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Come inquinare le Galapagos e farla franca

di Fulvio Gioanetto - 19/05/2007

 

 

Richard Branson, magnate della compagnia aerea Virgin, ha istituito un premio di succosi 25 milioni di dollari per chi troverà un'idea geniale in grado di ridurre la quantità di gas serra in atmosfera, quantità a cui il settore aereo contribuisce in misura notevolissima e sempre maggiore. Un premio così fa gola, ed ecco che si fanno avanti progetti di geoingegneria per captare e intrappolare i gas responsabili del caos climatico. Forse spera di vincere la società californiana Planktos Inc.? Si tratta, come spiega il suo stesso sito, di una «compagnia profit che genera crediti di carbonio in due modi: ripristinando le popolazioni di plankton negli oceani e piantando «parchi forestali per il clima» (ma si occupa anche di fusione nucleare). E certamente il plancton e gli alberi catturano anidride carbonica grazie alla fotosintesi, stoccando il carbonio nei propri tessuti. È così che la Planktos «matura crediti di carbonio da vendere nel mercato mondiale delle emissioni», leggiamo sempre nel suo sito. Ora, la compagnia ha annunciato di essere pronta a immettere, alla fine di maggio, diverse tonnellate di particelle di ferro nelle acque intorno alle preziose e minacciate isole Galapagos, per un'area di 10.000 chilometri quadrati. Stimolando in tal modo una massiccia crescita del plancton, questo catturerebbe dall'atmosfera milioni di tonnellate di anidride carbonica. La «semina del ferro» - alla quale è stato invitato il boss dell'aviazione summenzionato - sarebbe somministrata sotto forma di nanoparticelle, più leggere. Peccato che già nel 2004 l'Accademia reale inglese di ingegneria abbia chiesto il divieto di applicazione ambientale delle nanoparticelle.
La «ipotesi del ferro» è una teoria sviluppata dall'oceanografo John Martin nel 1990. Egli riteneva che si potesse raffreddare il clima facendo crescere più plancton negli oceani: «Datemi una quantità di ferro e vi darò una nuova era glaciale». Sull'idea stessa sono più che critici sia gli scienziati che gli ambientalisti. Documenti dell'Ipcc (l'organismo scientifico dell'Onu che studia i cambiamenti climatici), citati dall'agenzia France Presse puntano il dito contro «gli innumerevoli e assurdi piani di geoingenieria, opzioni che continuano ad essere altamente speculative con il rischio di effetti collaterali sconosciuti». Fra i quali la produzione di ossido di azoto e metano, e cambiamenti nel plancton che potrebbe sfuggire al controllo con effetti tossici sulla stessa catena alimentare oceanica, di cui il plancton è la base. Insomma, come mettere a repentaglio gli ecosistemi marini.
Il governo Usa, riporta il Guardian, sarebbe invece ben contento di simili soluzioni, che non richiederebbero di cambiare il modello. Il che è invece necessario. Secondo Greenpeace, «il cambio climatico deve essere affrontato con la riduzione delle emissioni, non con l'alterazione degli ecosistemi oceanici». La rivista Nature ha pubblicato (sul numero 446) lo studio di 47 scienziati: concludono che questo tipo di fertilizzazione ha poche chance di sequestrare grandi quantità di carbonio; e parlano di «fine dell'utopia geoingegneristica consistente nella semina oceanica di ferro», ha spiegato uno degli scienziati, il biologo oceanico Ulf Riebesell dell'Istituto Liebniz per le scienze marine di Kiel, Germania. Ma Planktos non demorde: spera infatti di convincere il mercato a vendere un po' di crediti di carbonio a chi si sente colpevole di delitti contro il clima.
I gruppi ambientalisti ecuadoriani e latinoamericani stanno organizzando una campagna internazionale per bloccare questo rischioso progetto, sottolineando fra l'altro che le isole Galapagos sono patrimonio mondiale dell'Unesco sotto la sovranità dell'Ecuador (www.etcgroup.org). Come afferma Elizabeth Bravo di Accion Ecologica, « si tratta di una avventura irresponsabile fatta da individui motivati solamente dal profitto. È un progetto che minaccia il nostro clima, il nostro mare e la sovranità dei pescatori. Insomma un esperimento commerciale, non scientifico».