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Ue più filo-Usa degli americani

di Massimo Fini - 31/12/2023

Ue più filo-Usa degli americani

Fonte: Massimo Fini

I governi europei stanno diventando più americanisti degli americani. Hanno deciso di finanziare l’Ucraina con 50 miliardi, anche se il progetto non è stato ancora messo a terra per l’opposizione di Orbàn. Negli stessi giorni Zelensky ha fatto la sua terza puntata a Washington, sempre per chiedere armi e quattrini, ma a differenza delle due precedenti che erano state trionfali questa volta è stato accolto con molta freddezza. Sono soprattutto i repubblicani ad opporsi. Non bisogna dimenticare che i repubblicani sono stati storicamente “isolazionisti”, prima che Bush padre, influenzato dalle teorie del politologo Francis Fukuyama (“La fine della storia e l’ultimo uomo”) inanellasse una serie di guerre di aggressione dall’attacco alla Serbia del 1999, all’Iraq del 2003, alla Somalia per interposta Etiopia (2006-2008) e infine, con la collaborazione dei francesi e degli italiani, all’aggressione della Libia del colonnello Mu’ammar Gheddafi. Tutte guerre che, in un modo o nell’altro, sono girate in culo all’Europa.
Ma ricorsi storici a parte c’è il fatto che il popolo americano è stanco di appoggiare l’Ucraina di Zelensky, come sono stanchi i popoli europei che sono tutti alle prese con gravi crisi economiche. Anche il popolo italiano è stanco di dover sborsare quattrini mentre ha problemi in tutti i settori, da quello della “borsa della spesa”, cioè dell’inflazione, alla sanità. Anche Giorgia Meloni pur dichiarando che l’appoggio all’Ucraina è imperituro, ha fatto capire, sia pure in modo surrettizio, che ha capito che il popolo italiano è stanco. Ma anche gli ucraini non sono compatti in questa sfida all’ultimo sangue con la Russia. Otto milioni su 43, che è la popolazione complessiva dell’Ucraina, se ne sono andati dal Paese pur di non combattere e non si può credere che si tratti solo di donne e bambini. Nel recente disastro ferroviario di Marghera sono state coinvolte famiglie ucraine, uomini compresi.
L’ostinazione di Zelensky che ha deciso per decreto legge che non si può trattare con la Russia di Putin comincia a stare sullo stomaco a tutti. Zelensky è smarrito perché con la guerra israelo-palestinese, che è ben più insidiosa di quella russo-ucraina perché può coinvolgere il mondo intero, ha perso quella visibilità, quella posizione di protagonista, cui tanto tiene. Si cerca di accontentarlo con la promessa di un ingresso nell’Unione Europea. Ma questo, allo stato, non è possibile perché l’Ucraina non ha i requisiti fondamentali: ha cancellato tutti i partiti di opposizione,  imbavagliato i media, messo sotto il suo controllo la Magistratura. L’Ucraina può entrare nella Nato, dove siedono noti tagliagole come Recep Tayyip Erdoğan, non nella UE. Se si vuole dare ulteriore alimento alla sindrome dell’accerchiamento che ha Putin, non senza buone ragioni, si faccia pure entrare l’Ucraina nella Nato.
Eppure, almeno in teoria, la soluzione del conflitto russo-ucraino non è impossibile. La Crimea è russa, perché il 40 percento della popolazione è russa e un altro 40 percento è tataro o cosacco, che sono parte integrante della storia russa. In quanto al Donbass potrebbe diventare una regione autonoma all’interno dell’Ucraina, tutelando nello stesso tempo i russofili che ci vivono e la stessa Ucraina, garantendole la difesa se Putin dovesse avanzare altre pretese. Personalmente ritengo una sciocchezza, non innocente, che Putin voglia allargare i confini della Russia ad altri paesi europei. C’è poi chi spera che Putin sia abbattuto dall’interno ma è un wishful thinking perché Putin ha l’appoggio della Russia profonda, la ‘moscoia’ come la chiamiamo noi russi che ama Putin che ha ridato grandezza a quel paese dopo che con Gorbaciov si era steso ai piedi degli americani.
Intanto sul campo le cose si mettono male per gli ucraini. La famosa offensiva di primavera è fallita (ma quando mai si annuncia un’offensiva dando il modo al nemico di prepararsi, con tutti questi strateghi in campo si è dimenticato il blitzkrieg che diede modo a Hitler, passando per il Belgio, di arrivare in due settimane a Parigi?). Gli Ucraini sono 43 milioni, i Russi 143. È una guerra che “nessuno può vincere”, come ha affermato lo stesso Capo di stato maggiore, il generale Mark Milley, a meno che non entrino direttamente in campo gli americani e i paesi europei ostili alla Russia, il che significherebbe la terza guerra mondiale di cui nessuno, a parte forse Zelensky, sente il bisogno.
Anche quella all’Afghanistan era una guerra che “non si poteva vincere”, secondo quanto ammoniva lo stesso Pentagono e gli Usa vi hanno buttato via 1000 miliardi di dollari.  Per questo Donald Trump ritirò il contingente americano dall’Afghanistan (l’indecorosa uscita, con uno scomposto fuggi fuggi generale è invece opera di Biden, in quanto agli italiani il primo a fuggire fu l’ambasciatore). Per questo sono convinto che se Trump ridiventerà Presidente la guerra in Ucraina finirà in pochi mesi. Trump prima di diventare un politico è stato un imprenditore e buttare via i dollari per niente non sta nel suo dna. Per lo stesso motivo il suggerimento più saggio l’aveva dato Silvio Berlusconi che in una lettera aperta a Biden gli aveva pressappoco detto: “ Tu di’ a Zelensky che noi gli promettiamo un piano Marshall, per la ricostruzione dell’Ucraina, ma digli anche che se non si mette a trattare immediatamente con Putin non gli daremo più né armi né quattrini”.  Ma il barcollante  Biden aveva fatto orecchie da mercante. Berlusconi è morto e stramorto, ma una volta tanto aveva ragione. Peraltro anche lui prima di diventare politico è stato, e resta con la sua famiglia, un imprenditore con la mentalità dell’imprenditore.  Del resto, nonostante tutte le roboanti dichiarazioni dei governi, in Ucraina le imprese di tutti i paesi europei e degli Stati Uniti stanno lavorando per accaparrarsi le migliori fette della torta, cioè della ricostruzione. Speriamo che alcune di queste fette arrivino anche all’Ucraina e agli ucraini che, predetto il peggio possibile di Zelensky, se lo meritano dopo aver versato tanto sangue, proprio e altrui.