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Vladimir Putin e la fine del liberalismo

di Umberto Bianchi - 19/07/2019

Vladimir Putin e la fine del liberalismo

Fonte: Umberto Bianchi

PUTIN: IL SENSO DELL’INTERVISTA AL FINANCIAL TIMES.
La recente intervista del Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, rappresenta sicuramente un salto di qualità, rispetto alle dichiarazioni improntate ad una grande prudenza mediatica a cui il Presidente Russo, uomo che sicuramente preferisce l’azione sul campo, ci ha da tempo abituati. Parlare al Financial Times di inattualità e crisi del liberalismo, significa solo una cosa: che per questo modello stanno, oramai, suonando le campane a morto. D’altronde, nonostante la fine del blocco sovietico avesse fatto sperare ai prezzolati fautori del liberismo, l’avvento di una “Fine della Storia” ( per dirla tutta con Fukuyama…) all’insegna di un omologante liberal-liberismo, connotato solo da lievi oscillazioni di quando in quando a sinistra o a destra, le cose non sono andate secondo i “desiderata” di Lor Signori. Difatti, una serie di crisi globali economico-finanziarie in successione, intervallate a momenti di grande euforia dei mercati, hanno messo e stanno ad oggi mettendo, sotto gli occhi di tutti, i limiti e le grandi contraddizioni di questo sistema., la cui indiscriminata espansione a livello globale, è stata solo capace di produrre sperequazione, indebitamento, strangolamento economico di popoli e nazioni, degrado ambientale e sociale, nel nome di un sistema che in nome di parole d’ordine generiche e confuse, come libertà, democrazia, diritti, ha e sta invece conducendo ad un mondo uniformato nello sfruttamento e nella miseria generalizzati, a fronte di pochi fortunati super-abbienti, illuminati e “progressisti”. E poi, diciamocela tutta, a settant’anni dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale, non è obiettivamente, ancora possibile continuare a ragionare secondo i parametri geopolitici del dopoguerra. Gli Usa, oggi più che mai, sotto la gestione Trump, hanno deciso di pensar di più ai propri interessi nazionali, piuttosto che a quelli dei vari potentati economici multinazionali, più propensi ad un liberal-progressismo da imporre al mondo intero. Per questo l’Europa, ora più che mai, deve ripensare il proprio ruolo, iniziando proprio da un cambiamento di marcia, che non può non passare attraverso lo smantellamento del Circo Equestre di Bruxelles, a cui andrà giuocoforza sostituito un modello più elastico e nel contempo, solidale, rappresentato da un’idea confederativa di Comunità di Stati Indipendenti, legati da un patto di mutua assistenza e solidarietà. La Federazione Russa di Putin, sta ricominciando a rivalutare il proprio fondamentale ruolo di potenza-ponte tra Europa ed Asia, tramite la graduale ricerca di un asse con la Cina, con un occhio all’Iran ed alla Siria. E le dichiarazioni di Putin al Financial Times costituiscono, in questo senso, un segnale chiaro e netto. Oggi esiste concretamente la possibilità di addivenire
alla creazione di un Asse geopolitico alternativo a quello atlantico. Un Asse imperniato anche su una visione dello Stato e dell’economia ben diversa da quella liberal-liberista, oramai sempre più in preda ad evidenti contraddizioni di metodo e di sostanza. Occasione d’oro per assestare un colpo mortale al carrozzone di Bruxelles e dei Poteri Forti, potrebbe esser rappresentato dalle critiche “comunitarie” a proposito della vicenda “Sea Watch”. Ora, dopo che Germania, Francia e Olanda si sono permesse di criticare il nostro Governo in una maniera così arrogante ed ipocrita, c’è da chiedersi: ma cosa ci stiamo a fare ancora in Europa? Per caso a pagare per poi subire affronti, umiliazioni e reprimende d’ogni genere e tipo? Nuovi scenari e nuove opportunità vanno aprendosi. La seconda potenza mondiale del pianeta si sta situando su posizioni anti globaliste, anti buoniste e smaccatamente anti immigrazioniste, con buona pace dei vari ferri vecchi e dei rottami progressisti, che oggi tanto cianciano di ipocriti solidarismi d’accatto. Non cercare di approfittarne ora sarebbe un grosso errore. In giuoco, ora come non mai, c’è il benessere e la libertà della nostra e delle generazioni europee a venire. Senza se e senza ma.