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la “predonomia” dello stato capitalista

di Antonio Catalfamo - 11/12/2005

Fonte: europeanconsumers.it


La “predonomia” dello stato capitalista,

Carmelo R. Viola

E’ uscito, in questi giorni, il quaderno n. 21 del Centro Studi Biologia Sociale di Acireale (Catania), fondato e diretto autorevolmente da Carmelo R. Viola. Il titolo suggestivo dei due tomi che compongono l’opera è: “Dalla «predonomia» allo Stato «economico»”. Oltre all’ampio saggio di Carmelo R. Viola, sono ospitati, in una sorta di appendice, intitolata “Miscellanea”, brevi, ma succosi, interventi di Enrico Giardino, Natale Musarra e Mauro Ventura. L’attività editoriale del Centro Studi Biologia Sociale continua, dunque, ininterrottamente, nonostante le difficoltà, innanzitutto economiche, alle quali non può non andare incontro, visto che le sue iniziative si autofinanziano. Certamente i quaderni da esso pubblicati meriterebbero una diffusione di massa, ma la libertà di pensiero e di stampa, garantita dalla Costituzione italiana all’art. 21, nella società capitalistica è meramente formale. Di fatto vige il monopolio dell’informazione da parte dei gruppi economici dominanti, che, grazie al controllo delle grandi case editrici e delle maggiori reti televisive, sono in grado di pilotare l’opinione pubblica, provocando in essa l’ “effetto indotto” del topolino. Il risultato è il cosiddetto “pensiero unico”,vale a dire l’ “omologazione culturale”, già denunciata da Pasolini. Tutti i cittadini sono indotti a pensare, ad agire, persino a vestire, come piace a chi detiene le leve del potere. Con il crollo dei regimi comunisti dell’Est europeo, che svolgevano indubbiamente un ruolo di contrappeso rispetto al capitalismo, abbiamo assistito all’avvento della “globalizzazione”, che, concretamente, significa soggezione di tutto il mondo al dominio degli Stati Uniti. Questo fenomeno ha investito anche il settore dell’informazione, per cui i cittadini di tutto il pianeta pensano come vuole la Casa Bianca. La gestione mass- mediatica della guerra in Iraq è la riprova di tutto ciò. Al bar, sul luogo di lavoro, per le scale di casa, sentiamo la gente ripetere le menzogne, partorite dalla mente criminale di George Bush e dei suoi “esperti”, in merito alla guerra “chirurgica”, senza morti e con qualche ferito lieve, che gli States sono stati costretti a scatenare per difendersi dal “terrorismo”, fomentato da Saddam Hussein. Non importa che le prove sul possesso delle armi di sterminio di massa, attribuito al “rais” iracheno, e sul suo coinvolgimento nell’attentato alle “Torri gemelle” non siano mai state prodotte. Anzi, organismi nominati dagli stessi governi occidentali abbiano dimostrato la loro inconsistenza. In queste condizioni, la libertà del cittadino e l’autodeterminazione dei popoli vanno a farsi benedire.

Inevitabilmente iniziative “alternative” come quelle intraprese, con tenacia encomiabile, da Carmelo R. Viola e da altri studiosi indipendenti sono costrette alla semiclandestinità. A maggior ragione, è necessario utilizzare tutti i canali disponibili per farle conoscere ad un pubblico che sia il più vasto possibile, rompendo la “cortina di silenzio” sollevata oculatamente ed abilmente dal potere “globalizzatore”. Purtroppo anche la sinistra, specie quella istituzionale e riformista, boicotta tali iniziative, perché ormai si è convertita al capitalismo e alle sue leggi. Carmelo R. Viola, per converso, ha dimostrato, attraverso la “biologia sociale”, della quale è padre fondatore, il carattere criminale connaturato alla società capitalistica. Il presente quaderno ne è la riprova. Sentiamo decantare a destra e a manca le virtù democratiche del capitalismo, vero e proprio regno delle libertà, a partire da quella economica. Questo sistema economico garantirebbe la massima realizzazione dello stato di natura, attraverso il meccanismo altamente democratico della “libera concorrenza”. Ebbene, l’analisi condotta da Carmelo R. Viola s’incarica proprio di demolire questa tesi completamente infondata. Il Nostro dimostra che la definizione di “economia” è impropria, se riferita alla società capitalistica. Essa va, dunque, sostituita con quella più calzante di “predonomia”. Il capitalismo non soddisfa lo “stato di natura”, ma i bassi istinti dell’uomo delle caverne, che sopravvivono immutati, nonostante i secoli, nell’uomo “civilizzato”. Il “primum movens” dell’ “homo capitalisticus” è, infatti, quello “predatorio”. “Economia” significa amministrazione della casa o, in senso più ampio, della collettività, della “res pubblica”. Nella società capitalistica le risorse non sono amministrate affatto nell’interesse collettivo, bensì pochi prepotenti se le accaparrano, usando ogni mezzo, e depredando tutti gli altri, secondo la legge della giungla o dei cavernicoli. Il capitalismo si autodefinisce “liberale”, fondato sul rispetto dei diritti dell’individuo e, addirittura, sulla massima valorizzazione della personalità individuale. Ma, in realtà, l’individualità scompare completamente, dovendo lasciare il posto alla “centralità dell’impresa”. Quest’ultima espressione è stata recepita pure dalla sinistra riformista. Il primo ad usarla, nell’ambito del Partito Comunista Italiano, che, dopo un glorioso passato di lotte anticapitalistiche, si apprestava ormai a passare, armi e bagagli, al servizio dell’avversario di classe, fu Enrico Berlinguer, il quale invitò gli operai a considerare l’impresa come una specie di idolo, ad identificarsi con essa e con le sue esigenze produttive, a convertirsi alla “qualità totale”, e, in ultima istanza, a “stringere la cinghia”, in nome della cosiddetta “politica di austerità”, che doveva servire a risanare lo Stato capitalista, nell’interesse anche delle classi lavoratrici. Nella “società conflittuale”, sottolinea Viola, ciò che conta non è il cittadino, inteso come essere umano, ma l’impresa. Ne consegue che lo stato di salute di un Paese si misura usando come parametro di valutazione il buon andamento dell’industria. Il potere di acquisto, l’assistenza sanitaria, la scolarità, la povertà, la disoccupazione, la delinquenza, sono elementi secondari, certamente non ignorati, ma valutati in funzione dell’impresa. Basti pensare all’immagine dell’operaio che, in “Tempi moderni” di Charlot, diventa un’appendice della macchina, subendo un effetto alienante. La “società conflittuale”, per usare un’espressione cara a Viola, è, dunque, “impresocentrica”. L’imprenditore è colui che conduce il “plurigioco” a chi preda di più. Attraverso il “plus- valore”  egli depreda del loro lavoro e del conseguente profitto gli operai. La moneta, da strumento meramente passivo, che dovrebbe limitarsi ad assicurare l’equa distribuzione delle merci tra i cittadini, diventa strumento di potere e di arricchimento indebito. Attraverso la formula marxiana “denaro- merce- denaro”, il capitalista investe denaro nell’acquisto di merci, poi, rivendendole, accumula una quantità di denaro di gran lunga superiore a quello investito. La “predonomia” è, contemporaneamente, causa ed effetto della criminalità, che opera a tre livelli: “legale” (chi si è arricchito “legalmente”, attraverso i meccanismi sopra descritti, consentiti dalle leggi capitalistiche, vuol dire che ha predato “legalmente”); “paralegale” (è il comportamento tipico della mafia, che applica gli stessi meccanismi “predatori”del capitalismo “legalitario”, ponendosi, però, al di fuori delle leggi borghesi); “alegale” (è il tipico comportamento fuorilegge del più forte, come gli Stati Uniti, che può permettersi di stare al di sopra della legge).

Alla Stato capitalista “predone” Carmelo R. Viola contrappone il vero “Stato economico”, quello che agisce nell’interesse della collettività e del singolo, realizzando i diritti naturali di ogni uomo, che corrispondono a quattro costanti o necessità biologiche. Nel comportamento di ogni essere vivente ritornano quattro costanti, ch’egli deve comunque realizzare, altrimenti entra nel patologico. La prima costante è l’istinto di conservazione; la seconda la rassicuranza affettiva, cioè il bisogno di essere rassicurato contro il mondo circostante; la terza il riconoscersi in valori ed ideali; la quarta, trasversale alle prime tre, è l’autoidentificazione, cioè l’identificarsi, rispettivamente, col proprio corpo, con i propri affetti, con i propri ideali. Lo Stato capitalista non dà realizzazione a queste quattro costanti. Ad esempio, intervenendo militarmente in Iraq, il capitalismo americano ha privato la popolazione del minimo vitale che Saddam Hussein, pur essendo un dittatore, aveva assicurato a tutti; ha tolto quella sicurezza ch’essa credeva di aver acquisito, riconoscendosi in un capo carismatico; ha depredato la grande massa dei credenti dei propri ideali religiosi. Solo uno Stato socialista può garantire il soddisfacimento delle quattro costanti biologiche fondamentali, realizzative dei diritti naturali che competono a ogni uomo per il fatto stesso che è nato. Questo Stato, che poi è il vero Stato “economico”, in quanto volto al bene della collettività, non dell’impresa, ha il compito di: nazionalizzare- socializzare tutte le imprese, lasciando solo quelle a carattere personale, artigianale, non mercantile, volontaristico, comunque non destinate all’accumulazione; sostituire alla pubblicità menzognera l’informazione scientifica seria sulle qualità di ogni prodotto; trasformare la proprietà immobiliare in possesso da parte di chiunque abbia bisogno di una casa per viverci dignitosamente; abolire le banche e la moneta corrente, strumento di accumulazione e di potere, fornendo tutti di una quantità sufficiente di moneta nuova, da utilizzare passivamente come semplice strumento per soddisfare i bisogni elementari.

L’obiezione che viene mossa oggi a chiunque prospetti un tipo di società e di Stato completamente alternativi a quelli imposti dal capitalismo dominante riguarda gli strumenti attraverso i quali il processo rivoluzionario può e deve avvenire. Si fa osservare che lo Stato borghese possiede una tecnologia militare talmente avanzata che non è possibile attaccare “il palazzo d’inverno”, come fecero alcune migliaia di rivoluzionari, armati alla meno peggio, nella Russia del 1917. D’altra parte, chi, come l’on. Fausto Bertinotti, segretario nazionale di Rifondazione Comunista, vuole muoversi all’interno della società capitalistica, senza mettere in discussione le “compatibilità” del sistema, rinuncia in partenza all’uso della forza, facendosi portavoce di un inconcludente “neogandhismo”. Sartre ci ha insegnato che la violenza degli oppressi è la reazione alla violenza degli oppressori. Non dipende dalle forze rivoluzionarie stabilire “a  priori” se ricorrere o meno all’uso della violenza per la conquista del potere. Dipende dagli strumenti che l’avversario intende mettere in campo. Luigi Longo, che era un vero comunista, disse che il compito di una forza rivoluzionaria è quello di spostare progressivamente a proprio favore i rapporti di forza all’interno della società capitalistica. Agendo in tal modo, può far scoppiare le contraddizioni insite nel sistema, che, grazie all’azione del partito rivoluzionario, si assommano nel tempo, finché il sistema stesso diventa ingovernabile per i detentori del potere, esplodendo. A questo punto spetta ai capitalisti stabilire se vogliono andarsene con le buone, di fronte ad un popolo che li ha  democraticamente sconfessati, o con le cattive.