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Uno spiraglio per la tregua in Libia

di Alberto Negri - 22/08/2020

Uno spiraglio per la tregua in Libia

Fonte: Il Manifesto

A decidere sono i libici, in particolare il generale Khalifa Haftar ma anche le potenze internazionali coinvolte che hanno alimentato questa guerra dove la posta in gioco sono le risorse energetiche libiche ma anche i rapporti di potenza nel Mediterraneo.
La prudenza è d’obbligo ma per una volta dalla Libia arriva una buona notizia: l’annuncio parallelo sia da Tripoli che dalla Cirenaica di un cessate il fuoco non è ancora un accordo ma può diventarlo. Si tratta comunque di un formidabile passo avanti per far tacere le armi e avviare negoziati politici e diplomatici. A decidere sono i libici, in particolare il generale Khalifa Haftar ma anche le potenze internazionali coinvolte che hanno alimentato questa guerra dove la posta in gioco sono le risorse energetiche libiche ma anche i rapporti di potenza nel Mediterraneo.
Vediamo i punti di convergenza, quelli che segnano ancora una certa distanza tra le parti e quale è o potrebbe essere il ruolo degli attori internazionali: la Turchia in Tripolitania, l’Egitto, la Francia, la Russia e gli Emirati in Cirenaica e l’azione degli Usa che, dopo un periodo di oscurità, sembrano tornati in primo piano su un campo di battaglia dove membri della Nato coma Ankara e Parigi sono schierati su fronti opposti e sono ai ferri corti anche nell’Egeo e nel Mediterraneo orientale per delimitare le aeree di sfruttamento dei giacimenti di gas offshore.
Ecco perchè un eventuale accordo di pacificazione della Libia ha riflessi strategici che vanno al di là del Nordafrica.
Il governo di Fayez al-Serraj a Tripoli e Aghila Saleh, presidente del Parlamento di Tobruk, nell’Est della Libia, con dichiarazioni parallele hanno annunciato ieri  un cessate-il-fuoco in tutta la Libia. Queste dichiarazioni sono arrivate dopo alcune settimane di negoziati che sono stati favoriti dalle Nazioni Unite e spinti soprattutto dagli Stati Uniti. E non è un caso che la rappresentante di Unsmil, la missione Onu in Libia, l’americana Stephanie Williams abbia accolto con grande favore l’iniziativa. Gli Usa potrebbero aver ritrovato un ruolo politico nella partita in Libia dopo aver assistito per mesi inerti alla poderosa avanzata militare e politica della Russia soprattutto nell’Est del Paese.
Sicuramente un ruolo decisivo lo ha giocato l’Egitto del presidente Al Sisi, antico sponsor del generale Haftar, che ha definito gli annunci un passo importante per ridare la stabilità nel Paese”. Questo intervento di Al Sisi conferma che l’Egitto è coinvolto direttamente nel negoziato e lo ha approvato forse anche contro il parere del generale Haftar. Un’altra possibilità è che, dopo i suoi insuccessi militari, Haftar possa essere stato convinto ad accettare un accordo politico, il cui annuncio pubblico è stato affidato al presidente dell’Assemblea Agila Saleh. Troppo presto per parlare di una fine del generale ma comunque un segnale importante.
Ma veniamo ai nodi militari e politici immediati Il presidente di Tripoli, Fayez al-Serraj, ha precisato ieri che secondo la sua parte il cessate il fuoco entrerà in vigore “su tutto il territorio della Libia”, e ha aggiunto che la tregua comprenderà anche la “smilitarizzazione di Sirte e Jufra”, due località strategiche occupate negli ultimi mesi dalle forze del generale Khalifa Haftar. Nella base aerea di Jufra la Russia ha schierato aerei da caccia e altri materiali militari. Serraj annuncia anche che ci saranno nuove elezioni politiche nel marzo del 2021 mentre Saleh si è pronunciato per una riforma del consiglio presidenziale.
Ora bisognerà vedere che cosa si intende per smilitarizzazione della Sirte, cioè dell’area della cosiddetta “Mezzaluna petrolifera” dove ci sono i giacimenti e i terminali di produzione ed esportazione di petrolio e di gas. Riordiamo che in Cirenaica si trova il 70% della petrolio libico, quindi la ripresa dell’export da questa area ha una valenza fondamentale. Soprattutto perché la regione dominata militarmente da Haftar con il sostegno della Russia e degli Emirati si trova sull’orlo del black out energetico, ovvero è ormai quasi priva di elettricità perché le centrali alimentate a gas non possono essere più rifornite. Questo fattore che sta innescando proteste in tutta la regione potrebbe diventare determinante per spinare la strada alla tregua.
La Russia, presente con i caccia e la divisione di mercenari Wagner, sta riflettendo sul da farsi ma probabilmente è favorevole a una soluzione politica. Il problema sono gli Emirati che in questa partita libica hanno investito soldi e armamenti per sostenere il generale Haftar schierato contro la Turchia e i Fratelli Musulmani. Un’intesa di pacificazione segnerebbe una briciante battuta d’arresto per le ambizioni dell’emirato che ha appena firmato un accordo con Israele. Gli Usa però questa volta farebbero pressioni per un’intesa: tocca a loro convincere gli alleati del Golfo.
Per l’Italia un cessate il fuoco è positivo: contiene le mire di Erdogan in Libia, che si è impossessato della Tripolitania, spiana la strada nuove intese nel Mediterraneo, rimette in attività economica il Paese e forse può consentire anche altri accordi per contenere i flussi migratori e rimettere ordine sulla Quarta Sponda. La nostra diplomazia a Tripoli ha lavorato per questo con grande sforzo e attenzione, avendo alle spalle dei governi che spesso negli anni si sono distinti per iniziative controverse o per l’assenza di iniziativa e un’opinione pubblica poco incline a riflettere sugli interessi nazionali e la politica estera.