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Ucraina: ragionevolezza?

di Nicola Guerra - 27/01/2022

Ucraina: ragionevolezza?

Fonte: Nicola Guerra

Quando si analizza una crisi internazionale occorrerebbe sempre adottare un minimo di ragionevolezza e di documentazione critica. Nei media italiani predomina, invece, un cieco atlantismo, una narrazione dualistica (gli americani buoni e i russi cattivi), e la totale assenza di analisi serie e impostate sul pensiero critico. Poco importa se Francia e Germania (anche il nuovo governo molto più pro-Nato della Cancelliera) tentennano a dar manforte agli USA e a Biden, in duplice veste di presidente e interessato uomo d'affari. Noi ci siamo, i media strombazzano la nostra presenza con tanto di foto di soldati italiani armati di tutto punto. Ma un poco di tempo fa Limes, la rivista geopolitica non certo tacciabile di filorussismo, ha pubblicato una cartina etnolinguistica dell'Ucraina con le aree russofone e russofile in viola, azzurro e giallo. Basta un colpo d'occhio per capire come stanno le cose. Chi avanza pretese ragionevoli e chi avanza a colpi di imperialismo. Lo stesso imperialismo che allo sfascio dell'USSR si era buttato come le iene nello smembramento della Russia. Senza valutare le implicazioni geopolitiche di tale smembramento, con gioiosa enunciazione del principio di autodeterminazione dei popoli che si sarebbero liberati dal giogo russo. Principio di autodeterminazione che, invece, ora non varrebbe più per la popolazione 'russa' costretta in Ucraina. Piroette geopolitiche. Certo la geopolitica non è un pranzo di gala, ma a pranzo dovrebbero non sedere commensali stolti come sembrano abbondare dalla narrazione nei media italiani. Per essere buoni eh, perché qui il discrimine tra stolto e asservito è labile. Inutile reclamare ragionevolezza sulla vicenda, i media soffiano con venti di guerra con la stessa enfasi con la quale ci annunciano la crescita del contagio, il numero di morti e la storia di un povero bambino deceduto. Poi ci meravigliamo se nell'indice sulla libertà di stampa siamo il fanalino di coda dell'Europa e messi peggio di Stati che riteniamo del 'terzo mondo'.