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Palestinesi. Un popolo prigioniero. L'Europa si svegli

di Francesca Cutarelli - 15/05/2007

 
Negli ultimi anni i palestinesi detenuti nelle carceri israeliane sono quasi raddoppiati. Tra loro 40 parlamentari e 400 minori. La denuncia di Fadwa Barghouti

«Sono passati cinque anni dalla mia ultima visita al Parlamento Europeo. Allora mio marito Marwan, parlamentare, era appena stato sequestrato e i prigionieri politici palestinesi erano 6000. Oggi hanno raggiunto quota 10.700, quasi il doppio».
«Lui era il solo parlamentare incarcerato - prosegue Fadwa Barghouti -, oggi i deputati dietro le sbarre sono 40. In tutto questo tempo cosa hanno fatto la Comunità Internazionale e l'Europa per impedire che i palestinesi fossero arrestati senza un processo e per il solo fatto di resistere a 40 anni di occupazione? Quanti bambini sono stati uccisi? Quanta terra è stata confiscata?». Queste le domande accorate di Fadwa Barghouti, moglie di Marwan, 48enne leader di Al Fatah sequestrato nell'aprile del 2002 dall'esercito israeliano a Ramallah e condannato a cinque ergastoli, ha rivolto il 25 aprile al Parlamento Europeo di Strasburgo, nel corso dell'audizione su «Diritto alla libertà per i prigionieri politici palestinesi», organizzata da Luisa Morgantini, vicepresidente al PE e dal Gruppo GUE/NGL.

«Oggi i 10.700 prigionieri palestinesi sono sparsi in 17 carceri e in campi di detenzione controllati dall'esercito israeliano: tra questi circa 400 sono minori, 1000 i malati, 117 donne, e 40 i membri eletti nel Parlamento Palestinese e più di 800 in detenzione amministrativa. In totale - ha sottolineato Morgantini - dal 1967, inizio dell'occupazione militare, 750mila palestinesi sono stati arrestati dall'esercito israeliano nella West Bank e a Gaza, e questo su una popolazione di tre milioni e mezzo di abitanti». «Questi arresti - gli ha fatto seguito - Sa'd Nimri, Coordinatore della Campagna per la libertà di Marwan Barghouti - sono illegali: spesso i palestinesi sono trattenuti in via amministrativa con un fermo che viene rinnovato di sei mesi in sei mesi e che può durare anni».
«Molti dei detenuti - ha continuato Nimri - devono essere considerati «rapiti», perché letteralmente sequestrati dai soldati israeliani nella cosiddetta Zona A, di competenza delle Autorità Palestinesi. Inoltre, la III e IV Convenzione di Ginevra per il rispetto dei diritti dei prigionieri di guerra e dei civili sono sistematicamente violate: la tortura è ancora una pratica diffusa e a patirne di più sono le donne e i bambini».

Bassam Aramin, 39 anni, è stato prigioniero politico per 7 anni dal 1985-1992. Ora fa parte dei Combattants for Peace, organizzazione di ex attivisti palestinesi e di ex soldati israeliani che si battono per una soluzione pacifica e non militare del conflitto. È lui a raccontare alla platea la sua esperienza di torturato, denudato e bastonato per giorni e giorni, insieme ad altri giovani palestinesi e a commuovere col suo recente dramma personale: la figlia Abir avrebbe ora 11 anni se non fosse stata assassinata, lo scorso 8 febbraio, da un proiettile israeliano che le ha perforato la testa, mentre mano nella mano con sua sorella usciva dalla scuola di Anata. Secondo l'inchiesta di tre giorni effettuata dalle autorità israeliane, smentita dalle evidenze e dagli esami medici, la bimba è stata uccisa da una pietra.

Dal 2000 ad oggi sono 815 i bambini palestinesi uccisi dall'esercito israeliano, ma per nessuna di queste morti, come per quella di Abir, è stato trovato un responsabile. Nonostante questo Bassam non chiede vendetta, ma giustizia: al capezzale della sua bimba insieme a lui e alla sua famiglia, c'erano anche i suoi compagni israeliani, ex soldati e combattenti per la pace. Per Veronique De Kaiser, Parlamentare Europea e Capo delegazione di Osservazione UE durante le elezioni palestinesi, «la politica europea, di due pesi e due misure, è indegna e vigliacca; è complice di questo scempio di diritti. Noi tutti siamo complici quando, come in questi giorni, non ci scandalizziamo che al PE venga ricevuto un deputato appartenente al partito xenofobo di Liebermann e si continua invece a dettare condizioni al Governo palestinese».

Per questo Fadwa Barghouti insiste: «È necessario uno scambio di prigionieri - e alludendo a Shalit, caporale israeliano sequestrato nella Striscia di Gaza -, io sono una madre, capisco e comprendo il dolore che si può provare. E se pur mi batto perché venga liberato, non dimentichiamo che Shalit è stato rapito mentre andava ad attaccare i campi profughi di Gaza. I nostri figli vengono rapiti quando sono per la strada, mentre ritornano da scuola o dal lavoro. Spesso vengono uccisi impunemente». Come Abir.