pulsioni trans: trans-nazionali, trans-sessuali, trans-umane… imbevute di quell’ideologia politicamente corretto (nelle sue tante applicazioni) che mostra essere efficace strumento di modellamento e controllo sociali.
La teologia globalista non tollera che i popoli agiscano secondo le proprie “volgari” pulsioni, motivo per cui ha bisogno di candidi e “neutrali” esperti in camice bianco, dirette (o indirette, non importa) emanazioni di poteri sovranazionali fortemente centralizzati che li educano. Pe lor signori Popolo è un concetto romantico che andava bene nell’800 per dare alla borghesia la possibilità di trionfare e nelle guerre imperialiste del ‘900 quando serviva carne da cannone. Altrimenti, il popolo è fastidioso. E quando non si riesce a domarlo bisogna nominarne uno nuovo (Bertolt Brecht).