Come l'America la fa franca con la giustizia internazionale*
di Angela Pascucci - 18/12/2005
Fonte: Il Manifesto
*Guerre illegali, danni collaterali e crimini contro l'umanità. Michael Mandel. * Ega, 2005, 22 euro
Fa piacere, diciamolo pure, la resa dei conti in corso a Washington di questi tempi. Alcuni dei loschi figuri che «animano» l'amministrazione Bush sentono che l'impunità non è poi così garantita, e che la giustizia talvolta fa il suo corso, magari per vie tortuose. Così un fino a ieri sconosciuto procuratore speciale, Patrick Fitzgerald, ha accusato Lewis Libby, capo di gabinetto del vice presidente Cheney, di spergiuro e ostruzione della giustizia, e si è dato un po' di tempo per indagare anche negli angoli oscuri della presidenza, torchiando Karl Rove, il cosiddetto «cervello di Bush». Un giudice sta confermando, con mezzi legali, quel che una buona parte di opinione pubblica già sapeva: che gli Stati uniti e il mondo sono stati trascinati nella guerra all'Iraq con menzogne spudorate e torbidi maneggi. Riuscendo in quello che la giustizia internazionale mai potrà: confermare di quel conflitto la profonda illegalità e immoralità. Questa impotenza ben la racconta Michael Mandel. Oltre quattrocento pagine in cui si dipana un fitto ragionamento sullo stato malconcio della giustizia internazionale e degli organismi che dovrebbero garantirla, insieme a una impietosa analisi del loro smantellamento perseguito con particolare intensità nell'ultimo decennio da una coalizione che ha la sua guida suprema negli Stati uniti.Un'autopsia, verrebbe da dire, condotta con tutto il mestiere di cui è capace un professore di Diritto penale internazionale (alla York University di Toronto in Canada) che è anche copresidente dell'Associazione Avvocati contro la guerra.
Partendo dalla guerra in Iraq e andando a ritroso all'Afghanistan e al Kosovo, nella prima parte del suo libro Mandel evidenzia la trama e l'ordito che hanno sostenuto le guerre illegali e criminali di fine e inizio millennio, attraverso l'intreccio di violazioni e argomentazioni fallaci come «legittima difesa» e «intervento umanitario».
Tale che ormai il diritto penale internazionale è «ottimo per legittimare la guera ma un disastro nel promuovere la pace». L'analisi prosegue su un altro registro nella seconda parte del volume dove il giurista disseziona i diversi Tribunali internazionali per i crimini di guerra attualmente in azione, ex Jugoslavia e Rwanda in particolare. Un giudizio pessimisticamente documentato viene infine espresso su tutti, anche sulla Corte penale internazionale, costruita a misura degli Usa eppure da questi rifiutata. Sola conclusione ragionevole, afferma Mandel «è che l'impunità sarà un vantaggio associato all'egemonia economica e militare e che i soliti sospetti continueranno ad essere oggetto di retate, mentre l'America continuerà a commettere omicidi e a farla franca». A meno di dieci, cento, mille Fitzgerald.