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Un buffone in Medio Oriente

di redazionale - 16/05/2007

Fonte: iraqiresistance.info

<<Ha rovesciato la tradizione del suo partito, da anni portavoce delle accuse più stolide contro il Muro e ha detto pacatamente che la Barriera potrà essere abbattuta solo attraverso il processo di pace. E’ andato a Ramallah, e volutamente non a Gaza per non incontrare Hamas, e ha fatto zittire Marwas Bahar mentre insultava Israele. Ha esortato cinque volte i parlamentari palestinesi: “Riconoscete Israele, due popoli, due stati... Ha rotto radicalmente la sua stessa tradizione, ha smesso di affiancare le posizioni più radicali dei palestinesi, ha fatto proprie anche le ragioni essenziali di Israele>>.

L’autore di questo elogio sperticato è il giornalista ultra filo-sionista Carlo Panella.

La cartaccia che l’ha ospitato è quella del Foglio, il giornalaccio di Giuliano Ferrara.

L’eroe in questione è ovviamente il presidente della Camera, Fausto Bertinotti.

Potremmo anche fermarci qui, ma un buffone è un buffone e un buffone itinerante lascerà sempre traccia in ogni tappa del suo girovagare.

 

Vediamo allora due perle che hanno entusiasmato i sionisti di tutto il mondo.

 

<<Israele è un luogo dello spirito>>

Affermazione fatta davanti al parlamento palestinese: <<Dopo Auschwitz l’esistenza di Israele è una realtà, ma anche un luogo dello spirito>>.

 

<<Il muro è una questione interna>>

Dichiarazione alla stampa all’uscita dalla Chiesa della Natività: <<Il mondo ha bisogno di ponti su cui incontrarsi e non di muri che impediscono di vedersi, ma non mi permetto di entrare nelle questioni interne>>.

 

Non ci sarebbe bisogno di commenti, ma sul reale significato della visita di Bertinotti è illuminante quanto ha scritto un’esponente della sinistra ebraica, Paola Cannarutto dell’associazione Ebrei europei per una pace giusta, in un intervento sul Manifesto del 9 maggio:

<<Da Bertinotti, noi della sinistra ebraica speravamo qualcosa di più: una parola chiara contro il Muro – costruito in gran parte in territorio palestinese -, contro i posti di blocco, che rendono impossibile ai palestinesi spostarsi e raggiungere i posti di lavoro, contro la confisca di acqua, contro l’uso di scudi umani, contro le torture in carcere, contro la politica di vietare (da 14 anni!) ai palestinesi senza il permesso dell’occupante di raggiungere Gerusalemme Est (territorio occupato!) e quella di rinchiudere (da 14 anni!) gli abitanti di Gaza in una prigione a cielo aperto. Compito della sinistra è sostenere l’oppresso, non l’oppressore; l’occupato, non l’occupante. La nostra delusione non è solo etica: è anche politica>>.

Se così parla un’esponente della sinistra ebraica, evidentemente a favore del principio “due popoli, due stati”, abbiamo la misura della gravità degli atti compiuti dal presidente della Camera che su tutti i punti sopra elencati ha semplicemente taciuto: altro che “equivicinanza”!

 

Ma prima di queste bravate, Bertinotti è stato in Libano, dove ha ovviamente evitato di recarsi a Sabra e Chatila, simboli dello stragismo genocida di quel sionismo che egli ama tanto.

Ed anche in questo paese ha lasciato il segno. Intitola l’attento Corriere della Sera del 7 maggio: <<Bertinotti in Libano: “Fiero delle nostre truppe”>>.

Siamo qui arrivati all’esaltazione della Folgore, che ha fatto parlare di “Rifondazione paracadutista”, che ha suscitato un discreto smarrimento nelle fila di quel partito anche se ormai da tempo abituate a tutto. A questo proposito pubblichiamo in questo bollettino la lettera indignata di un iscritto al Prc.

 

Qui vediamo tre perle.

 

<<Un esercito che lavora per la pace>>

Dichiarazione nel paesino di Yanouh (sud Libano): <<E’ straordinario vedere un esercito che lavora per la pace, che crea una cultura di pace e non fa solo la sua attività di interposizione>>.

Quale sia l’attività di “interposizione”, guarda caso fatta da una sola parte della linea del confine è cosa nota. Ma la cosa ancora più infame è il credito che il vero capo della cosiddetta (con molte virgolette) “sinistra radicale” di governo arriva a dare all’imbroglio linguistico imperiale che vuol chiamare pace la guerra in ogni angolo del mondo dove l’occidente manda le sue truppe. Certo, in Libano oggi non si spara, ma le truppe della Nato sono lì in vista della prossima guerra, della prossima aggressione americano-sionista e non sono certo lì per “interporsi”. La frase di questa canaglia in cachemire va dunque evidenziata e conservata per quell’occasione.

 

<<I politici dovrebbero ascoltare i militari>>

Dichiarazione fatta in compagnia del gen. Claudio Graziano: <<Credo che tutti i politici, me compreso, prima di parlare dovrebbero ascoltare i nostri militari perché capirebbero come si possono portare la pace e la comprensione nel dialogo e nel rispetto di situazioni e culture diverse>>.

 

<<Questa è la vetrina migliore del nostro Paese>>

Sempre nella stessa occasione: <<Questa è la vetrina migliore del nostro Paese e il Paese dovrebbe mettersi all’altezza di questa vetrina>>.

 

E questo è tutto. A quando il prossimo viaggio? Si può sempre scegliere tra Afghanistan e Balcani. Peccato che l’Iraq non sia più disponibile. Qui il buffone avrebbe certo dato il meglio di sé, spiegando a tutti come conciliare occupanti e occupati, rifiuto della guerra ed incenerimento di Falluja. Purtroppo per lui non ci sono più truppe da visitare, né vetrine da esibire, e – soprattutto – dovrebbe indossare un antiestetico giubbotto antiproiettile, e questo gli risulterebbe davvero intollerabile.

  

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BERTINOTTI IN LIBANO

Riceviamo e pubblichiamo

BERTINOTTI IN LIBANO

Il compagno Fausto Bertinotti, Presidente della Camera e già segretario della svolta gandhiana-antistalinista-glbt-frou frou del Partito della Rifondazione Comunista, pronto a bacchettare bonariamente e a ricondurre sulla giusta strada i compagni che, sia pur in buona fede, persistendo nel continuare a leggere la realtà secondo l'obsoleta lente dei principi del marxismo scelgono di schierarsi a fianco delle Resistenze invece che con i portatori di pace (eterna) e civiltà occidentali, ha compiuto l'ennesimo "atto d'amore" verso le istituzioni nelle quali la lotteria dell'alternanza (che prepara l'alternativa, ci mancherebbe altro che non fosse così) lo ha inserito, ora più che mai, a pieno titolo. Lui, che si era speso in prima persona per scongiurare che ignari militanti di base del SUO partito venissero sedotti dalla malefica "alleanza rossobruna, innaturale abbraccio fra estrema destra e estrema sinistra in nome dell'antiamericanismo" che avanzava minacciosa sotto le insegne del Campo antiimperialista con la benedizione di Costanzo Preve, ha preso in contropiede il filosofo torinese. Altro che teoria, il Fausto nazionale, che è uomo d'azione e non ha tempo da perdere per lo studio, è saltato direttamente alla fase pratica. In Libano. Recatosi infatti il nostro, durante la sua escursione medioorientale, in visita presso il comando della Brigata Folgore (la fascistissima) impegnata nella missione di peacekeeping a difesa dello spazio vitale di Israele dalle reazioni dei fanatici terroristi antisemiti di Hezbollah, ha definito i militari come "un esempio dell'Italia che funziona, la migliore vetrina del Paese, che deve mettersi all'altezza di questa vetrina" concludendo poi l'editto libanese con un emblematico "I politici, prima di parlare di questa realta', dovrebbero venire ad ascoltare i militari, capaci di parlare di pace e comprendere la situazione, qui non c'e' solo capacita' tecnica, ma anche di comprendere la situazione e le culture locali". In grado di parlare di pace, certo, come a Nassiryah nell'agosto del 2004, quando durante la tristemente famosa "battaglia dei ponti", dopo aver tra le altre cose mitragliato anche un'ambulanza, i "nostri ragazzi" si
divertirono ad "annichilire" (vedere il video "Nassiryah agosto 2004, un giorno di guerra" trasmesso da Rainews 24) gli insorti che continuavano a resistere all'offensiva. Capaci di "comprendere la situazione e le culture locali", come in Somalia nei primi anni '90, dove proprio la Brigata Folgore che tanto è piaciuta al compagno Bertinotti si rese responsabile di gravissimi episodi di violenza nei confronti della popolazione civile. Sintetizzando si può dire che, per il Presidente della Camera, si chiude un percorso evolutivo, un ciclo iniziato da segretario del PRC con la condanna delle resistenze in nome della nonviolenza totale, continuato poi con la presenza sul palco d'onore della parata delle Forze Armate il 2 Giugno del 2006, concluso con i fatti di ieri (2 maggio nda). Che l'ex "Signor No", in una rilettura tutta personale della tattica gramsciana della "guerra di posizione", abbia l'intenzione di guadagnare alle file del neocomunismo un nuovo soggetto sociale, fino ad oggi lontano anni luce dalla sinistra? In tal caso sarebbe buona cosa se qualcuno gli spiegasse che,
secondo il fondatore del PCdI, dovrebbe essere il soggetto rivoluzionario a conquistare l'egemonia politica contro la cultura del capitale, non viceversa.

Oronzo Canà*

Comunista dissidente


*PS: per chi non lo sapesse, Oronzo Canà è il protagonista, interpretato da Lino Banfi, del film "L'allenatore nel pallone" (1984). Lo pseudonimo trae origine dalla scena del film in cui Banfi/Canà, sollevato in aria dopo la partita della salvezza dai giocatori della sua squadra in festa ed inavvertitamente afferrato per un testicolo da uno di questi, grida dolorante "Mi avete preso per un coglione!". Quale metafora migliore della condizione del militante critico medio di Rifondazione?

Saluti comunisti

Francesco Scirè