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Volodymyr Zelensky non convince più la sua gente

di Fulvio Scaglione - 20/11/2025

Volodymyr Zelensky non convince più la sua gente

Fonte: Inside Over

Come un avvoltoio che scende a cerchi concentrici sulla preda, il “caso Mindich” e lo sprofondo di corruzione che esso ha rivelato si avvicina sempre più al presidente Volodymyr Zelensky. L’ultima novità è stata rivelata dal deputato Oleksiy Goncharenko (nel 2019 eletto come indipendente, mentre nel 2014 era stato eletto nel Blocco Poroshenko) e dal giornalista Volodymyr Boiko (in passato deputato di Batkivshchyna, il partito di Julija Tymoshenko): un documento della NABU (l’Agenzia nazionale anti-corruzione ucraina) in cui si dice che “non più tardi del gennaio-febbraio 2025, Timur Mindich, approfittando della situazione creatasi in Ucraina con la legge marziale, della sua amicizia con il presidente Zelensky V. A., dei legami con attuali ed ex alti funzionari degli organi di governo e delle forze dell’ordine, sfruttando così una notevole influenza all’interno degli organi di Stato… ha deciso di arricchirsi illegalmente… ” eccetera eccetera.
Funzionari in carica, ex funzionari, organi di governo, forze dell’ordine… Ce n’è abbastanza per scatenare, se non proprio una caccia all’untore, almeno un bel repulisti. Ma soprattutto questa è la prima volta in cui, parlando dello scandalo corruzione, viene fatto apertamente il nome di Zelensky. L’amico e socio nello studio di produzione Kvartal 95 del grande ladrone Mindich, scappato in Israele appena prima di essere arrestato (e per questo sotto inchiesta da parte della NABU ora c’è addirittura Andriy Synyuk, vice-capo della Procura anti-corruzione-SAP, accusato di aver avvertito Mindich).
È vero che Goncharenko e Boiko vengono dai partiti guidati da due nemici storici di Zelensky, rispettivamente Petro Poroshenko e la Tymoshenko. A loro non sarà perso vero di poter attaccare l’avversario politico. Ma NABU e SAP non c’entrano, almeno non nel senso di una specifica appartenenza partitica. E i pallet di dollari fruscianti sequestrati ai suoi amici parlano purtroppo assai chiaramente.
Intendiamoci. Un presidente che deve cacciare due ministri in carica (e non due qualunque: il ministro della Giustizia e la ministra dell’Energia); vede scappare negli Usa il segretario in carica del Consiglio di Sicurezza (ed ex ministro della Difesa) Rustem Umarov; assiste all’arresto di un suo ex vice premier come Oleksiy Chernyshov e alla latitanza di uno dei suoi migliori e più vecchi amici; e si ritrova a Istanbul per trattare con i turchi e gli americani nella speranza di trovare una via d’uscita dal conflitto e scopre che Steve Witkoff, l’inviato speciale di Donald Trump, rifiuta di incontrare Andrij Jermak, il capo dell’amministrazione presidenziale ucraina, considerato l’anima nera della corruzione ucraina. Ecco, in un Paese normale e in un mondo normale un presidente così sarebbe già stato cacciato a pedate: perché incapace o colluso. Ma l’Ucraina non è un Paese normale in un mondo normale, è un Paese rovinato dalla guerra che da quasi quattro anni vede in Zelensky il proprio leader. In più, Zelensky è appoggiato da forze potenti che assolutamente non vogliono vederlo cadere: in primissima fila l’Europa, che deve guadagnare tempo per riarmare e mettere una pezza alla crisi economica e quindi ha bisogno che Zelensky, tenace nel resistere alla Russia, resti al suo posto. Non a caso i più diversi Paesi, Italia compresa, proprio in questi giorni hanno detto che continueranno a fornire aiuti militari, e Ursula von der Leyen è partita in caccia dei 70 miliardi che servono all’Ucraina per non tracollare.
Zelensky resisterà. Caccerà qualche malfattore e, semmai, cercherà di andare in qualche modo incontro a quel 69% degli ucraini che chiedono una rapida fine della guerra (vedi Istanbul e Witkoff) e che, comunque, gli attribuiscono la colpa della dilagante corruzione. A lui che, nel 2019, fu trionfalmente eletto presidente anche sulla promessa di sbarrare la strada al malaffare. Ma è chiaro che i suoi spazi di manovra si riducono giorno dopo giorno. Ci sono i problemi al fronte, ovviamente. Ma se non fosse per la minaccia russa, Zelensky avrebbe poca strada davanti a sé.
Non è un problema di oggi. E nemmeno del luglio scorso, quando tentò di far passare una legge che annullava i poteri di NABU e SAP e fu costretto a ritirarla per le proteste popolari. È il suo problema di sempre, come ha ben scritto in un duro editoriale il Kyiv Independent: “Il recente scandalo di corruzione nel settore energetico del Paese – il più grande durante il mandato di Zelensky – e sviluppi molto preoccupanti in prima linea hanno evidenziato le debolezze di un sistema di leadership che concentra avidamente il potere, non tollera critiche e giustifica l’incompetenza in nome della lealtà. Zelensky ha governato in questo modo da quando ha assunto l’incarico nel 2019. Ma ora, a quasi quattro anni dall’inizio della guerra su vasta scala, i difetti di questo stile di governo sono così profondi da minacciare la sopravvivenza stessa del Paese. Le rivelazioni della scorsa settimana sulla corruzione nell’ambiente del presidente hanno gettato Zelensky e la sua amministrazione in una crisi senza precedenti, ancora in evoluzione. Hanno lasciato la stessa domanda nella mente di tutti: il presidente è stato coinvolto? È la dimostrazione di un processo decisionale suicida e sbagliato a cui Zelensky non si è affrettato a rispondere pubblicamente”.
Come si vede, una critica radicale allo stile di governo di Zelensky e della sua squadra, a una leadership incurante delle critiche e pronta a premiare la fedeltà più del merito. Incapace, ora, di dissipare i sospetti. Ma non solo. La critica del Kyiv Independent però è ancor più radicale: “Dopo aver affrontato adeguatamente la crisi a Kiev, Zelensky dovrà rivolgersi a Est. L’Ucraina sta per perdere la città di Pokrovsk, e molto altro. La scorsa settimana, diverse figure di spicco hanno lanciato l’allarme sullo stato della difesa ucraina, sui recenti rapidi progressi della Russia e su come queste battute d’arresto derivino da problemi sistematici nella gestione delle Forze Armate ucraine. Zelensky e il suo team devono mettere da parte la politica, smettere di proteggere i loro alleati dalle indagini sulla corruzione e concentrarsi sulla sopravvivenza dell’Ucraina, che inizia sul campo di battaglia”.
Il messaggio che arriva dall’opinione pubblica ucraina, quindi, è molto chiaro. Finché dura la guerra Zelensky non può ma DEVE restare al suo posto, emendando dove può il suo stile fallimentare di governo in nome della difesa della patria aggredita e offesa. Ma poi…