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Sulle strategie da corona virus (Seconda parte)

di Andrea Zhok - 01/05/2020

Sulle strategie da corona virus (Seconda parte)

Fonte: Andrea Zhok

Una volta fissati i dati da cui partire con riferimento alla minaccia rappresentata dal Covid-19 (vedi testo precedente) possiamo provare ad affrontare alcuni scenari relativi alle strategie adottate o adottabili.

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I) Eradicazione o riduzione del danno?

La prima questione da discutere riguarda la strategia di fondo che è possibile o sensato adottare nei confronti dell’attuale epidemia. Le strategie di fondo sono due: la prima contempla l’eradicazione e il ritorno alla situazione precedente, la seconda contempla una convivenza con riduzione del danno nel lungo periodo.
La prima strategia è quella adottata con successo in Cina e Corea del Sud. Eradicazione non significa che non ci sia mai più nessun caso (cosa che ovviamente nessuno può mai garantire), ma che una volta azzerato per qualche giorno il contagio ci si può limitare ad una sorveglianza pronta ad intervenire prontamente, mentre il sistema riprende a funzionare come prima (salvo per maggiori controlli rispetto alle relazioni con merci e persone provenienti dall’estero). L’eradicazione non è affatto una prospettiva impossibile in Italia o in Europa. Molte regioni italiane sono a un passo dall’eradicazione (una settimana a casi zero può essere considerata una soglia che rappresenta l’effettiva eradicazione e circa metà delle regioni italiane potrebbero raggiungerla in 2-3 settimane). Una volta raggiunta quella soglia si potrebbe riaprire tutto senza particolari precauzioni, mantenendo solo un’elevata sorveglianza e limitazioni agli spostamenti rispetto a regioni che non sono a livello zero. Il problema è che per alcune regioni, in particolare Lombardia e Piemonte, l’eradicazione appare come un orizzonte assai lontano, e la prosecuzione di condizioni restrittive come le presenti per un tempo lungo e sostanzialmente indefinito è insopportabile (oltre alla questione economica, di cui sotto, si finirebbe per minare altrimenti la salute psicologica e organica della stessa popolazione che si cerca di preservare).

Questo significa che ci possono essere in Italia due strategie possibili. Premesso che perseguire attraverso un blocco perdurante una strategia di eradicazione per tutto il paese è impercorribile, delle due l’una: o si adotta una strategia di riduzione del danno (convivenza) per tutto il paese, o si adotta una strategia differenziata a livello regionale (Molise e Basilicata, ed esempio, potrebbero essere ritenute Covid-free in pochi giorni, e riprendere una vita normale, salvo che per gli spostamenti interregionali; Sardegna, Calabria e Valle D’Aosta sono ad un passo; Sicilia, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Puglia potrebbero fare la stessa scelta tenendo duro qualche giorno in più; altre ancora si rassegnerebbero da subito ad una strategia di riduzione del danno). Naturalmente in tutte le regioni prossime all’eradicazione, anche una strategia di riduzione del danno può portare all’eradicazione, solo su tempi un po’ più lunghi.

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II) Trade-off ‘economia-vita’?

Si è sentito e si sente spesso parlare della necessità di bilanciare le esigenze della sicurezza con quelle dell’economia. Questa impostazione però, così definita, è sbagliata. È sbagliata sia perché le esigenze di sicurezza non limitano soltanto le ragioni dell’economia, ma anche quelle di una buona vita per molti (i costi della clausura non sono solo economici), sia perché né l’economia, né una buona vita possono funzionare semplicemente tappandosi il naso e ‘sacrificando la salute/sicurezza’. Si tratta di un’impostazione priva di senso.

Da un lato, le persone non possono restare in gabbia all’infinito, dall’altro è completamente illusorio pensare che un ‘via libera’ governativo possa far riprendere magicamente le transazioni economiche sui livelli precedenti. È terribilmente ingiusto e amaro, ma è un dato di fatto che per molte attività non ci sarà nessun ritorno alla normalità, quali che siano le disposizioni ministeriali. Soprattutto nei settori del turismo e della ristorazione, e in molti settori del commercio, una riduzione durevole della circolazione è da mettere in conto. Questo perché i calcoli ‘costi benefici’ (sui generis) non li fanno solo le aziende, ma anche le persone. Per le cose necessarie o essenziali si può correre un rischio, per quelle inessenziali o di diporto, molto meno. Dunque, dopo il danno dei mesi scorsi, per molti settori non ci si può aspettare nessuna ripartenza col botto. E qualunque recrudescenza dei contagi porterebbe, che il governo intervenga o meno, ad una rarefazione delle uscite. Va da sé che una eventuale ripresa di diffusione del contagio su grande scala – con conseguente compromissione del servizio sanitario – non potrebbe che richiedere un ritorno a Square 1, con ripristino di blocchi estesi nel tempo e nello spazio. Ovvero una catastrofe.

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III) Strategie

Quali sono le strategie disponibili e, rispetto a quanto proposto finora dal governo, ci sono dei correttivi possibili e consigliabili?

III.1) Il governo propone aperture circoscritte, scaglionate nel tempo, in modo da poter controllare l’insorgere di eventuali nuovi focolai. Di per sé, nelle sue linee generali, questa strategia è l’unica sensata, e scommette sulla possibilità di conservare, attraverso le precauzioni imposte (mascherine, distanziamento) il tasso di contagio R0 al di sotto di 1. È una scommessa sensata. Con il conforto della bella stagione, visto che è certo che la diffusione dei virus respiratori in spazi aperti è rara, e visto che il Covid-19 sembra mostrare le caratteristiche di un virus stagionale, è ben possibile che queste aperture scaglionate consentano di proseguire una tendenza positiva, arrivando all’autunno con livelli di contagio molto bassi su tutto il territorio nazionale.

III.2) Rispetto a quanto deciso dal governo, questo scaglionamento sarebbe potuto avvenire in modo differenziato a livello regionale. Invece che porre delle date generiche, che di per sé non hanno molto senso, si sarebbe potuto far dipendere i livelli di apertura dal tasso di contagi. Per quanto l’iniziativa dalla Regione Calabria sia da stigmatizzare per le forme, è vero che nelle regioni prossime a zero contagi almeno le attività all’aperto (che non implicano assembramenti) potrebbero riaprire subito.

III.3) Rispetto a quanto deciso dal governo, i sistemi di intervento sanitario precoce e domiciliare dovrebbero essere attivati sistematicamente, su tutto il territorio nazionale, e dovrebbero essere accompagnati da direttive precise sulle procedure di contenimento in caso di necessità di spegnere un focolaio. Non è chiaro se qualcosa in questo senso sia stato fatto. Se è stato fatto non è stato comunicato. Sono stati commessi errori gravi con la prima ondata del virus, ma in qualche misura scusabili per la scarsa conoscenza delle caratteristiche del medesimo; ma un secondo errore sul piano degli interventi sanitari sarebbe imperdonabile.

III.4) Rispetto a quanto deciso dal governo, la famosa ‘app’ per rintracciare i contatti dovrebbe essere resa obbligatoria. La debolezza oggettiva dell’esecutivo si vede in questo come in altri comportamenti: di fronte alle pressioni abbozza e cede. Questa app, nelle forme ampiamente descritte sui media, presenterebbe rischi per la privacy infinitamente inferiori a quelli che corriamo da anni davanti all’uso commerciale delle nostre informazioni. Va bene richiedere cautele e controlli pubblici, ma qui La levata di scudi libertaria è e resta una pagliacciata. Quella app, se adeguatamente funzionante e di uso generalizzato, sarebbe una garanzia di poter spegnere qualunque nuovo focolaio. E una volta superata la crisi la si può disinstallare (oppure cambi lo smartphone, se ritieni che la Spectre brami conoscere i tuoi spostamenti). Qui limitarsi alla ‘moral suasion’ renderà la app inutile e renderà molto più probabile la necessità di procedere a blocchi più estesi.

III.5) Rispetto a quanto finora detto dal governo manca un importante chiarimento. Non sappiamo come evolverà la situazione da qui all’autunno. Potrebbero essere scoperte cure miracolose, o il virus potrebbe magicamente scomparire da sé. Oppure no. Potremmo avere una tendenza al riaccendersi stagionale dell’infezione sul modello dell’influenza, senza la disponibilità di cure efficaci. In questo secondo scenario dobbiamo mettere in conto una ripresa dell’attività a settembre, quando con il peggioramento delle condizioni atmosferiche la tendenza agli assembramenti in luoghi chiusi crescerà esponenzialmente. Dovrebbero riprendere scuole ed università a pieno ritmo. Tutte le attività che nei mesi estivi hanno potuto approfittare del bel tempo, svolgendosi all’aperto (dalle attività sportive ai bar) si ritroveranno a dover giocare indoor. L’uso di mezzi di trasporto personale a scarso impatto (piedi, bicicletta, motorino) si ridurrà a favore dei mezzi pubblici.
Se arriveremo a settembre con livelli di circolazione del virus ancora elevati sarà un bel problema. In quest’ottica dovrebbero essere avviati sin d’ora progetti per trasferire tutto ciò che può essere trasferito in ‘smart working’.

Per quanto riguarda la scuola, bisognerebbe prendere in considerazione la possibilità che si ripresentino condizioni emergenziali. Visto l’enorme impatto sugli spostamenti e sugli assembramenti che scuola e università hanno, bisognerebbe studiare attentamente piani alternativi che non compromettano la preparazione degli alunni (come di fatto è avvenuto, nonostante gli sforzi dei docenti, in questi mesi), e che non si limitino a scommettere sul fatto che “andrà tutto bene”. Il tema è enorme e non ci provo neppure a impostarlo qua, ma è assolutamente cruciale. Sanità e scuola sono i due settori che sono stati tagliati di più negli scorsi anni, nel nome di un efficientamento delle risorse – che vuole dire fare i miracoli con risorse scarse. Per la scuola questo ha significato ridurre e concentrare le sedi, diminuire il rapporto tra docente e studenti, stipare gli studenti in aule inadeguate. Tutto questo e molto altro sarà da ripensare, ed il momento per farlo è ora.

III.6) Nota finale. Gli interventi del governo sono migliorabili. Sono soprattutto enormemente migliorabili sul piano degli aiuti economici, dove però interviene il Moloch della questione europea.
Ma chiunque in questa fase, per l'usuale tornaconto elettorale, gioca al gioco del 'liberi tutti', del 'riapriamo tutto' purchessia, senza farsi carico di spiegazioni dettagliate su quali scenari prefigura per gli italiani, è un irresponsabile, indegno di esprimersi sulla scena pubblica, da cui dovrebbe scomparire.